C’è la visione, perché parla dell’Italia del 2026 e cosa vuole diventare nel prossimo ventennio. C’è la politica perché “questo è il governo del Paese dove prima di ogni appartenenza politica viene il dovere della cittadinanza” e oggi “l’unità non è un’opzione ma un dovere”. Cita più volte “lo spirito repubblicano” – come fece prima di lui Ciampi – del suo governo «fatto di cittadini, non tecnici né politici che hanno la missione di consegnare un Paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti».

Ci sono molto i giovani, il capitale umano, le riforme la scuola e la formazione nel programma di Mario Draghi dedicato alla “Nuova ricostruzione”. E c’è molta Europa: a scanso di equivoci per oggi e per domani, “sostenere questo governo significa sostenere l’irreversibilità dell’euro e la prospettiva di una Unione europea sempre più integrata che approderà ad un bilancio pubblico”. Nelle debolezze ci saranno “sovranità condivise”. E sia chiaro che “non c’è sovranità nella solitudine”. Pure Salvini, sebbene con un filo di ritardo, ha applaudito. Ci sono soprattutto molte risposte, e non ricette, che sono quelle che il Parlamento voleva sentire prima di votare, nella notte, la più larga maggioranza nella storia della Repubblica.

Potrà sembrare irrilevante ma c’è stata anche tanta emozione quando Mario Draghi ha preso la parola nell’aula del Senato, ha guardato intorno a sé e ha detto: “Non c’è mai stato nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia”. L’uomo del bazooka si è persino tradito sui numeri, quello dei ricoverati in terapia intensiva che sono per fortuna poco più di duemila e non due milioni. Emozione e nervosismo si sono affacciati spesso nella lunga giornata a palazzo Madama, iniziata ieri mattina alle 10 e conclusa stanotte intorno alle 23.30. Draghi ha ascoltato, ha preso appunti su ogni intervento, ha giocato spesso con le dita. Ha sorriso con gli occhi, dietro la mascherina, quando Emma Bonino ha citato Adenauer e lo ha avvertito: “Non sarà sempre come oggi, non ci prenda gusto”.

Trenta cartelle, 53 minuti, una trentina di applausi. Il più lungo è la standing ovation finale, tutti in piedi per oltre un minuto mentre i 5 Stelle restano seduti. Imbarazzati: non va giù ai grillini di votare “il banchiere dell’euro”, quello di Bankitalia e delle “privatizzazioni selvagge”. Parlano di “fiducia attenta”, valutata di volta in volta. Difficilmente Draghi parlerà nuovamente così a lungo durante il suo mandato. Queste trenta cartelle sono al momento quanto di più e di meglio possa oggi dire al Paese e al Parlamento visto che il metodo di cui si è raccomandato anche ai ministri, è: “Comunicare solo quello che abbiano fatto”. In assenza di fatti, che ancora non ci possono essere, si comunicano i criteri di come saranno realizzate le cose secondo un programma definito di “priorità per ripartire” e “per combattere con ogni mezzo la pandemia” La prima sfida è “la distribuzione rapida ed efficiente dei vaccini” una volta che siamo riusciti ad avere le quote necessarie. Per farlo non si parla più di tende e margherite ma di “protezione civile, forze armate e volontari”, di luoghi che sono “tutte le strutture pubbliche e private disponibili”. La velocità è “essenziale non solo per proteggere gli individui ma anche per evitare l’insorgenza di nuove varianti”.

Occorre subito impostare un “nuovo modello di sanità”, forte sul territorio dove deve nascere “una forte rete di servizi di base”. E “rivedere il disegno del percorso scolastico per tornare rapidamente agli orari normali, anche su fasce orarie diverse, recuperare le ore perse” e fare in modo che il ritorno a scuola ora e a settembre “avvenga in sicurezza” e sia “effettivo”. Poi arrivano le risposte per quando usciremo dalla pandemia e troveremo un mondo diverso perché “questa tragedia non è stata una lunga interruzione di corrente per cui prima o poi la luce ritorna e tutto sarà come prima”. Il presupposto indicato da Draghi può sembrare scontato: “Proteggere il futuro dell’ambiente conciliandolo con il progresso e il benessere sociale”. Un nuovo umanesimo ambientalista più in linea con papa Francesco (citato da Draghi) che con un “tecnocrate di numeri e banche” come dicono i 5 Stelle. Una sfida con molte facce e che richiede un approccio nuovo: “Digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole e educazione, protezione dei territori, biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra”.

