Doppio scossone
Cosa sta succedendo in Ucraina, piovono bombe e dimissioni: ore cruciali per Zelensky, tre i fronti bollenti
Il grande turn over dei ministri era programmato ma arriva in un momento delicatissimo della guerra. Il ministro degli Esteri Kuleba è fuori (ma verso Bruxelles). «Abbiamo bisogno di nuova energia» dice il presidente ucraino
Sono giorni convulsi per l’Ucraina. Bombardata e pressata a est dalle forze russe e sferzata da una rivoluzione in seno al governo. Un cambio, quello del presidente Volodymyr Zelensky, pianificato da tempo. Ma che arriva in uno dei momenti più difficili della guerra. Ed è per questo che gli osservatori si interrogano su quanto possa incidere nella gestione del conflitto e del Paese.
L’ondata di dimissioni
L’ondata di dimissioni, che ha investito circa la metà del governo come hanno spiegato i politici vicini al presidente, è particolarmente importante. Perché tocca ministeri-chiave di Kiev, a maggior ragione in questo periodo del conflitto in cui ogni modifica può essere un colpo a un equilibrio già precario. “Abbiamo bisogno di nuova energia” ha detto Zelensky. “Tutti questi passi sono collegati a rafforzare il nostro stato in varie aree” ha continuato, “sono grato ai ministri ed all’intero team di governo che per quattro anni e mezzo ha lavorato per l’Ucraina e per il bene degli ucraini”. Ma dietro questa svolta giustificata dalla necessità di “energia” (e non approfondita) c’è anche il sentore che qualcosa, nella conduzione della guerra, non stesse andando nella direzione giusta. O quantomeno non in quella voluta da Zelensky e dai suoi alleati.
Kuleba verso Bruxelles
Il nome eccellente tra i dimissionari è quello del ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba. Un uomo che in questi anni, già prima dell’invasione russa, era diventato l’elemento più importante dei rapporti di Kiev con il resto del mondo, e che si è costruito un ruolo centrale soprattutto nei rapporti con l’Europa e con la Nato. Tanto che molti media ritengono che per lui possano aprirsi le porte di ambasciatore dell’Ucraina a Bruxelles, proprio presso quell’Unione europea a cui Kiev guarda come approdo naturale nel dopoguerra. Per il suo successore, molti hanno fatto un nome, quello del vice, Andrii Sybiha. Ipotesi che, se confermata, indicherebbe, almeno in teoria, una certa continuità rispetto a Kuleba. Insieme a Kuleba, a rinunciare al loro incarico vi sono altri nomi particolarmente pesanti in questo delicato contesto di guerra. Zelensky ha deciso di cambiare le due vicepremier, Olha Stefanishyna e Iryna Vereshchuk. Due persone con ruoli centrali, visto che la prima si occupa del processo verso l’integrazione europea e l’altra dei rifugiati. Questioni cruciali per il futuro dell’Ucraina ma soprattutto dei rapporti con il Vecchio Continente.
All’interno del governo, a essere sostituito è anche Oleksandr Kamyshin, ministro per le Industrie strategiche, uomo di punta per uno dei settori centrali dell’Ucraina in questo momento: la produzione di armi. Un altro nome di peso è quello del ministro della Giustizia, Denys Maliuska. Salta anche il ministro per la Protezione dell’ambiente, Ruslan Strilets. E pochi giorni prima, a essere rimosso dall’incarico era stato anche un altro elemento particolarmente importante del sistema ucraino, anche se al di fuori dell’esecutivo: Volodymyr Kudrytsky, direttore della società stata ucraina dell’energia, Ukrenergo. L’uomo è stato rimosso dall’incarico dopo una votazione del consiglio di sorveglianza tenutasi lunedì, ha spiegato il New York Times, perché secondo molte fonti “era stato accusato di non aver completato le fortificazioni difensive delle centrali elettriche prima dell’attacco russo del 26 agosto”. Ma è chiaro che il settore energetico è un campo di battaglia centrale anche dal punto di vista politico.
Le ore cruciali di Zelensky: i tre fronti bollenti
Per Zelensky si tratta di ore cruciali. Anche perché la scelta dei nuovi ministri diventa anche un chiaro indizio sul modo in cui intende proseguire la guerra mentre il Paese si trova a gestire tre fronti bollenti. Il primo, quello del Kursk, dove il presidente ucraino ha ribadito che al momento ha “bisogno di quei territori” per arrivare alla vittoria definita in quel piano che vuole presentare nelle prossime settimane a Joe Biden. Anche se gli esperti si interrogano sul futuro dell’occupazione e sul rischio che questa non disperda soldati e mezzi per resistere all’avanzata russa in Donbass. Il secondo fronte è appunto quello orientale, dove Mosca continua a conquistare villaggi per avvicinarsi a Pokrovsk. Il terzo fronte è invece quello aereo, dove la difesa ha costantemente bisogno di missili in grado di intercettare le bombe russe che continuano a piovere senza sosta su tutto il Paese. L’ultimo raid su Poltava ha un bilancio tragico: 53 morti e quasi 300 feriti. Ma il fuoco del Cremlino è tornato a colpire anche Kiev e Leopoli, provocando sette morti.
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