Il guzzantino
Cosa è successo nel 1979, l’anno della guerra dell’Islam all’Occidente
A Teheran il 10 febbraio 1979 la guardia imperiale dello Scià attacca i cadetti dell’aviazione schierati con gli islamici e fa un massacro. Subito dopo gli insorti contrattaccano la Guardia imperiale e il primo ministro Baktiar, dopo la resa fugge in esilio. Immediatamente si forma una specie di legione volontaria di agenti islamici che cercheranno di farlo fuori a Parigi e il loro arresto da parte della polizia francese provoca rappresaglie islamiche. Intanto le cose precipitano anche in Afghanistan dove l’invasione sovietica provoca catene di azioni folli di agenti segreti e soldati di ventura e ancora rappresaglie e delitti: l’unica logica di questi anni è l’assassinio, il capro espiatorio, il martirio, la messa a morte, la minaccia di altri delitti e il 13 febbraio anche l’ambasciatore americano a Kabul è liquidato in un attacco.
Il mondo occidentale fatica a capire di essere nel mezzo di un macello di cui pure è responsabile. Perché la Francia ha ospitato Khomeini e lo ha spedito a Teheran? Perché gli americani cedono sia in Iran che in Afghanistan? E in Italia si susseguono come del resto in Libia e in Spagna riunioni di tutti i gruppi rivoluzionari, mercenari e patrioti, infiltrati e spie, grande traffico di armi e grandi partite a poker con le teste degli ostaggi. Fra il 16 e il 20 febbraio sono fucilati in Iran otto generali dello Scià. E pochi giorni dopo, il 28, scoppia una guerra aperta fra i due Yemen, quello del Nord e quello del Sud. Ma la partita vera si sta giocando sul fronte arabo-israeliano: l’Egitto di Anwar al-Sadat accetta i negoziati con Gerusalemme e si prepara la prima vera pace per lo Stato ebraico, ma Sadat la pagherà con la propria pelle. E dunque il 16 marzo Anwar al-Sadat e Menachem Begin firmano la pace fra Egitto e Israele sotto gli auspici di Jimmy Carter e la straordinaria cerimonia è trasmessa in mondovisione. Secondo gli accordi, Israele caccerà dal Sinai tutti i coloni che si erano affrettati a occupare terre e costruire case, per restituire il fecondo deserto all’Egitto: lo stesso deserto che i carri armati di Moshe Dayan avevano disceso nella loro vittoriosa controffensiva minacciando di arrivare fino al Cairo. È previsto uno scambio di ambasciatori e una certa autonomia per i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania entro il 1985.
Ma i venti della guerra latente che è sempre pronta a esplodere e che per fortuna non esplose soffiano ancora più forte. L’Urss di Breznev si sente circondata, vede come imminente lo schieramento degli euromissili occidentali in risposta allo schieramento dei suoi Ss-20 e il 17 marzo raduna nel Mediterraneo la più grande flotta dai tempi della guerra: dieci unità fra cui le portaerei Minsk e Kiev, più l’incrociatore Tashkent e la nave da sbarco Ivan Rogov. Negli Stati Uniti il presidente Jimmy Carter sembra colto alla sprovvista e non sa come reagire, ma la Casa Bianca è sia irritata che spaventata, Intanto in Iran procede la rivoluzione che non è solo politica ma culturale e religiosa con un bagno di sangue uno dopo l’altro. Il 19 marzo le truppe iraniane fanno 179 morti fra gli indipendentisti del Kurdistan. Israele si allarma perché vede consolidarsi il potere di un nuovo grande nemico dove prima aveva un grande amico e decide di preparare piani che non ha mai smesso di aggiornare. Israele ha bisogno di chiudere in fretta il capitolo egiziano e così il 26 marzo comincia a evacuare il Sinai mentre intanto soffia un vento limaccioso di unità musulmana contro l’Occidente, tanto che anche la Libia di Gheddafi si autoproclama “Popolare” con un referendum che la consacra repubblica islamica.
