La domanda che tutti si pongono è: cosa accadrà dopo l’uccisione del capo dell’Ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta a Teheran? Quale sarà la risposta del regime iraniano a Israele? Una domanda legittima legata al timore di un’escalation del conflitto in corso a Gaza che possa portare a un coinvolgimento degli attori regionali in prima persona come l’Iran. Se il raid israeliano al consolato iraniano di Damasco, nel quale ha perso la vita il generale Mohammad Reza Zahedi, ha provocato il lancio da parte dell’Iran su Israele di circa 200 tra missili e droni, il timore è che con il raid della scorsa notte, condotte nel cuore di Teheran, la reazione già promessa dai vertici iraniani possa essere maggiore.

Nel mirino di Israele

Non sono di questa opinione però la maggior parte degli analisti arabi che nella giornata di ieri sono intervenuti sulle principali emittenti pan-arabe del Golfo. Si ricorda infatti che non fu così eclatante la reazione all’uccisione avvenuta a Baghdad il 3 gennaio 2020 di Qasem Suleimani, a capo delle brigate Qods delle Guardie rivoluzionarie, e che in realtà non è la prima volta che il Mossad agisca all’interno del territorio iraniano. I servizi israeliani sono già entrati in azione con l’assassinio di scienziati nucleari iraniani, negli anni intorno al 2010. Per non parlare dell’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, lo scienziato nucleare iraniano ucciso da Israele il 27 novembre 2020, che ha provocato un forte ritardo nello sviluppo del programma nucleare di Teheran. Questa volta Israele ha colpito in territorio iraniano ma mirando in modo specifico a Haniyeh. Che il capo di Hamas fosse nel mirino di Israele era chiaro dal 7 ottobre.

L’obiettivo

Da allora, nel corso del conflitto di Gaza, sono stati uccisi una sessantina tra familiari stretti e parenti alla lontana del leader di Hamas. Solo il 25 giugno scorso 10 persone della famiglia di Haniyeh, compresa sua sorella, sono state uccise in un bombardamento israeliano che ha preso di mira la loro casa nel Beach Camp, a ovest di Gaza. Prima ancora sono stati uccisi alcuni dei suoi figli e nipoti. L’obiettivo quindi era proprio lui e il Mossad ha atteso che lasciasse Doha per andare a Teheran, in occasione del giuramento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian, per entrare in azione. Il missile lanciato sulla caserma delle Guardia rivoluzionarie, unico modo per agire essendo l’aria circondata di guardiani bene armati, è stato molto preciso quasi al metro. Haniyeh era seguito ed intercettato durante la sua permanenza a Teheran e il missile di circa 300 chili è stato guidato a terra da una spia israeliana, secondo la maggior parte degli analisti arabi. Questo perché ha colpito proprio la stanza dove si trovava Haniyeh uccidendo anche la sua guardia del corpo.

La vendetta israeliana

In quell’edificio era presente anche il capo della Jihad islamica palestinese, Ziyad al-Nakhalah, che non è stato coinvolto. A Teheran in questi giorni c’è anche il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah, e i vertici degli Houthi dello Yemen. Eppure Israele ha deciso di puntare proprio al capo di Hamas e di cogliere l’occasione, non potendo per motivi politici ucciderlo nella sua residenza in Qatar. Era possibile capire che la vendetta israeliana per la strage di Majdal Shams, dove 12 ragazzini drusi sono morti per un missile lanciato dal Libano, potesse andare oltre Hezbollah dalle rivendicazioni di quell’attacco. Hezbollah infatti non ha mai rivendicato la responsabilità del missile caduto sul Golan, mentre l’IDF ha più volte sottolineato che si trattasse di un razzo di fabbricazione iraniana. Il missile lanciato nella stanza di Haniyeh pone il nuovo governo iraniano in serie difficoltà. Costretto a rispondere proprio ora che aveva ripreso le relazioni con il suo rivale di sempre, l’Arabia Saudita, e che ha interesse a mantenere aperto un canale di dialogo con l’Occidente. Israele però non vuole l’allargamento del conflitto anche al vicino Libano. Lo prova il fatto che a Beirut ha colpito una persona molto vicina a Nasrallah ma non il leader del partito sciita.

L’intera area chiusa

Fuad Shukr, alias Hajj Mohsin, è il numero due delle milizie. Anche in questo caso per arrivare a lui gli israeliani hanno cercato di sviare la sicurezza del gruppo sciita. Dopo la strage di Majdal-Shams, Israele ha accusato Ali-Muhammad Yehye, comandante dell’area di Chebaa, di essere dietro l’attacco, spingendo il partito di Allah a proteggere Yehye e rendendo vulnerabile Shukr. Israele ha poi annunciato la morte di Shukr prima ancora che Hezbollah rilasciasse una nota, il che è altamente insolito. L’intera area dell’attacco è stata immediatamente chiusa ermeticamente e circondata da Hezbollah e ciò significa che, come accaduto a Teheran, anche nel quartiere di Dahye, roccaforte del gruppo sciita, Israele ha fonti sul campo. Non è un caso inoltre che è stato colpito proprio Shukr che è ricercato anche negli Stati Uniti. Come con il raid sul porto di Hodeidah in Yemen, così come con quello sul deposito di armi a Erbil in Iraq dell’altro ieri usato da Hezbollah iracheno, Israele intende dire all’Iran e ai suoi alleati che se vuole può arrivare a qualsiasi obiettivo.

Massimiliano Boccolini

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