Sono 3 milioni e 200 mila gli italiani che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, ovvero il 5% della popolazione. Il 90% di questi cittadini sono donne, ma i maschi sono in netto aumento. Il dato sicuramente più preoccupante, tuttavia, è la manifestazione sempre più precoce della patologia: oggi i primi episodi registrati si manifestano alla giovanissima età di 8/9 anni.
L’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù ha diffuso dei dati allarmanti nel marzo scorso, in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata a chi soffre di queste patologie: negli ultimi due anni (2021-2022) gli accessi al pronto soccorso sono raddoppiati (+96,8%) rispetto al biennio precedente (2019-2020). I ricoveri ordinari sono invece passati dai 362 del 2019-2020 ai 565 del 2021-2022 (+56%). In aumento anche i day hospital che sono passati da 1.062 a 1320 (+24.3%).
Importante è anche l’aumento dei maschi: si è passati dai dati di cinque anni fa dove rappresentavano l’1% al 20% del 2022: provare a dire che pandemia e lockdown non abbiano influito sui nostri ragazzi diventa cosa davvero difficile davanti a questi numeri.

Quella che racconta il Bambin Gesù nel suo resoconto dettagliato è la fotografia di ciò che emerge anche dai principali nosocomi italiani e da molte strutture residenziali per DCA che vedono le richieste e le liste di attesa aumentare a dismisura. Ogni istante perso – che con queste liste di attesa rischia di essere una enormità – a chi sta lottando contro i disturbi del comportamento alimentare e alle loro famiglie, costa caro. A confermare quanto detto sopra, ci sono i numeri impietosi del Ministero della Salute estratti da un incrocio di dati sanitari e ospedalieri: nel 2019 i casi registrati erano stati 680.569, nel 2022 1.450.567.

Nell’ambito delle patologie psichiatriche, i disturbi del comportamento alimentare rappresentano il più alto indice di mortalità; secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono la seconda causa di morte per le ragazze nella fascia di età tra i 12 e i 25 anni. Il dato Rencam (Registro nominativo cause morte) del 2022 rilevava in Italia complessivamente 3.158 decessi con diagnosi correlate a queste patologie con un’età media di 35 anni che significa, tragicamente, molti decessi sotto i 25 anni.
Questi dati sono in difetto perché tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che esistono molti “invisibili”, che non chiedono aiuto perché non si rendono conto del problema, oppure lo sottovalutano (spesso, troppo spesso!) e addirittura non sanno a chi chiedere aiuto.

Anche in questo i dati italiani non sono molto incoraggianti: esistono 126 centri specializzati di cui 63 nelle regioni del nord. È chiaro, quindi, comprendere i motivi per cui in Italia nascono sempre più associazioni come Volo Oltre, una Organizzazione di Volontariato (OdV) di Cesena che fornisce sostegno ai familiari e amici di persone affette dai Disturbi del Comportamento Alimentare come anoressia, bulimia, binge, altri non specifici, e sensibilizza la popolazione del nostro territorio su una delle epidemie del nostro tempo. Volo Oltre, come altre associazioni che svolgono le medesime attività, ha un ruolo importante perché fa cultura e ne parla, facendo in modo che genitori e ragazzi possano stare in allerta, mantenendo alta l’attenzione. Incontri con specialisti nel settore, gruppi di auto-mutuo-aiuto, reti di relazioni e scambi con le istituzioni del territorio. Il lavoro di prevenzione che svolge Volo Oltre nelle scuole è fondamentale perché coinvolge docenti e ragazzi. Senza dimenticare l’attività di indirizzo e informazione sui centri di cura e assistenza, aiuto e supporto psicologico attraverso operatori qualificati, oltre la condivisione di esperienze e di progettazione di interventi utili a diffondere conoscenze sui DCA.

Bisogna parlarne, e non sottovalutare mai il problema. Gli esperti provano a spiegare le cause di questo triste boom nello smodato uso dei social network che diffondono e instillano nei più giovani un’ideale di bellezza quasi irraggiungibile insieme ad app e siti che sponsorizzano presunti “metodi” e “diete” infallibili. Serve educare a un rapporto sano col cibo e, laddove necessario, ricorrere a dei professionisti preparati che possono dare tutti i consigli del caso anche ai più giovani. Il punto vero, però, è agire senza se e senza ma davanti alle prime manifestazioni di questo disagio che, spesso, cela un malessere più profondo nei ragazzi. Un malessere che è da ricercare e da far ricercare insieme a professionisti del settore perché si è davanti ad un percorso che mette a dura prova, spesso, tutta la famiglia. Serve pertanto ricorrere a una multidisciplinarietà di approccio. Parlatene ragazzi, e parliamone tutti noi adulti ciascuno secondo il suo ruolo, perché sono proprio la prevenzione e la precocità nell’individuazione del fenomeno a tracciare la strada per una risoluzione positiva ed efficace della malattia.