Certamente l’euro digitale rappresenterà una grande novità nell’ambito del sistema dei pagamenti. Prima ancora, sarà la risposta all’emissione di altre valute digitali aventi corso legale quale quella, per la cui emissione sono in fase avanzata i lavori, che intendono emettere il Governo e la Banca popolare cinesi. Dunque, si potrebbe porre un problema di sovranità monetaria, se si arrivasse all’emissione e alla circolazione dello yuan in forma digitale, anche a livello internazionale, mentre l’euro rimanesse fermo alla forma attuale.

È pure una risposta, come è stato detto, al fiume di criptomonete o criptovalute – le quali non sono in senso stretto delle monete – che ormai sono in circolazione? Solo in parte, poiché si richiedono per queste ultime monete una specifica regolamentazione e adeguati controlli per evitare un “Far West” monetario e per affrontare adeguatamente i connessi problemi di trasparenza e di tutela del risparmio. Il Presidente della Consob, Paolo Savona, ha frequentemente richiamato l’attenzione su queste “valute” e indicato, approfondendo anche i temi dell’intelligenza artificiale, le auspicabili misure organiche da adottare al riguardo dall’Unione, dal Governo e dal Parlamento, peraltro in una sorta di inspiegabile silenzio delle altre istituzioni competenti in materia.

L’euro digitale dovrebbe, comunque, ridurre i tempi e i costi delle transazioni, agevolare i controlli antiriciclaggio, garantire una più ampia partecipazione all’utilizzo ad opera dei cittadini, naturalmente con il limite della non diffusa conoscenza – se solo si pensa ai bassi livelli registrati, per esempio in Italia, di educazione finanziaria – delle relative tecnicalità, innanzitutto informatiche. Sarà poi da verificare se, nella progettazione in corso, si instauri un rapporto diretto tra la Bce che emette la moneta digitale e il cittadino oppure questo rapporto sia intermediato dalle banche ordinarie, come sembrerebbe più probabile. Resta, comunque, l’assicurazione (ovvia) che l’euro digitale sarà una moneta legale integrativa, non certo sostitutiva di quella cartacea. Il “punctum dolens” sta nel fatto che questa nuova moneta non può avere il potere liberatorio che è tipico di una moneta a corso legale, la quale non può essere rifiutata nelle transazioni (salvi i limiti relativi alla circolazione del contante).

Ci vorranno non pochi decenni perché cresca e si diffonda la competenza digitale affinché si possa arrivare a una moneta che abbia un tale potere, il quale è legato all’emissione da parte della Banca centrale. Magari, soltanto sulla base di preventivi accordi tra le parti di una transazione si potrà stabilire l’obbligatorietà dell’accettazione del pagamento in euro digitale, ma ciò resterà sul piano interprivatistico e non avrà la forza “super partes” della classica moneta a corso legale. Di questa limitazione occorre essere consapevoli, se non ci si vuole impelagare in ostacoli giuridici e operativi. Il progetto della Bce è, però, affidato al coordinamento del componente italiano del Comitato esecutivo, Fabio Panetta, uno dei maggiori esperti a livello internazionale in materia finanziaria e bancaria, che costituisce, dunque, una garanzia per tutti per il lavoro da compiere, dovendosi affrontare non pochi problemi sul versante istituzionale, funzionale e tecnico-operativo. Intanto, è auspicabile che finalmente ci si muova, da parte degli organi competenti come sopra si è detto, per disciplinare l’uso delle criptomonete, poiché “il tempo si è fatto breve”.