Molto cambierà nelle nostre vite. L’importante è saperlo. Alcuni “modelli di crescita” non potranno più essere gli stessi. Il turismo, ad esempio, difficilmente tornerà ad essere l’ammasso informe che è stato negli ultimi anni. Da qui una prima importante risposta che riguarda il mondo del lavoro: “Il governo dovrà proteggere tutti i lavoratori ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare e la scelta è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. In parallelo sono “centrali le politiche attive sul lavoro” che devono diventare subito operative. Sulla parità di genere Draghi boccia il “farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge” e punta sul “ riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che consenta alle donne di superare la scelta tra famiglia e lavoro”.

Le risposte più importanti che si trovano nello speech di 53 minuti riguardano il Next generation Eu e la famosa governance che è stata la scintilla della crisi del Conte 2. Sei righe spazzano via ipotesi di cabine di regia e task force. Il Piano nazionale di ripartenza e resilienza è affidato al Mef. “La governance è incardinata nel Mef con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato”. Tutto molto semplice e diretto. Parole definitive anche sui progetti del Next generation EU: “Devono impattare simultaneamente su più settori in maniera coordinata”. I soldi, i famosi 210 miliardi, “dovranno essere spesi puntando a migliorare il potenziale di crescita della nostra economia”.

Gli “obiettivi strategici” del Piano devono essere “rafforzati” soprattutto per quello che riguarda “opere pubbliche, produzione di energia da fonti rinnovabili, inquinamento dell’aria e delle acque, alta velocità, reti di distribuzione dell’energia per i veicoli elettrici, produzione e distribuzione di idrogeno, digitalizzazione, banda larga e 5g”. Sull’immigrazione, “oltre a lavorare su un maggiore bilanciamento tra paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva”, Draghi scommette sulla “costruzione di una politica europea dei rimpatri”. Tra le riforme – urgenti quella della Pubblica amministrazione e della giustizia civile – spicca il passaggio sulla riforma fiscale, “architrave della politica di bilancio” perché “indica priorità, dà certezze e offre opportunità”. La proposta di Draghi prevede “una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare, ridurre il carico fiscale e preservare la progressività”.

Trenta applausi bipartisan con standing ovation finale non sono pochi per un discorso che arriva dopo una crisi che ha diviso e lacerato. Forse non ha riscaldato ma ha fatto tirare a molti “un sospiro di sollievo” (De Falco, Centro democratico). Trenta applausi raccontano soprattutto di un inaspettato Draghi politico. Che prima di illustrare il programma si è rivolto alle vittime, a chi combatte la pandemia “e a tutti coloro che soffrono per la crisi economica. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo”. Non è un intervento di promesse. Anzi, ce ne sono due e sono entrambe all’inizio dell’intervento. La prima è per chi ha perso o congelato il lavoro: “Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare nel più breve tempo alla normalità delle loro occupazioni”.

La seconda riguarda la gestione delle misure anti Covid, il sistema delle chiusure e delle aperture: “Ci impegniamo ad informare i cittadini con sufficiente anticipo di ogni cambiamento delle regole”. Vicende come quella della montagna chiusa non si ripeteranno più. Draghi se l’è trovata sul tavolo poche ore dopo il giuramento e non ha gradito. Cambierà molto nella gestione delle decisioni sulle misure anti Covid. È un’aula silenziosa quella che ascolta il premier Mario Draghi e il suo programma. La fiducia è totale. Fratelli d’Italia giustifica il suo No per “il vuoto delle proposte” ma soprattutto per garantire un po’ di sana opposizione.

Anche il mal di pancia 5 Stelle tutto sommato viene contenuto a una decina di senatori. Italia viva trova nell’intervento di Draghi la ragione di tante battaglie e la dichiarazione di voto al governo Draghi affidata a Teresa Bellanova è il risarcimento morale e politico di due mesi e mezzo durissimi. Senza poggiare “su alchimie politiche” il governo Draghi parte. Adesso servono i fatti.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.