Assoluzione chiesta anche dal pm Fimiani
Cosimo Ferri assolto definitivamente: accompagnò il giudice Franco da Berlusconi
“Sono venuti a mancare i due protagonisti della vicenda e non si rinviene agli atti alcun altro riferimento a persone a conoscenza dei fatti”
È stato definitivamente assolto dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura il giudice Cosimo Ferri, accusato di avere tenuto un “comportamento gravemente scorretto in violazione dei doveri di imparzialità e correttezza” nei confronti dei giudici della Cassazione che nel 2013 avevano confermato la condanna per frode fiscale nei confronti di Silvio Berlusconi. In apertura ieri dell’udienza l’assoluzione è stata chiesta sia dalla Procura generale della Cassazione, rappresentata dal sostituto Pg Pasquale Fimiani, sia dall’avvocato Luigi Panella, difensore di Ferri. “Sono venuti a mancare i due protagonisti della vicenda, Berlusconi e Franco, e non si rinviene agli atti alcun altro riferimento a persone a conoscenza dei fatti, alcuna altra prova dichiarativa che possa essere assunta in questa sede”, ha spiegato il Pg.
“La rivalutazione non può che essere compiuta sulla base degli stessi fatti che la Cassazione ha analizzato. Prendendo atto della decisione della Cassazione e del fatto che non ci sono più gli altri due protagonisti della vicenda né altri spunti investigativi da compiere, si deve concludere con una richiesta di assoluzione per essere rimasto escluso l’addebito”, ha concluso il Pg. Richiesta accolta dal collegio della sezione disciplinare del Csm, presieduto dal vicepresidente Fabio Pinelli.
La vicenda ebbe inizio tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014. Ferri, all’epoca sottosegretario alla Giustizia, aveva accompagnato a casa di Berlusconi il giudice Amedeo Franco, relatore della sentenza della Cassazione, collegio presieduto da Antonio Esposito, che il primo agosto del 2013 aveva rigettato il ricorso proposto contro la sentenza di condanna a quattro anni di reclusione emessa dalla Corte d’appello di Milano nel processo su diritti Tv-Mediaset nei confronti del Cavaliere. Tale pronuncia, per effetto della legge Severino, aveva determinato l’immediata decadenza di Berlusconi da parlamentare.
L’incontro fra Berlusconi e Franco era stato rivelato solo nell’estate del 2020, dopo la pubblicazione di alcuni audio registrati dallo staff dell’ex premier, all’insaputa del giudice, e poi depositati dai suoi avvocati nel ricorso alla Cedu avverso la sentenza. Dopo la pubblicazione di questi audio, in cui Franco manifestava tutto il proprio disappunto per quanto accaduto, parlando di “un plotone d’esecuzione” davanti al quale si sarebbe ritrovato Berlusconi in Cassazione, era stato aperto un procedimento da parte della Procura di Roma. Il fascicolo era quindi stato trasmesso alla Procura generale della Cassazione per valutare la posizione disciplinare del solo Ferri, essendo Franco nel frattempo deceduto.
Per la difesa di Ferri, l’atteggiamento critico di Franco nei confronti della condanna di Berlusconi era noto da tempo, avendone parlato in quel periodo con diverse persone.
E comunque nel libro di Bruno Vespa “Sole, zucchero e caffè”, pubblicato nel 2013, si poteva già leggere che Berlusconi considerava quella sentenza un “assassinio giudiziario”, “un tranquillo colpo di Stato”, nel quale “il relatore, unico componente imparziale del collegio, non condivideva né la sentenza né le motivazioni”. L’anno successivo, durante la trasmissione Porta a Porta, sempre Berlusconi aveva poi sottolineato che “la Cedu avrebbe annullato la sentenza, costruita con precise regie”. A novembre del 2022 Ferri aveva comunque avuto per questi fatti una condanna alla perdita di due anni di anzianità. Condanna poi annullata dalle Sezioni unite civili della Cassazione, allora presiedute da Guido Raimondi, ex presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo.
“Sia la mera partecipazione che la organizzazione di riunioni private costituiscono oggetto di un diritto costituzionale, il cui esercizio non è sindacabile sotto il profilo dello scopo e dell’oggetto della riunione, come si desume dal fatto che la Costituzione lo esclude implicitamente anche per le riunioni in luogo pubblico, per le quali pone limiti soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica”, aveva scritto la Cassazione, rimandando gli atti alla sezione disciplinare per un nuovo giudizio. Ieri, come detto, la definitiva assoluzione.
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