«Piccole imprese e negozi potrebbero salvarsi dalla morsa del virus, che non permette loro di pagare l’affitto del locale commerciale, facendo ricorso al contratto a canone concordato»: ecco l’idea di Sergio Locoratolo, docente di Diritto commerciale all’università Federico II, per risollevare le sorti dei commercianti. Si tratta di una tipologia di contratto di locazione stipulato sulla base degli accordi raggiunti dalle associazioni di categoria di locatori e inquilini. In questo modo la somma da pagare per il fitto di un immobile non verrebbe liberamente decisa dalle due parti, ma imposta dai rappresentanti delle stesse che stabiliscono un range di prezzo da non superare.

E, in tempi di pandemia, sarebbe opportuno calibrare le cifre sulla situazione emergenziale che vive il Paese. Con il ricorso al canone concordato, inoltre, il locatore potrebbe usufruire di una serie di benefici e agevolazioni fiscali. Per ora il provvedimento è applicabile solo agli immobili a uso abitativo: estenderlo agli immobili a uso commerciale potrebbe rappresentare una svolta in un momento mai così buio per l’economia. Il mondo sta affrontando la più forte recessione globale dagli anni Venti, il pil regionale si è ridotto dell’8% e in Campania un simile crollo non era mai stato registrato. I commercianti sono stremati da mesi di chiusure, restrizioni, incassi pari a zero ma con fitti e utenze da pagare ugualmente.

Napoli ha accusato il colpo in maniera drammatica: nel secondo trimestre di quest’anno sono state 5.700 le imprese che hanno chiuso definitivamente i battenti, 108 quelle che hanno dichiarato il fallimento e 3.700 quelle che hanno intestato la società ad altri soggetti. E, tra agosto e settembre, sono state migliaia le istanze di fallimento avanzate dagli imprenditori. Considerando che le piccole e medie imprese rappresentano il motore dell’economia del Mezzogiorno, è facile immaginare il disastro che si cela dietro tali numeri. «In questo momento i commercianti stanno facendo principalmente due cose – aggiunge Locoratolo – O decidono di chiudere anticipatamente il contratto di locazione, con strascichi giudiziari non indifferenti, oppure si ritrovano davanti a un giudice che riduce il fitto e mette d’accordo le due parti».

In questo contesto la proposta del contratto a canone concordato sembra inserirsi perfettamente: sarebbe utilissima per evitare sia la chiusura di moltissimi esercizi commerciali e sia l’aumento del carico di lavoro dei tribunali che già sono in tilt, oltre ad apportare non pochi vantaggi sia al locatario che al locatore. «Questo contratto comporta una riduzione del 25% dell’aliquota Imu – sottolinea Locoratolo – È prevista anche una riduzione del 30% dell’imposta Irpef e agevolazioni sulla Tari.

Inoltre viene applicata la cedolare secca: sul totale dei canoni c’è una tassazione del 10% , senza contare che i singoli Comuni possono decidere di approvare ulteriori agevolazioni fiscali». Il contratto a canone concordato produrrebbe molti benefici tangibili alle imprese, ma ridurrebbe anche il pericolo di infiltrazioni criminali nel tessuto economico. «Molti commercianti, per sopravvivere, ricorrono alla liquidità della criminalità organizzata – conclude Locoratolo – o, peggio, tante società vengono cedute a esponenti della malavita. E questo è un grosso rischio per l’economia regionale».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.