Un attacco ucraino o una ‘false flag’ russa, un autosabotaggio da parte di militari russi decisi a ribellarsi alla guerra? Sono i due scenari e le due interpretazioni su quanto accaduto ieri, primo aprile, a Belgorod, città russa a 50 chilometri dal confine ucraino.

La versione russa

Secondo quanto riferito dalle autorità russe, in particolare il governatore della regione Vyacheslav Gladkov, otto serbatoi di petrolio russo sono stati colpiti da missili sparati da elicotteri di Kiev, dotati di razzi S-8, volando a bassa quota.

Un attacco che ha provocato due feriti e costretto all’intervento di oltre 200 vigili del fuoco e 50 mezzi, oltre allo sgombero dei residenti delle zone più vicine all’impianto della Rosneft. Un deposito chiave per le forze armate russe impegnate nel conflitto in Ucraina: è a Belgorod infatti dove i carri armati e le colonne blindate di Putin fanno rifornimento prima di entrare in territorio ucraino, sulla strada che conduce a Kharkiv.

La matrice ucraina viene confermata quindi anche dal ministero della Difesa russo in un comunicato: “Gli elicotteri hanno colpito un deposito di carburante impiegato per scopi civili a Belgorod. In seguito all’attacco, condotto con missili, alcuni serbatoi sono rimasti danneggiati e sono andati a fuoco. La struttura era impiegata per il solo rifornimento di carburante per scopi civili”.

La versione ucraina e le parole di Zelensky

Ben più ambigua la posizione di Kiev su quanto accaduto a Belgorod. Se il segretario del Consiglio della sicurezza e della difesa nazionale dell’Ucraina, Oleksiy Danilov, ha respinto le accuse da parte russa (“Per alcuni motivi dicono che siamo stati noi, ma stando alle nostre informazioni ciò non corrisponde alla realtà”), il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha detto di non avere informazioni a sufficienza sull’operazione: “Non posso né confermare né smentire le dichiarazioni su un coinvolgimento dell’Ucraina in questa vicenda, semplicemente perché non possiedo tutte le informazioni militari del caso”.

Oggi però da parte del presidente ucraino sono arrivate parole che sanno quasi di rivendicazione dell’attacco a Belgorod. “Mi dispiace, ma non parlo dei miei ordini come comandante, leader di questo Stato. Ci sono cose che condivido solo con le forze armate quando parlano con me”, ha risposto Zelensky all’intervista concessa all’emittente americana Fox News.

Poi le parole più ambigue del numero uno di Kiev: “Ciò che conta per noi è che voi e il mondo intero sappiate che siamo un Paese in guerra. Siamo stati attaccati. Questo è ciò che conta. Questa è la tragedia più grande. Hanno occupato il nostro territorio, ci hanno attaccato. Questa guerra va avanti da 8 anni, quindi qualunque cosa accada in una certa situazione e’ difficile per me commentare”.

Le altre ipotesi

Ma oltre alle due versioni ‘ufficiali’, non mancano altre ipotesi e retroscena su quanto accaduto ieri a Belgorod. Una riguarda una ‘false flag’ russa, un attacco auto-inflitto per poter sferrare offensive ancor più dure contro gli ucraini, giustificate dall’inedito raid di Kiev nei confini russi. 

Altra ipotesi da non escludere è quella di un sabotaggio interno da parte di determinate aree politiche e militari russi, decise a ribellarsi alla guerra che si sta trasformando in un pantano.

Tre scenari sono stati forniti anche da Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, dagli studi di La7: “Potrebbero essere elicotteri mandati da Zelensky, potrebbero essere russi che si sono autobombardati per propaganda o possono essere ucraini che hanno disobbedito a Zelensky, qualcuno che non è contento che vada a trattare con Putin e vuole ritardare”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia