Scissione archiviata
Cosa succede al Pd se fa flop alle elezioni: Bonaccini e Schlein per il dopo Letta
Al Nazareno, se potessero, farebbero arrivare i sacchi di sabbia. Perché il terremoto vaticinato dai sondaggi può fendere il Pd con intensità diverse, certo, ma tutte temibili. Se il partito di Enrico Letta ricevesse dalle urne un 20%, cadrebbero dei quadri. Con il 18%, crollerebbero dei muri. Al 16% verrebbe giù tutto. Lo sappiamo: i dati dei sondaggi non sono comunicabili, e quelli che arrivano agli addetti ai lavori non sono attendibili. Sia come sia, negli uffici della direzione del Pd hanno iniziato a fare le esercitazioni. E siccome tra le migliori pratiche antisismiche ci sono quelle dell’Emilia-Romagna, saranno chiamati i primi rinforzi da Bologna. Stefano Bonaccini e Elly Schlein indossano già il caschetto, il cantiere potrebbe aprirsi lunedì.
Il recupero di Giuseppe Conte sul lato sinistro e quello di Renzi e Calenda sul versante di centro stanno stringendo il Pd in una morsa dalla quale il segretario Letta prova a uscire non senza difficoltà. Studiando la mutazione dell’ex alleato grillino, il leader dem ha tolto la cravatta e si è deciso a puntare alla reconquista partendo dai temi sociali e verdi. Accelera la reintregrazione di Roberto Speranza e di Pierluigi Bersani, va in televisione per dire che il suo partito è quello di Emanuele Fiano che sfida Isabella Rauti – “Bisogna scegliere, da una parte o dall’altra” – e richiama tutti i sindaci affinché si diano da fare un po’ di più. A Roma, dove pure ci sono collegi contendibili come quello del centro, dei Parioli e dell’Eur, scende in piazza il sindaco Roberto Gualtieri. E se l’indicazione del Nazareno era quella di recuperare la prossimità con i cittadini, ecco il sindaco della capitale che sale sul palco con la chitarra. E suona Bella Ciao, mentre Roberto Morassut, parlamentare uscente ricandidato, la intona al microfono. Nessun nemico a sinistra: Mdp-Articolo 1 rientra nei ranghi. Ancora qualche giorno per le formalità di rito, ma il dado è tratto. Lo rivela Speranza stesso: «Questo è il momento per unire le forze, far cessare le divisioni e provare insieme a costruire un’alternativa. Dall’altra parte c’è una destra che aumenterà le diseguaglianze, farà pagare di più a chi ha di meno e di meno a chi ha di più con la flat tax. Un errore enorme. Dobbiamo unire le forze e costruire una nuova proposta»
Già nel corso dell’intervista a La7, con Giovanni Floris, Speranza parla di Letta con inusuale sostegno: «Sta portando avanti le battaglie giuste». Ed ecco che i riflettori si accendono su Bonaccini, con il quale starebbe parlando lo stesso Bersani. «Non è vero che Bonaccini rappresenta i riformisti del partito, nella sua esperienza ha sempre provato a unire e non a dare spazio a correntismi», precisa al Riformista un dirigente nazionale. Se si prepara un congresso, è presto per dirlo. Anche perché il Pd ha una tradizione di reggenze post-elettorali. C’è il precedente di Maurizio Martina, nominato “Segretario-Reggente del partito” dalla direzione, senza congresso, subito dopo il voto del 2018. E prima ancora il caso di Guglielmo Epifani, nominato proprio all’indomani della sconfitta elettorale alle elezioni del 2013, quando a dimettersi fu Bersani. D’altronde oggi proiettare quello scenario non si può. Gli addetti ai lavori ne parlano nei capannelli sotto ai palchi, ma in pubblico certo non possono farlo.
Si schernisce dunque, alla domanda, la vice segretaria in carica del partito, Debora Serracchiani: «Non mi sembra opportuno parlare di congresso ora, c’è una scadenza naturale tra un anno. Una donna alla guida del Pd? Non ne farei una questione di genere. Anche perché credo ci siano talmente tante donne competenti nel Pd che rischiamo di avere un congresso dove si presentino solo donne». Anna Ascani, alla quale rivolgiamo la stessa domanda, ha la bocca cucita. Patrizia Prestipino è alle prese con la campagna («Sto facendo porta a porta, ma non alla Rai»). Elly Schlein va invece più spesso che mai in tv, dove dimostra doti di comunicatrice rodata a dispetto della giovane età. La sua disponibilità a dare una mano a Roma, nella messa in sicurezza del Nazareno post 25 settembre, è totale. «Attenti a descriverla come esponente di chissà quale sinistra interna», ci mette in guardia un esponente navigato. «Schlein non ha aderito a nessuna corrente. È giovane e difficile da stringere in un vestito cucito da altri. E poi è vicina a Bonaccini, tra i due c’è un ticket inossidabile che può funzionare anche per guidare il Pd fuori dalle secche».
Bonaccini può fare il Reggente dopo Letta a patto di non lasciare la Regione (già le prossime sfide per Lazio e Lombardia sembrano in salita) e per rimanere troppo incerto, con il piede in due staffe, avrebbe bisogno di una sodale solida e strutturata. Esterna alle geografie delle componenti interne e lontana dall’immagine troppo infeltrita che il Nazareno ha dato di sé in questi anni, con la faida tra renziani e antirenziani prima e poi con la scioccante uscita di scena di Nicola Zingaretti (“Mi vergogno del mio partito, qui si parla solo di correnti e di primarie”). Un po’ per esorcizzare la paura della sconfitta, un po’ per chiamare tutti all’ultimo sforzo, il Pd prepara una grande festa di piazza per venerdì, a Roma. La conclusione della campagna elettorale di piazza del Popolo ha un compito ambizioso: dare a quel popolo una fotografia nuova, un palco unitario dove insieme a Letta possano essere applauditi tutti gli esponenti, e in particolar modo le donne e i giovani chiamati a fare con quei sacchi di sabbia del Nazareno i mattoni per costruire il nuovo corso.
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