Ignazio La Russa è eletto nuovo presidente del Senato alla prima votazione, ma la maggioranza che lo ha eletto non coincide con quella del centrodestra. Mancano, a conti fatti, 17 voti. La sua elezione è un vero giallo parlamentare: Forza Italia non lo ha votato, volendo contare su un accordo complessivo che legasse la sua nomina al quadro, evidentemente ancora inconcluso, di tutte le caselle del governo.

Nello scambio ideale Ronzulli vs. La Russa, Silvio Berlusconi ha tenuto la posizione, lui e Casellati votano per il senatore di Fdi ma chiedono agli azzurri di astenersi. Il leader di Forza Italia – che torna a Palazzo Madama dopo 9 anni – c’è subito uno show, in aula. Il Cavaliere litiga con La Russa, battendo i pugni sui banchi di Palazzo Madama e apostrofandolo con un sonoro Vaffa. Poi va a votare con passo incerto, supportato dalla Santanché.

A dispetto delle 86 primavere e dell’andamento claudicante, è uno dei protagonisti di questo primo scorcio di legislatura. Uscendo, è lui a dire all’Ansa: “La trattativa è finita”. E per “Licia Ronzulli nessun ministero. E non va bene perché non si devono mettere veti”. Il niet su La Russa lo aveva messo, però. E se lo è visto bruciare dal colpo di mano di almeno 17 senatori che nel segreto del catafalco montato in aula vanno a scrivere, contrariamente alle indicazioni del proprio gruppo, il cognome La Russa sulla scheda. La maggioranza scricchiola alla prima prova, ma altrettanto fa l’opposizione. Che inizia da subito a rimpallarsi le responsabilità.

Chi ha votato per La Russa lo ha fatto per dividere il centrodestra o per dare un segnale di disponibilità? O ancora, vi sono state intese sotterranee e indicibili? Il sospetto viene addossato dall’una all’altra tra le tre opposizioni. Il Pd si chiama fuori: “Noi non siamo stati”, dicono i senatori dem. Ed Enrico Letta parla di “Irresponsabili”, mentre qualcuno sospetta di Carlo Cottarelli e del virologo Crisanti, che sulla polemica hanno preferito defilarsi. Il M5S punta l’indice contro Pd e Terzo polo: “Fanno i primi giochini di palazzo da finta opposizione”. Matteo Renzi, guardato con sospetto, respinge le accuse: “Chi mi conosce lo sa, se fossi stato io l’avrei rivendicato e soprattutto avrei portato a casa qualcosa”. Dario Franceschini va giù duro: “Chiunque sia stato, non capisce niente di politica”.

Qui Renzi reagisce: “E Dario è un ragazzo intelligente”. L’affondo è sibillino ma non indecifrabile, come ci conferma una fonte vicina al senatore fiorentino: Franceschini avrebbe in animo di fare il vicepresidente del Senato e avrebbe così sigillato l’accordo con Fdi. Il ministro della cultura smentisce seccamente. “Qualcuno semina zizzania”. In serata Berlusconi si riappacifica con La Russa, con cui si congratula. E torna sul giallo: “Non abbiamo votato La Russa perché sapevamo che l’avrebbero votato Renzi e Calenda”. Non quadrano i numeri: i senatori di Azione e Iv sono nove. Non bastano. E riguardando il Var delle operazioni di voto, filmate dalle telecamere del Senato, si vedono Renzi, Paita, Scalfarotto e altri di Italia Viva e Azione entrare e uscire dal catafalco in tre secondi, un tempo incompatibile con la compilazione di un qualsiasi cognome sulla scheda, verosimilmente lasciata in bianco. Ma la polemica divampa e la verità, questa sconosciuta, non verrà mai a galla.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.