È un’altra sconfitta per gli occidentali. Durante la cerimonia per consacrare il nuovo stato islamico, alla presenza di Gheddafi, oltre che del premier maltese Dom Mintoff, gli inglesi abbandonano Malta ammainando la bandiera da forte sant’Angelo. La Nato chiude ogni rapporto: si sta creando un nuovo fronte che comprende alcuni gruppi palestinesi, i Paesi che condannavano l’Egitto, i Fratelli Musulmani che hanno il vento in poppa e il nuovo Iran fondamentalista con evidenti intenzioni egemoni nella regione. Il 31 marzo Khomeini supera a gonfie vele il referendum popolare che aveva indetto per ottenere una conferma a valanga e il primo aprile viene proclamata la Repubblica islamica dell’Iran. L’Occidente reagisce convulsamente: la Nato vuole mostrare i muscoli, più ancora degli americani e fra il 12 e il 13 maggio viene lanciata l’esercitazione Nato di Napoli “Dawn Patrol 79” con cento navi e 400 aerei di Italia, Turchia, Stati Uniti, Grecia, Gran Bretagna, Olanda, Portogallo. Partecipa massicciamente anche la Francia che non fa parte della Nato e due giorni dopo viene deciso a Bruxelles un aumento delle spese militari del 3 per cento annuo. Tutti percepiscono il vento di guerra e la linea calda fra Cremlino e Washington viene fortemente potenziata. Risultato: il 15 giugno Breznev e Carter firmano a Vienna il trattato Salt II per la limitazione delle armi nucleari, di scarso valore effettivo, ma serve per confermare davanti al mondo che nessuno ha veramente intenzione di scatenare una guerra. Un giornale iraniano lancia l’idea di un concorso a premi con viaggio e vacanze pagate a chiunque ammazzi in qualsiasi parte del mondo lo Scià Reza Pahlavi. A Teheran proseguono le fucilazioni di massa. L’ayatollah Khalkhali, capo del tribunale iraniano, annuncia: “Chi uccide lo scià esegue una sentenza già emessa”.
Gli Stati Uniti preoccupati della possibile ondata di attentati e atti terroristici reintroducono la pena di morte che era stata sospesa con una moratoria durata alcuni anni e così tutto il mondo dà notizia il 25 maggio della prima esecuzione in Florida. L’assalto dei Fratelli Musulmani procede intanto in Siria dove si registra una strage di cadetti dell’accademia militare assassinati dalla setta dei Fratelli Musulmani che vengono però arrestati e subito impiccati: quattordici forche mostrano al mondo il pugno duro di Assad. All’inizio del mese di agosto, accade un fatto che turba molto la coscienza degli italiani: il famoso e chiacchieratissimo finanziere Sindona scompare dall’hotel Pierre di New York dove abitava. Avrebbe dovuto comparire davanti alla corte federale di Manhattan per rispondere di bancarotta fraudolente ma fa spargere la voce secondo cui sarebbe stato rapito. Ma è una messinscena: è un finto rapimento, visto che Sindona riapparirà in Sicilia e secondo la ricostruzione che si farà in seguito, saranno proprio le sue tracce di finto fuggiasco a far scoprire gli elenchi della P2 a Castiglion Fibocchi.
Sembra una missione preparata da altri eseguendo un piano. Infatti Michele Sindona, tornato clandestinamente dalla Sicilia così come clandestinamente era partito, ricomparirà a New York il 16 ottobre per essere condannato a dieci anni ed estradato in Italia dove deve rispondere di bancarotta fraudolenta e omicidio volontario. Qualcosa di grosso bolle nella pentola italiana e si cominciano ad affacciare una nuova serie di misteri eterodiretti. Ma da chi?
In agosto il governo di Kabul non riesce a contenere i ribelli molti dei quali riparano nell’Iran khomeinista dove il 27 agosto le forze speciali della rivoluzione islamica decidono di eliminare fisicamente i curdi che non intendono accompagnare il nuovo ordine. E così avviene una mattanza di cui in Occidente pochi parlano perché i curdi sono giustiziati a centinaia dalla Guardia della Rivoluzione e le poche foto che giungono in Occidente mostrano uomini sdraiati in terra uccisi a revolverate. I regimi si stanno assestando a colpi di stragi ma nel mese di settembre arriva la stretta finale in Afghanistan con un colpo di Stato che destituisce il primo ministro Taraki, sostituito da uno ancor più filosovietico di lui, una creatura del Kgb di nome Hafizullah Amin.
