Quel mantello sulle spalle di Lionel Messi è una sottomissione o un omaggio? L’altra, forse neanche l’ultima, polemica sulla Coppa del Mondo di calcio 2022 che si è disputata in Qatar e che l’Argentina ha vinto ieri in una finale pirotecnica contro la Francia, si è incendiata intorno al Bisht, il tradizionale mantello arabo che il capitano dell’Albiceleste ha indossato sopra la maglia della sua Nazionale al momento della premiazione. Non era mai successo che il capitano al momento di alzare la Coppa indossasse un abito sulla maglia della propria Nazionale. È successo quest’anno al primo torneo ospitato in un Paese arabo.

A invitare Messi a indossare il Bisht l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, attuale regnante del Qatar, al fianco del Presidente della Fifa Gianni Infantino. Il mantello era di colore nero con decorazioni in oro. Il Bisht è un abito millenario, è considerato un simbolo di dignità e regalità. Viene indossato durante le cerimonie, è anche un simbolo religioso della tradizione musulmana. È utilizzato da famiglie reali e nei matrimoni, quando il padre poggia la tunica sulle spalle del figlio in un gesto simile a quello che si è visto in mondovisione tra l’emiro e Messi. Non è tuttavia usato soltanto in contesti religiosi. Offrirlo è considerato un gesto di rispetto e apprezzamento. Può essere anche di colore marrone, grigio, beige o bianco.

Il segretario generale del comitato organizzatore del torneo, Hassan Al Thawadi, lo ha descritto a BBC come “un vestito per un’occasione ufficiale, indossato per le celebrazioni” e ha aggiunto che i Mondiali hanno offerto “l’opportunità di mostrare al mondo la nostra cultura araba e musulmana. Non si trattava del Qatar, era una celebrazione regionale”. Proprio ieri ricadeva inoltre l’anniversario della festa nazionale del Qatar, che si celebra il 18 dicembre, in memoria dell’unificazione avvenuta nel 1878. Messi – che tra l’altro gioca nel Paris Saint Germain, il club di proprietà del fondo sovrano qatariota – ha tenuto la veste anche per un tratto dei festeggiamenti, dopo la premiazione.

Partite subito le critiche: al Qatar, per aver voluto imporre in un atto di sottomissione il momento culminante della manifestazione; a Messi, per non essersi ribellato a un protocollo che è risultato imprevisto in tutto il mondo e che non è chiaro se fosse stato concordato prima con le squadre. Il tutto collegato al clima estremamente viziato dalle controversie e dalle accuse di corruzione che hanno accompagnato tutta l’organizzazione del Mondiale in Qatar. La pagina social Tlon ha parlato di una mossa “esteticamente e politicamente fuori luogo”, di sottomissione “al solo scopo di manifestare il proprio potere effettivo sul calcio (basti guardare fino a dove continuava a spingersi dopo aver dato la coppa al capitano) e sull’economia mondiale”, di un gesto che “ha coperto la maglia dell’Argentina, macchiando una foto sportiva con un messaggio ecomico-politico”.

Si spinge fino a definirla “una macchia che non si potrà cancellare perché mutila di simboli un momento unico nella storia di un uomo e di un popolo, quello argentino” nel suo commento Panorama. “Una violenza più che un atto di cordialità. Uno sfregio che la Fifa avrebbe avuto l’obbligo di impedire fermando l’emiro. I soldi da ora possono davvero tutto, anche comprarsi il momento iconico della vittoria di un Mondiale”. Da segnalare l’osservazione di un utente di Twitter che ha ricordato come quando nel 1970 a Pelé, il calciatore in quell’occasione campione del Mondo con il Brasile, venne fatto indossare un sombrero tradizionale durante i festeggiamenti in Messico non ci fu alcuna sollevazione. Certo in quel caso il copricapo non venne indossato nel corso della premiazione e non copriva la maglia della nazionale.

 

Avatar photo

Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.