Il caso dell'anarchico
Cospito e la smania di mettere in cella il pensiero
Forse mai prima quanto oggi la pretesa di giustizia si è pericolosamente rivoltata in senso inquisitorio, giungendo addirittura dichiaratamente a tenere in considerazione non i comportamenti illeciti ma la condizione, la presunta essenza morale, le idee stesse delle persone. Il processo di questa perversione è risalente, ed è andato affinandosi nei decenni di legislazione “anti” (anti-mafia, anti-terrorismo, anti-corruzione, anti-immigrazione e via giustiziando), ma oggi trionfa in una trasfigurazione dell’idea di giustizia ormai compiutamente formulata: “sei” anarchico e vuoi l’abbattimento del sistema capitalistico, dunque stai al 41 bis; “sei” mafioso e non denunci amici e parenti, dunque stai al carcere duro.
In forza di questo pregiudizio, a giustificare la pretesa di controllo sociale per via giudiziaria non è la concreta responsabilità nell’estorsione o nell’omicidio, ma la “mafiosità”, magari decretata da incolpazione onomastica, dell’indagato. Identicamente per l’anarchico: a legittimare il tormento carcerario non è la circostanza che egli abbia concretamente dato istruzioni a qualcuno per la commissione di un delitto, ma il fatto che egli ritenga giusto commetterlo. Che è cosa deprecabile, ovviamente, ma non illecita e non perseguibile, tanto meno con il supplizio dell’isolamento.
Questo fronte della giustizia inquisitoria e illiberale è molto partecipato: è costituito dai tantissimi i quali scambiano il dovere di rispettare la legge con l’obbligo di ritenerla giusta e di inchinarsi alla maestà democratica, morale, sacerdotale, scientifica, antifascista, antimafia, insomma al potere, di chi la applica. Con il corollario che la punizione è dovuta non perché la legge è stata violata ma perché il trasgressore non si prostra ad adorarla. Così per il mafioso che non si pente. Così per l’anarchico che non ripudia i propri vagheggiamenti rivoluzionari. Non lo si vede, purtroppo, ma c’è un segno di sopraffazione autoritaria in questo tipo di giustizia. Che a ben guardare è la stessa che porta sul rogo l’eretico, la stessa che impone la mordacchia alla strega, la stessa che estorce la confessione con la corda.
© Riproduzione riservata