Da domani il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non potrà più sciogliere le aule del Parlamento, e quindi la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica, e indire nuove elezioni. È la norma del cosiddetto Semestre Bianco, all’Articolo 88 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”. A Mattarella resteranno comunque i poteri di nomina di firma, di rinvio delle leggi, di inviare messaggi al Paese.

La norma del semestre bianco è stata definita anche come anacronistica, figlia di un’Italia appena nata democratica e quindi ancora parecchio timorata da svolte autoritarie e fasciste. Il membro dell’Assemblea Costituente del Partito Comunista Italiano Renzo Laconi l’aveva definita come l’antidoto a una sorta di “piccolo colpo di Stato legale”, ovvero il rischio di un Presidente che per vedere prorogati i propri poteri potesse “avvalersi di questo potere prorogato per influenzare le nuove elezioni”.

È stato definito anche un “buco nero” che annichilisce l’arma più potente nelle mani del Capo dello Stato. Puntuali emergono quindi alla vigilia del Semestre Bianco scenari su possibili crisi nell’esecutivo. E soprattutto perché i partiti potrebbero moltiplicare i veti incrociati gli scontri duri. A febbraio 2022 scade il mandato di Mattarella. E il toto nomi impazza già da mesi. Lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi viene spesso citato tra i favoriti. Lo stesso Mattarella, secondo molti, sarebbe stato incitato a intraprendere la ri-elezione. Solo voci per il momento.

Della cancellazione della norma sul Semestre Bianco si è sempre parlato ma senza mai fare niente. Il Presidente Antonio Segni, nel 1963, invitò il Parlamento a intervenire su uno strumento che “altera il difficile e delicato equilibrio tra i poteri dello Stato, e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti”.

Segni era favorevole a stabilire la “non immediata rieleggibilità” del Presidente della Repubblica, una proposta citata e condivisa anche da Mattarella – considerazioni che fanno propendere per la sua rinuncia a un nuovo mandato. L’articolo 88 venne modificato solo nel 1991, alla fine del settennato di Francesco Cossiga e della X legislatura, quando venne inserita una deroga nel caso in cui gli ultimi sei mesi del mandato “coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”. Una situazione definita di “ingorgo istituzionale”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.