Modificato l’articolo 123 del codice di procedura penale
Cosa è il diritto di difesa, una ferita finalmente sanata

Nell’ampio e acceso dibattito sulla riforma del processo penale licenziata dalla Camera e che arriverà nei primi giorni di settembre in Senato, non si è fatto alcun riferimento all’integrazione apportata all’art. 123 del codice di procedura penale.
Le ragioni di questo silenzio sono probabilmente dovute alla mancanza di contrasto politico su una modifica che sana una palese violazione del diritto di difesa. Viene, dunque, spontanea una domanda. Perché ci è voluto tanto tempo affinché si provvedesse, nonostante vi fossero state reiterate richieste da parte dell’Unione camere penali italiane? Se vi era accordo tra le parti, perché tanto tempo per una piccola modifica, tra l’altro a costo zero? A queste domande vi è un’unica risposta: il tema dell’esecuzione penale e, in particolare, del carcere, non interessa affatto il mondo politico, alla ricerca costante di un consenso immediato e di facile approdo. Eppure il passaggio dalla libertà alla detenzione in carcere è uno degli avvenimenti più tragici che può travolgere la vita di una persona. Che si sia consapevoli di aver commesso un reato ovvero si abbia la certezza di essere estranei a quanto viene contestato, il momento è comunque drammatico e si vive in assoluta solitudine. A maggior ragione se si è del tutto impreparati e non si ha una struttura familiare solida e una cerchia di amici che possa supportare il terribile evento. Condotti nell’istituto penitenziario si pensa immediatamente alla nomina di un difensore e si riempie l’apposito modulo, nella certezza che di lì a poco l’Avvocato ne sarà informato. Ma il vigente art. 123 c.p.p., che disciplina le dichiarazioni e le richieste di persone detenute ed internate, non prevede alcuna comunicazione al difensore di fiducia nominato. Proprio nessuna! Né la nomina, né eventuali impugnazioni o altro. La norma, infatti, indica come necessarie la sola iscrizione nell’apposito registro e l’immediata comunicazione all’autorità competente. La violazione del diritto di difesa è evidente! Sia perché il detenuto ritiene che l’avvocato sia stato avvisato della nomina e quindi si sente tutelato, sia perché il legale, ignaro di quanto accaduto perché nominato a sua insaputa, da un lato non è messo nelle condizioni di rinunciare eventualmente all’incarico, dall’altro non potrà esercitare la sua attività professionale, né recarsi in carcere per il colloquio con l’assistito. L’avvocato avrà ufficialmente notizia della nomina da parte dell’autorità giudiziaria che procede, al momento della notifica del primo atto con obbligo di comunicazione al difensore.
La riforma dell’articolo, pertanto, s’imponeva e l’Unione camere penali italiane, in questi anni ne ha più volte denunciato la necessità. Nel giugno del 2018, la Giunta e l’Osservatorio Carcere Ucpi scriveva al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, al Presidente della Commissione Giustizia del Senato Andrea Ostellari e a quello della Camera Giulia Sarti, facendo notare le evidenti lacune della norma, indicando la necessità d’inserire un comma 2 bis, che potesse prevedere l’obbligo di comunicazione anche al difensore nominato. Veniva inoltre specificato il testo: «Le dichiarazioni, ivi comprese la nomina di difensore, le impugnazioni e le richieste di cui ai commi 1 e 2 sono contestualmente comunicate anche al difensore nominato» e le modalità dell’informazione a costo zero, perché possibile con gli indirizzi di posta elettronica degli avvocati, il cui elenco era già in possesso dell’Amministrazione Penitenziaria. Il successivo dicembre, chi scrive, nella sua qualità di Responsabile dell’Osservatorio Carcere, veniva ricevuto dal Presidente della Commissione Giustizia del Senato e, nel corso dell’incontro, si convenne che la richiesta dell’Unione camere penali era non solo legittima, ma certamente “trasversale”, in quanto non avrebbe visto l’opposizione di alcun partito. Nel febbraio del 2019, la giunta Ucpi scriveva al Senatore Ostellari per far inserire la richiesta nei lavori della Commissione Giustizia. Solo il 29 luglio 2019, il deputato Lello Vitiello, che aveva recepito l’importanza dell’iniziativa dell’Unione, depositava alla Camera la proposta di legge (N.2034) di modifica dell’art. 123, che veniva assegnata alla II Commissione Giustizia. L’onorevole, nella premessa all’articolato proposto, che riprendeva testualmente quello indicato dall’Ucpi, auspicava, vista la delicatezza e l’importanza della questione, una tempestiva approvazione.
La” tempestiva approvazione” non vi è stata, ma l’on.le Vitiello, nel corso della discussione tenuta in Commissione Giustizia sulla riforma del processo penale, ha presentato un emendamento per la modifica dell’art. 123 c.p.p., in cui ha trasferito il contenuto della proposta di legge. L’emendamento ha avuto pareri positivi ed oggi, finalmente, la richiesta formalizzata dall’Unione camere penali nel lontano giugno 2018, si avvia ad essere legge e consentirà ai detenuti di beneficiare immediatamente della difesa tecnica. Il comma 14 dell’art. 2 della riforma inserisce, infatti, il comma 2 bis dell’art. 123 c.p.p., con la medesima formula indicata, all’epoca, dall’Unione camere penali italiane.
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