La maggioranza ha trovato l’accordo, dopo una giornata di forti tensioni, sulle modiche introdotte al dl n°131 del 2019 in tema di intercettazioni telefoniche con cui erano state modificate le previsioni in materia introdotte dal dlgs n° 216 del 2017 in attuazione della legge delega di cui alla legge n°103 dello stesso anno. Già questi riferimenti chiariscono il travaglio che ha interessato e continua a interessare la disciplina delle captazioni. Nella formulazione approvata in commissione il termine fissato dalla decretazione di urgenza inizialmente fissato nel 2 marzo è stato ulteriormente prorogato di due mesi in linea con le richieste del Csm. Che peraltro aveva chiesto un termine più lungo. Si tratta dell’ennesima proroga che tuttavia in questo caso si inserisce in una autentica controriforma del dlgs 216 del ministro Orlando.
Il primo dato che emerge dalla riscrittura della disciplina riguarda la riassegnazione ai pubblici ministeri del controllo sulle intercettazioni, sulla loro rilevanza ai fini investigativi, sull’archivio, sui tempi del diritto della difesa di venire a conoscenza del loro contenuto e del diritto di copia sottraendolo alla polizia giudiziaria che si limiterà alle esecuzione delle attività di captazione e di ascolto
L’ulteriore elemento significativo è il completamento della parificazione dei reati dei pubblici ufficiali e ora anche degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione con i reati di criminalità organizzata sia con riferimento ai presupposti sia in relazione alla captazione tra presenti sia in relazione ai provvedimenti d’urgenza sia in relazione con i luoghi dove è consentito l’uso del captatore informatico. Il solo riferimento all’attivita di captazione oblitera tutte le altre funzioni del trojan che continuano a mancare di una specifica disciplina pur nella loro riconosciuta invasività e nel grave pregiudizio arrecato ai diritti costituzionalmente garantiti della persona.
Una disciplina particolare è prevista per le intercettazioni poste a fondamento di una misura cautelare. Nonostante l’abrogazione della previsione che consentiva al difensore di fare la trasposizione su nastro delle registrazioni deve ritenersi operante la declaratoria di incostituzionalità che consente alla difesa di chiedere all’accusa copia delle registrazioni poste a fondamento dell’ordinanza mentre resta incerta la conoscenza delle intercettazioni che il Gip ha ritenuto irrilevanti ancorché trasmesse con la richiesta cautelare. Deve invece escludersi l’accesso all’archivio per l’ascolto di quanto depositato. L’aspetto fortemente critico e inaccettabile – stando a quanto era emerso ieri dall’emendamento Grasso poi solo in parte modificato con un subemendamento – è costituito non solo dalla possibile utilizzazione delle intercettazioni per un fatto che non avrebbe consentito l’intercettazione perché non ricompreso fra i reati per i quali l’intercettazione è consentita.
E ancora, in mancanza dei presupposti per l’autorizzazione (gravi indizi e assoluta necessità della prosecuzione delle indagini) anche dall’ampliamento della cosiddetta pesca a strascico. A conferma che non c’è niente da fare e che le logiche punitive non si fermano neppure a fronte delle sentenze delle sezioni unite appena pubblicate (2 gennaio) si è cercato di modificare la disciplina dell’utilizzabilità delle captazioni in un diverso procedimento superando il vincolo della commissione. La mediazione raggiunta è insoddisfacente perché i due vincoli indicati (reati intercettabili e arresto in flagranza) consentono una piena utilizzazione probatoria che consente di avviare l’attivita investigativa per un reato e acquisire elementi di altri reati del tutto estranei all’attività di indagine. Ancora più grave quanto previsto con l’uso del captatore attivato per reati di criminalità organizzata e per i reati contro la pubblica amministrazione che consente di usare come prova i risultati dell’intercettazione per qualsiasi altro reato di criminalità organizzata e di criminalità economica.
Si consideri cosa tutto ciò può significare con riferimento a intercettazioni ambientali in qualsiasi posto effettuate, compresi i luoghi di privata dimora. È difficile non vedere in queste norme un pesante pregiudizio per i diritti costituzionalmente garantiti che mettono a rischio la riservatezza del domicilio anche perché non c’è garanzia di diffusione di quanto captato anche se estraneo alle indagini e riguardante dati soggettivamente sensibili.
ARTICOLO 15 – La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.