Dopo circa 74 milioni di contagi il coronavirus ha iniziato a cambiare volto. Le mutazioni del virus sono prevedibili ed è proprio quello che è successo con il nuovo ceppo di Sars-Cov-2 che sarebbe comparso a metà settembre a Londra e nel Kent e in poco più di due mesi è diventato dominante nella capitale inglese. Questo nuovo ceppo sarebbe altamente infettivo, peggio del precedente e per questo motivo da tenere sott’occhio. I virologi lo stanno studiando per capire se possa essere più letale o possa rendere inefficace i vaccini.
STORIA DI UNA TRASFORMAZIONE – Il 9 dicembre la variante risultava presente nel 62% dei casi a Londra, 59% nell’Inghilterra orientale e 43% nel Sud-Est, secondo quanto riferito da Patrick Vallance, a capo dei consulenti scientifici del Governo. “I virus mutano continuamente. Questa è una particolare costellazione di variazioni che riteniamo importante — ha spiegato Vallance —, pensiamo che potrebbe essere presente in altri Paesi, ma nel Regno Unito vi è una concentrazione. Potrebbe avere avuto origine qui, non lo sappiamo per certo”. Poi il il 14 dicembre il ministro della Sanità britannico, Matt Hancock, ha annunciato: “È stata identificata una nuova variante del coronavirus che potrebbe essere associata a una sua diffusione più rapida”.
Il 19 dicembre, in una conferenza stampa congiunta, il premier Boris Johnson e Chris Whitty, a capo dell’Autorità sanitaria, dicono che non ci sono prove che il virus mutato possa essere più letale o rendere meno efficaci i vaccini. Il premier annuncia però un lockdown duro per la capitale e le contee vicine, perché il rischio di ammalarsi sta salendo in modo esponenziale. Misure più restrittive per il periodo natalizio sono state decise anche in Galles e Scozia. Al di fuori della Gran Bretagna sono state segnalate altre infezioni imputabili al nuovo ceppo: 9 in Danimarca, una nei Paesi Bassi e una in Australia. “In tutta Europa, dove la trasmissione è intensa e diffusa, i Paesi devono aumentare la loro capacità di sequenziamento del virus in attesa di saperne di più sui rischi posti dalla variante”, ha detto un portavoce dell’Oms Europa. E intanto sono stati sospesi i voli con il Regno Unito.
COSA SAPPIAMO – La nuova variante potrebbe avere, secondo le prime osservazioni, una capacità di trasmissione più alta del 70% rispetto a quella finora circolante. Ma gli studi sono in in corso anche in collaborazione con le autorità sanitarie internazionali, a partire dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma quella del “ceppo inglese” non è la prima mutazione del virus. Ne è convinto Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che al Corriere della Sera ha spiegato: “Pensiamo alla ‘D614G’, che è comparsa a marzo anche in Italia e a giugno è diventata dominante in tutto il mondo. Sono state descritte anche altre varianti, in Sudafrica ed Estremo Oriente. Sappiamo però che Sars-CoV-2 è un virus abbastanza stabile (come dimostrato da un lavoro che abbiamo pubblicato su Nature), può modificarsi ma solo all’interno di un ‘recinto’ ben delimitato. Al contrario per i virus Hiv e Hcv non si è ancora riusciti a mettere a punto un vaccino, dato che hanno una capacità di mutazione illimitata”.
La grande maggioranza delle variazioni messe in atto dal coronavirus (rilevanti per la capacità di replicazione virale) riguardano la proteina spike, grazie alla quale si lega alle cellule umane tramite il recettore ACE2. “Il virus cerca di scappare all’attacco del nostro sistema immunitario, creando varianti ‘invisibili’ agli anticorpi — prosegue Perno —, per questo deve agire sulla spike. L’obiettivo finale, comune a tutti i virus, è quello di migliorare la propria efficienza replicativa”.
IL RAPPORTO CON I VACCINI – I vaccini che stanno per arrivare a giorni sono efficaci contro questo nuovo ceppo? “La comparsa della mutazione (chiamata VUI-202012/01, ndr) dovrebbe portare a un’accelerazione delle campagne vaccinali, accompagnate da studi sulla produzione di anticorpi successiva alla somministrazione delle dosi previste — sostiene Perno —. È possibile studiare l’efficacia dei vaccini sulla variante anche in laboratorio, tramite i cosiddetti “test neutralizzanti”, ma credo che in questo momento sia più utile concentrarsi sui programmi di vaccinazione, verificando poi se gli anticorpi che l’organismo produce sono protettivi. Potremo avere prova di questo osservando se i soggetti vaccinati verranno infettati dal nuovo ceppo di Sars-CoV-2: se questo avverrà saremo di fronte a una brutta notizia. Per ora la variante ‘inglese’ sta convivendo con quella che conoscevamo e non è diventata predominante, ma ciò potrebbe accadere in futuro: abbiamo ancora la possibilità di fermarla con le misure restrittive e, speriamo, anche con i vaccini”.
Anche Fabrizio Pregliasco, virologo all’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi è speranzoso. “È prematuro pensare che possa avere un’azione negativa sulla vaccinazione — ha detto all’Agi —. Bisogna vedere dove sono esattamente le variazioni genetiche e come incidono sugli anticorpi. Questi virus si replicano in modo sistematico, non correggono gli errori di replicazione che potrebbero rappresentare una caratteristica vantaggiosa. La peculiarità del virus, anche di questo mutato, che lo rende perfido, sta nel fatto che la gran parte delle infezioni sono inapparenti. Va dato atto comunque che, rispetto al passato, i nostri laboratori hanno grande capacità di monitorare le variazioni e la tempistica delle informazioni è molto più rapida, all’avanguardia”.