Fare presto e concludere con l’utilizzo della massima fora “l’operazione speciale”, come è stata definita l’invasione in Ucraina, o costringere il ‘rivale’ Volodymyr Zelensky a scendere a patti, in particolare sul riconoscimento della Crimea e delle due Repubblica autonome del Donbass.

Sono le soluzioni che si trova di fronte Vladimir Putin, lo Zar del Cremlino che sta sostenendo costi sempre maggiori nel conflitto nella vicina Ucraina, colpito a livello internazionale dalle pesanti sanzioni economiche che rischiano di mettere KO l’economia nazionale.

E lo scenario più nefasto per il leader russo è quello di un default, un fallimento del Paese. Fantapolitica? Non proprio. La questione è legata al decreto che, secondo Putin, consente a Mosca di rimborsare in rubli i bond governativi russi in valuta estera nel caso in cui i titolari appartengano a Paesi che hanno sanzionato la Russia.

Peccato però sui mercati internazionali valgono i contratti e i regolamenti: non tutti i bond prevedono la possibilità evocata da Putin e in questo caso, come scrive il Corriere della Sera, si potrebbe scatenare un “trigger event”, un evento scatenante in grado di innescare il default russo. Le scadenza non sono lontane: 16 marzo scadono 117 milioni di dollari relativi a una cedola, il 21 marzo 66 milioni, il 28 scadono 102 milioni, il 31 altri 447 milioni per un totale di 732 milioni di dollari.

Non è un caso se negli ultimi giorni è tornato d’attualità un termine che era drammaticamente sulle prima pagine dei quotidiani internazionali ai tempi della crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti, i credit default swap. Questi, semplificando, sono dei derivati finanziari: polizze assicurative sulle obbligazioni per mettere al sicuro i creditori da eventuali insolvenze.

Col decreto firmato da Putin sul pagamento in rubli dei bond, questi sono schizzati all’insù. Come riporta il Corriere, i credit default swap che assicurano 10 milioni di dollari di debito russo per cinque anni costano circa 5,8 milioni di dollari in anticipo e 100.000 dollari all’anno, pari a un 80% di probabilità di insolvenza, secondo i dati Ice Data Services citati da Bloomberg. Soltanto una settimana fa erano sufficienti quattro milioni.

Il tutto mentre anche la Banca centrale russa, vero centro del potere economico nazionale, si trova in grossa difficoltà. Pur essendo preparata da anni ad affrontare una simile emergenza, accumulando, a costo di una crescita minore dell’economia reale, una immensa riserva economica da 520 miliardi di dollari e oltre 130 miliardi di dollari in oro. Ma le sanzioni internazionali disposte contro il regime di Putin hanno avuto un effetto devastante, bloccando più della metà delle riserve depositate in paesi esteri, tranne che nella Cina ‘alleata’.

Motivo che spinge gli analisti internazionali, in particolare quelli delle agenzie di rating, a ritenere sempre più vicino un possibile default economico-finanziario della Russia. In questo senso va letta la scelta di Moody’s di tagliare il rating sulla Russia a Ca, praticamente l’anticamera del default, confermando le prospettive negative.

Stessa scelta fatta anche da Standard & Poor’s e Fitch, che ha tagliato a livelli “spazzatura” il debito di Mosca.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia