In tempi rapidi, a quattro giorni dal funerale del papa emerito, Papa Francesco ieri mattina ha ricevuto mons. Georg Ganswein, arcivescovo, le cui esternazioni in vista del suo libro di prossima uscita hanno riempito le cronache dei primi di gennaio. Mons. Ganswein dal 2003 è stato segretario personale dell’allora cardinale Ratzinger, mantenendo l’incarico quando quest’ultimo è stato nominato papa. In realtà don Georg, come viene semplicemente chiamato, è salito alla ribalta all’indomani della morte del papa emerito, quando hanno trovato spazio sui media diverse dichiarazioni. Tutto nasce dalle anticipazioni del suo libro di prossima uscita, intitolato Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI (edizioni Piemme, in libreria dal 12 gennaio). In maniera attenta sono state diffusi alcuni passaggi, come la richiesta del papa emerito di bruciare tutte le carte private, e lo sconcerto di Ganswein quando Papa Francesco lo ha sollevato dai compiti di Prefetto della Casa Pontificia, pur mantenendone formalmente la carica.

Sullo sfondo dell’udienza a due di ieri, di cui non si conoscono i contenuti, ci sono le frasi di Papa Francesco pronunciate il 6 gennaio, giorno dell’Epifania: “nel silenzio si trova Dio”, accompagnate dal monito: “il chiacchiericcio è un’arma letale”. E dall’esortazione: “chiediamoci: sono una persona che divide o condivide? Io sono discepolo dell’amore di Gesù o un discepolo del chiacchiericcio che divide?”. Frasi rivolte ai fedeli però ben si attagliano alla situazione creata dall’intervista in cui mons. Ganswein rivelava che a Ratzinger “spezzò il cuore” lo stop alla messa in latino deciso da papa Francesco. Il libro contiene ricordi e sicuramente delle rivelazioni, a partire dalla decisione di Bergoglio di renderlo un “prefetto dimezzato”. In realtà in questi ultimi due giorni diversi prelati hanno giudicato quanto meno poco opportune le frasi di mons. Ganswein, invitandolo a rendersi conto quanto sia meglio tacere. Nell’ordine, il consiglio è venuto dal cardinale tedesco Walter Kasper, dal cardinale argentino Leonardo Sandri, dall’arcivescovo italiano Vincenzo Paglia. Nel colloquio di ieri, per quanto si comprende delle “cose” vaticane, si sarà probabilmente parlato del futuro di mons. Ganswein e dunque prossimamente si vedrà cosa sia stato deciso dal Papa.

Nel recente passato, i segretari dei defunti pontefici hanno ricoperto ruoli di rilievo, sebbene non esista una regola generale. Ad esempio mons. Loris Capovilla, che per un decennio fu segretario di Papa Giovanni XXIII, venne nominato arcivescovo da Paolo VI e Prelato del Santuario di Loreto nelle Marche. Mons. Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI quando era arcivescovo di Milano, lo seguì in Vaticano, fu testimone dell’ultima fase del Concilio Vaticano II e divenne arcivescovo nel 1988, anche lui con l’incarico di gestire il Santuario di Loreto dopo Capovilla. Il notissimo segretario di Giovanni Paolo II, mons. Stanislao Dziwisz, è ora cardinale e arcivescovo emerito di Cracovia. Certo, nessuno di loro è stato autore di rivelazioni, ma – si sa – i tempi sono cambiati ed anche la polarizzazione in atto nella Chiesa, amplificata da media e social media, è un aspetto che va studiato ed analizzato.

Come recita la quarta di copertina del libro di memorie di mons. Ganswein, “oggi, dopo la scomparsa del Papa emerito, per l’attuale prefetto della Casa pontificia è giunto il momento di raccontare la propria verità riguardo le bieche calunnie e le oscure manovre che hanno cercato invano di gettare ombre sul magistero e sulle azioni del Pontefice tedesco, e di far conoscere così, finalmente, il vero volto di uno dei più grandi protagonisti degli ultimi decenni, troppo spesso ingiustamente denigrato dai critici come Panzerkardinal o Rottweiler di Dio. Un racconto autentico e schietto, in cui monsignor Ganswein propone l’autorevole ricostruzione di un particolarissimo periodo per la Chiesa cattolica, affrontando anche gli interrogativi su enigmatiche vicende, quali i dossier di Vatileaks e i misteri del caso Orlandi, lo scandalo della pedofilia e i rapporti fra il Papa emerito e il successore Francesco. Ne scaturisce l’intensa testimonianza della grandezza di un uomo, cardinale, Papa che ha fatto la storia del nostro tempo e che emerge qui come un faro di competenza teologica, chiarezza dottrinale e saggezza profetica”.

Sempre dalle anticipazioni fatte filtrare in questi giorni Ganswein rivela che, oltre al testamento spirituale che è stato anche pubblicato dal Vaticano, Ratzinger ha lasciato anche “annotazioni relative ad alcuni lasciti e doni personali, per il cui adempimento ho il compito di esecutore testamentario, sono state aggiornate via via nel corso degli anni, fino alla più recente aggiunta del 2021”. Si parla poi anche del caso di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa nel nulla nel 1983: proprio ieri il Vaticano ha fatto sapere di aver riaperto l’inchiesta. Don Georg apre un’altra diatriba con la famiglia Orlandi: “Non ho mai compilato alcunché sul caso Orlandi per cui questo fantomatico dossier non è mai stato reso noto unicamente perché non esiste”, ha spiegato il segretario di Ratzinger. Ma la legale della famiglia Orlandi ha un’altra versione: “Lo andai a trovare alla Prefettura della Casa Pontificia quando ancora esercitava in modo sostanziale il munus di Prefetto e fu lui stesso a dirmi, tra le altre cose, che esisteva, eccome, un dossier riservato su Emanuela e che avrei dovuto insistere per farmelo consegnare dalla Segreteria di Stato. Quando gli chiesi di conoscerne il contenuto, o almeno qualche elemento di esso, ribadì che avrei dovuto indirizzare le mie richieste alla Segreteria di Stato. Spero le pagine del libro siano chiarificatrici”.

Come si vede ci sono tutti gli ingredienti per versare ancora fiumi di inchiostro. Secondo le ricostruzioni giornalistiche di questi giorni, tra conservatori e progressisti che si fronteggiano, mons. Ganswein militerebbe nelle file dei primi e – per chi si spinge oltre – le sue esternazioni sarebbero una sorta di tentativo di mettersi a capo degli eredi del Papa emerito. Fantasie che saranno vanificate quando sarà chiaro il nuovo incarico dell’arcivescovo. Pare escluso però un rientro in Germania a capo di qualche diocesi. In proposito in questi giorni mons. Georg Baetzing, vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza episcopale, è stato molto chiaro: “Non trovo giusto mettere Benedetto tra i conservatori e Francesco tra i progressisti, sono forzature”. E su un rientro in Germania di Ganswein:Dipende dal diretto interessato e da chi prende queste decisioni nella Curia vaticana”. E invece sul superamento del rito latino della messa, voluto da Papa Francesco, il presidente dei vescovi tedeschi ha avuto parole di grande chiarezza: “Benedetto XVI aveva forse più a cuore tutti coloro che tengono alle tradizioni, ma c’erano molti riti e Francesco ha voluto mettere fine a questa confusione nel segno del Concilio Vaticano II”.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).