Dal 1987 al 2019. Trentadue anni per mettere fine a una causa relativa alla divisione di un’eredità tra alcuni napoletani. Sembra impossibile, invece si tratta della fotografia più efficace della paralisi di cui la giustizia civile è protagonista nel capoluogo campano e dintorni. E forse non c’è nemmeno da meravigliarsi visto che aumentano i contenziosi pendenti davanti al Tribunale e che ogni magistrato di Corte d’Appello addetto al settore civile e alla materia lavoristica deve smaltire più di 500 fascicoli. La giustizia civile, dunque, è sempre più paralizzata: un’impasse che, oltre a scoraggiare gli investimenti da parte delle imprese, demolisce quel minimo di credibilità che i Tribunali conservano nel nostro Paese.

I dati sono contenuti nella relazione diffusa dai vertici della Corte d’Appello partenopea. Partiamo dal Tribunale di Napoli: dal primo luglio 2018 al 30 giugno 2019 le cause civili pendenti sono aumentate da 122.171 a 124.347. Il motivo? La crescita della litigiosità in materie come esecuzioni immobiliari, curatele e amministrazioni di sostegno, immigrazione e previdenza. L’indice di ricambio, cioè il rapporto tra i procedimenti definiti e quelli sopravvenuti, si è attestato al 98% mentre quello di smaltimento, cioè il rapporto tra le cause arrivate a sentenza e quelle sopravvenute sommate a quelle pendenti, è arrivato al 43%: numeri positivi, frutto dell’impegno di giudici e personale amministrativo che però devono fare i conti con le solite “voragini” nella pianta organica.

E in Corte d’Appello come va? Il settore del contenzioso civile ha visto una riduzione delle cause sopravvenute: 6.963 nell’anno giudiziario 2016/2017, 6.990 nel 2017/2018 e 6.260 al 30 giugno 2019. I contenziosi pendenti, invece, si sono ridotti di oltre il 5%, passando dai 23.146 del 30 giugno 2018 ai 21.930 dell’anno successivo. Il “servizio giustizia” reso dalla Corte sembra migliorare, dunque, ma la situazione resta difficile a causa della carenza di magistrati in servizio. Se si divide il totale delle pendenze al 30 giugno 2019 per il numero nominale di magistrati addetti al settore civile e alla materia lavoristica, infatti, risulta che ogni giudice deve gestire 478 fascicoli; questo numero sale addirittura a 530 se si compara la pendenza con la reale forza lavoro disponibile. Tra le materie che fanno registrare il più alto numero di pendenze svetta quella lavoristica e previdenziale, tradizionalmente quella col più alto tasso di litigiosità: 5.500 i contenziosi relativi al lavoro dipendente e 4.578 quelli legati alla previdenza obbligatoria. È forte anche l’incidenza delle cause relative a contratti, responsabilità extracontrattuale e pubblico impiego.

L’obiettivo, quindi, non può che essere lo smaltimento dei procedimenti arretrati. Incoraggianti, sempre alla luce delle carenze di personale, le performance del Tribunale di Napoli che è riuscito a ridurre i fascicoli pendenti da oltre tre anni da 34.333 a 23.242. «Un risultato ancora più positivo – si legge nella relazione della Corte d’Appello – se si considera che la gran parte dei procedimenti arretrati pendenti davanti alle sezioni centrali del Tribunale è il frutto dell’eredità dannosa che queste ultime hanno ricevuto per effetto della soppressione delle sezioni stralcio, precedentemente istituite per gestire i procedimenti provenienti dalle sezioni distaccate soppresse». Anche la Corte d’Appello ha spinto sull’acceleratore per ridurre le cause pendenti grazie alle buone performance dei giudici ausiliari di appello e alla sempre più diffusa informatizzazione delle procedure. Resta, comunque, il problema di fondo: la diminuzione del personale amministrativo, sommata alla carenza dei giudici, e il contestuale aumento dei carichi di lavoro. «Ciò – si legge nella relazione sullo stato di salute della giustizia di casa nostra – produce criticità nella gestione dei procedimenti, tamponate solo grazie alla costante amplificazione delle attività del personale superstite. L’inserimento nelle sezioni e nelle cancellerie dei vari tipi di tirocinanti previsti dalla legge potrebbe in futuro determinare un miglioramento dell’efficienza degli uffici».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.