Il commento
Corte Costituzionale, il blocco dell’opposizione del Campo Vago. Elly e Giuseppe come Nanni Moretti: si notano di più in disparte
“Uniti si, ma contro la Dc”, si declamava un tempo, ed era sbagliato già allora. Il vizio evidentemente è genetico di una certa sinistra in perenne ricerca di sé stessa. Non trovandosi, diventa ansiosa e si costruisce un nemico. Craxi, Berlusconi, Renzi, oggi Meloni. Un fascismo, un’emergenza democratica, un intollerabile sopruso sempre nell’aria per poter fare fronte comune. Non conta cosa il nemico dice e combina, serve fare quadrato non per qualcosa ma contro qualcuno. Insomma, serve per non esserci mai davvero.
Sembra Nanni Moretti
La variante degli ultimi tempi è che l’unità si trova sempre più spesso tagliando la corda, dopo apposito annuncio stampa. Nuovo Aventino, uscita dall’aula, scheda bianca, insomma tutto ciò che fa spettacolo e sostituisce la fatica della politica. È l’ormai consolidata strategia del Campo vago. Per stare insieme, basta non dire mai nulla di chiaro o definitivo. Che poi neppure è sempre sufficiente: nella storia delle nomine Rai, ad esempio, Conte si è fiondato da tutt’altra parte rispetto alla trovata pubblicitaria del Pd che non vota il Cda. Ma in genere funziona. Ieri, ad esempio, il Campo vago unito ha festeggiato lo scenario ben poco festoso del Parlamento a camere riunite che fa acqua un’altra volta riguardo alla nomina di un giudice costituzionale. Sembra di rivedere la famosa scena di Nanni Moretti: mi si nota di più se non vengo, o se vengo e sto in disparte? Elly & Giuseppe hanno pensato che questa volta era più chic venire e stare in disparte.Il problema, sia chiaro, non è essere estimatori del centrodestra o del suo candidato Francesco Saverio Marini. È solo che così la pretesa di indebolire o addirittura scalzare il governo da parte delle sinistre è più che fallimentare. È velleitaria.
Destra, sulle scelte di governo c’è sempre compattezza
Una fuga dalla vittoria che avviene prima della partita. Una dichiarazione di debolezza fatta passare per forza. Tutti insieme per dire no a un nome, senza votarne nessun altro, senza proporre nulla di diverso dalla solita “questione di metodo”, che ricorda molto il “segue dibattito” dei cineforum anni ’70. Il centrodestra è diviso su molte cose, ma sulle scelte di governo trova sempre la sua compattezza. Possono essere discutibili o addirittura non comprensibili. Basti pensare all’attuale cicaleccio in materia di manovra economica, fra i giri di vite di Giorgetti e i comizi di Pontida. Ma un’opposizione che si unisce solo per chiamare “blitz” la scelta di un nome per la Consulta da parte della maggioranza, riabilita persino il valzer sugli extraprofitti fra Salvini e Tajani.
Il blocco di Elly. Renzi e Calenda finalmente dalla stessa parte
“Li abbiamo fermati”, proclama Schlein. “Bloccano le istituzioni”, replica la destra. Dietro le esagerazioni ad uso mediatico, sembra di cogliere un immobilismo che somiglia molto alla paralisi. Per dare prove di vita, il finto bipolarismo italiano ha bisogno di periodici riti purificatori. Per un giorno, ognuno deve rinchiudersi nel suo accampamento e rivolgere accuse di eversione all’altro campo. Per un attimo, nel Giorgia-team scompaiono i dissidi sul putinismo, i sacrifici da fare e lo ius Italiae, con tanto di ululati contro Tajani. E nel Campo vago accade il miracolo: per l’intero magico giorno di cui sopra, Renzi, Calenda e Conte filano d’amore e d’accordo. Sono trucchi del mestiere, illusioni ottiche. Il cemento del governo riunirà i primi, l’assenza di idee comuni disperderà i secondi. Come del resto accade da tre decenni, percorsi da grandi coalizioni progressiste che dietro le fanfare erano fatte di burro.
Le due lady di ferro
Ma se una strategia è tale, non si esaurisce su Rai e Corte costituzionale. Il Campo che pattina sulle nomine è lo stesso che dice e non dice quando si tratta di Ucraina. Che diserta la sinagoga dove si ricorda il sacrificio del 7 ottobre. Che in Europa è diviso in mille rivoli, specchio perfetto di un centrodestra che è insieme patriota-sovranista e atlantico-governista. La differenza è che perlomeno Giorgia Meloni fa intravedere un cammino: votare contro la presidente von der Leyen per non dare spazio alla Lega ma poi stilare con l’amica Ursula un legame politicamente solidissimo che ha il volto del vicepresidente Fitto. Schlein invece sembra voler vivere di rendita. Gruppo socialista, europeismo di maniera e quanto basta. Le due lady di ferro della politica italiana sono invece unitissime nel contare poco o nulla in politica estera. I balbettii su Kiev da difendere contro l’annessione russa sono la migliore garanzia per non avere né guai né ruolo politico.
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