Esistono le rage room, stanze in cui, pagando, si può entrare e distruggere tutto, per sfogare la propria rabbia e uscirne più tranquilli; si possono anche portare oggetti per rendere l’esperienza più personale e soddisfacente. Ci sono poi lunghe camminate in montagna in cui lo sforzo fisico costante per ore permette di sfogarsi e di tornare a casa stanchi, ma sereni. E poi c’è Threads, il nuovo social sbarcato in Europa a dicembre.

La risposta a TikTok

Secondo i più, Threads deve (o doveva) essere la risposta di Zuckerberg, proprietario dell’universo Meta ovvero di Facebook, Instagram e Whatsapp, a X di Musk, in una sfida tra miliardari che dal Colosseo dove doveva tenersi per la gioia del ministro Sangiuliano è rimasta nel mondo della finanza. In realtà, è facile capire che Threads nasce come una risposta a TikTok, app cinese di condivisione di video brevi: è questa la minaccia più grande per l’impero Meta, non Twitter. TikTok è usata dalla stragrande maggioranza della GenZ al mondo e ormai non solo per passare il tempo. Ma, anzi, per informarsi, fare shopping, capire trend e anticipazioni, seguire influencer e artisti: e col passare del tempo, sta diventando l’unico (o il maggiore) punto di accesso al web dei giovani. Cosa che Instagram non sta facendo: i reels, i video brevi, funzionano ma non allo stesso modo, così come le stories sono ormai amate da chi ha qualche anno in più, tipo i buongiornissimi su whatsapp, e meno da chi è più giovane. Così la scorsa estate Meta ha lanciato Threads, app che in pochi giorni ha raggiunto i 100 milioni di utilizzatori, diventando il social che ha toccato questo traguardo nel minor tempo. In altrettanto poco tempo l’app è caduta nel dimenticatoio o cancellata da molti dei suoi primi utilizzatori. In Europa e quindi in Italia, per via di alcune modifiche legate alle normative sulla protezione della privacy, è sbarcata a dicembre.

Cosa c’è su Threads

E cosa possiamo trovare su Threads? Rutti in primis: tantissimi rutti. Poi insulti di ogni genere, dai più scontati ai più creativi. Complotti, post virali su qualsiasi tipo di estremismo politico, e insulti a chi prova a sottolineare la vacuità delle teorie complottiste. Emoji a non finire. Un sacco di foto, che credo sia abbastanza strano in un social che nasce come condivisione di testi. Banalità che neanche nei gruppi Facebook di inizio anni 2000. E, soprattutto, tantissimi vocali: non c’è post di un politico, un influencer, un cantante, un vicino di casa in cui non ci siano risposte con brevi registrazioni vocali. Contenenti cosa? Esatto, insulti o rutti. Due sono gli aspetti che colpiscono: da una parte come il social sia diventato in poco tempo una valvola di sfogo dove gli utilizzatori si sentono liberi di pubblicare qualsiasi cosa come se quel posto fosse un mondo a parte, distaccato dalla realtà, dove certi comportamenti siano leciti e normali. Come una rage room, ma in cui tutti possono vedere quello che dici e che fai, tutti. Peraltro senza la minima forma di moderazione o censura (che arriverà, parola di Meta), con la possibilità di trovare anche molto facilmente contenuti non solo brutti o stupidi, ma anche illeciti. È qua che fallisce il primo obiettivo di Threads: in poco tempo è diventata la copia peggiore di Twitter/X: dov’è finito il posto dove creare conversazioni meno arrabbiate ed estreme, come si era ripromesso Mosseri, il responsabile di Instagram?

Il rifiuto della GenZ

Il secondo aspetto è l’età, presunta, di chi su Threads si lascia andare a comportamenti e post che nella vita reale, si spera, non avrebbe mai. Non adolescenti in cerca di attenzione, non maranza in cerca di nuove risse, non bambini che si vogliono sentire grandi: adulti. Non stupisce visto che anche negli Stati Uniti, dove Threads è attivo ormai da qualche mese, circa il 70% della GenZ non ha scaricato l’app e chi l’ha fatto ha cercato solo divertimento e non informazioni o una semplice alternativa a X. Qua fallisce anche il secondo obiettivo di Meta: la nuova app non sta diventando l’alternativa più culturale e aperta a X né sta sostituendo TikTok nell’utilizzo quotidiano da parte dei più giovani. Di fatto, Threads è l’ennesimo social media basato su un algoritmo che premia le performance dei post e i follower degli autori. Esattamente come tutti gli altri.

Threads non è la nuova app dei ragazzi

Va anche detto che cercando bene si possono trovare post interessanti, discussioni costruttive e critiche aperte: la ricerca è difficile e interrotta da meme e rutti, ma si può davvero trovare qualcosa di interessante. Però, come su Twitter. In conclusione, Threads si è affermato oggi (vedremo in futuro) come un rifugio non per ragazzini ma per chi ha qualche anno in più, un luogo dove sfogare frustrazioni perlopiù o comunque un luogo dove gli ultimi dieci/quindici anni di vita digitale sui social media ha influenzato l’utilizzo anche di questa app, portando sia alla disperata ricerca di visibilità e follower, sia alla creazione di contenuti banali. Non è la nuova app dei ragazzi: è la nuova app in cui la GenZ vede, e spesso prende in giro, le generazioni precedenti.