In Italia avviene un fatto che avrà una grande scia e che dimostrerà come il territorio nazionale sia dominato dalle fazioni mediorientali connesse con l’area dell’Autonomia, a sua volta vicina alle Brigate Rosse. Nel mese di settembre il brigatista Mario Moretti va a Beirut con il panfilo “Papago” per rifornirsi di armi palestinesi, apparentemente sotto lo sguardo non ostile del capo dei nostri servizi segreti, il colonnello Giovannone che finirà col farsi incriminare con l’accusa di aver protetto questo e altri traffici fra brigate rosse, palestinesi, agenti stranieri e mercanti di petrolio. Il 4 Novembre comincia il sequestro di 63 ostaggi a Teheran nell’ambasciata americana: i cosiddetti studenti islamici chiedono che venga loro consegnati dagli Stati Uniti lo scià Reza Pahlevi e comincia una delle più angosciose operazioni diplomatiche, militari ed ideologiche di quegli anni. Benché 13 ostaggi fossero stati liberati per benevola concessione di Khomeini, il sequestro durerà 444 giorni e segnerà alla fine la vittoria elettorale del presidente repubblicano Ronald Reagan in Usa.
Carter si decise a mandare alcune navi da guerra con la portaerei Kitty Hawk nell’Oceano indiano, con una serie successiva di manovre navali americano-spagnole, mentre tutto il mondo parla di preparativi in vista di un attacco nucleare. Il ministro degli Esteri sovietico Gromyko a questo punto compie un gesto fortemente intimidatorio presentandosi in Spagna il 19 novembre per minacciare di rappresaglie gli spagnoli per dissuaderli dall’entrare nella Nato. In Italia accade un altro fatto grave e preoccupante: l’8 novembre ad Ortona in provincia di Chieti una pattuglia di carabinieri trova due lanciamissili Sam 7 antiaerei di fabbricazione sovietica su un furgone Peugeot fermo. Sono arrestati tre militanti dell’”area dell’autonomia” romana e poi a Bologna l’esponente del Fplp Abu Anzeh Saleh. Daniele Pifano, noto leader degli “autonomi” del Policlinico di Roma e capo del “Collettivo di via dei Volsci”, è fra gli arrestati con altri personaggi dell’area. Gli imputati saranno tutti condannati a diverse pene detentive ma Abu Anzeh, che dovrebbe scontare 5 anni, sarà scarcerato nel 1981 per decorrenza dei termini. Dal novembre 1983 è irreperibile. Nel corso del processo l‘organizzazione palestinese di George Habash, l’Fplp, inviò una lettera ai giudici per scagionare gli autonomi italiani: quel missile – diceva Habbash nella lettera – era in transito in Italia, essendo destinato al loro gruppo. Ma i palestinesi sostengono anche che quel viaggio era noto alle autorità italiane.
Intanto, il presidente Jimmy Carter si prepara ad andare alla guerra, ma la perderà. Il 20 novembre Carter dichiara di non escludere un intervento militare mentre alla Mecca si consuma un massacro di fedeli venuti dall’Iran. L’episodio si aggiunge agli altri alimentando un’ondata di antiamericanismo nel mondo islamico eccitato dalla vicenda degli ostaggi di Teheran, Il 6 dicembre è la data di un evento storico e drammatico: è approvata dal Parlamento italiano l’installazione degli euromissili, con il voto contrario del Pci. La Nato decide di installare 572 euromissili nucleari in Germania, Italia, Olanda, Belgio e Gran Bretagna per il 1983. Per il mondo sovietico questa accettazione è presa quasi come una dichiarazione di guerra, anche perché il presidente Carter che erra stato sempre molto mansueto e poco incline a mostrare i muscoli, annuncia la formazione di flotte americane “in tutti i punti caldi del mondo”. Il 29 dicembre l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan con 150 mila soldati, 100 carri armati e 200 aerei da trasporto truppe. Ufficialmente l’Urss risponde all’appello di Babrak Karmal che ha eliminato Afizullah Amin. È un disastro totale: i comunisti si fanno la guerra, i nuovi sciiti sostenuti dall’Iran insorgono: l’intervento sovietico la rende ancora più confuso e sanguinoso. La resa dei conti arriverà poche settimane dopo, all’inizio del 1980 che si preannuncia come un altro anno terribile e tuttavia con germi di speranza e segnali di nuove catastrofi.
(2 – Fine)
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