L'editoriale
Cosa avrei detto di Craxi se il Senato non avesse vietato la commemorazione

Nel trionfo dell’ipocrisia e del camaleontismo, con l’unica eccezione di Italia Viva, i presidenti dei Gruppi al Senato mi hanno vietato di commemorare Craxi. Le motivazioni: non è mai stato un senatore, l’aula si sarebbe trasformata in un Vietnam per la dura reazione grillina, era un latitante, eccetera. Ho incontrato ad Hammamet una delegazione di Forza Italia, ho ascoltato parole di omaggio da parte di leader della Lega, fioriscono convegni sulla figura di Craxi con la partecipazione di autorevoli senatori, a Milano la giovanile del Pd organizza un incontro, nondimeno l’unica sede deputata a tracciarne un profilo – il Parlamento italiano – ne vieta il ricordo.
Nessun esame di coscienza, un bel macigno su uno dei periodi più controversi della storia d’Italia, basta e avanza un capro espiatorio che ci mondi dai nostri peccati. Nell’aula dissacrata più volte da cappi che penzolano, da occupazioni dei banchi del governo, da telefonini che squillano, da applausi rivolti a capi di governo che sguazzano nella dittatura (penso a Maduro), da offese roboanti, nonostante tutto questo l’argomento rimane un tabù.
C’è di più. Il tentativo di spostare a destra la memoria di Craxi. Peggio: farlo dialogare con la destra più radicale, il luogo più lontano dal socialismo umanitario che prende vita sul finire degli anni Settanta. Si scambia il patriottismo col nazionalismo, le proposte per rendere più solida l’Unione Europea si trasformano in antieuropeismo. Una manipolazione storica aberrante.
Non possiamo lasciare che questo avvenga. Ne verrebbe lacerata una storia di libertà e di civiltà del Novecento italiano. Non parlo solo la vicenda politica dello statista, ma di una storia comune, la nostra, che dagli scranni parlamentari ha rovesciato l’Italia, da Turati a ieri mattina. Questo avrei detto, in Senato, se me lo avessero consentito. Quello che per alcuni, evidentemente, è carta straccia. Non voglio perorare rivisitazioni giudiziarie né stendere una biografia di Bettino Craxi. Quando sia nato, dove abbia vissuto, cosa abbia costruito per il suo Paese. Basta un tocco sull’Iphone per immergersi nella sua vita. Non c’è dubbio.
Utile conoscere, sapere, e però, lo dico con Balzac «chi fa della cronologia pescando a caso da una vita intera fa soltanto la storia degli sciocchi». Tanto più se quella storia, quel nome, si legano a un periodo tra i più controversi della storia d’Italia. Li è il nodo, e non possiamo pensare di scioglierlo affidandoci a un eccellente regista e ad un attore impareggiabile. Tocca a noi, alla politica, rileggere quel tempo senza ipocrisie, senza affidarsi alla teoria, mediocre e salvifica per i ciechi, del capro espiatorio, del «nemico unico e certo» – parole pronunciate da Luciano Violante presidente della Camera.
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