Il Dl Carceri, con il discutibile titolo di Carcere Sicuro, è stato approvato a Montecitorio mercoledì sera. Abbiamo chiesto a Enrico Costa (Azione), già viceministro alla Giustizia, un commento.

Nordio e il Dl Carceri. Avremmo preferito «Carcere umano» a «Carcere sicuro»…
«Si, purtroppo a destra si confonde la certezza della pena con la certezza del carcere. Sono il primo a sostenere la certezza della pena: al termine del percorso processuale non può evaporare la sanzione. Ma il carcere molto spesso ottiene l’effetto contrario. Non c’è rieducazione, non c’è formazione, non c’è dignità, al contrario di quanto prevede la Costituzione».

Che giudizio dà del Dl approvato ieri dalla maggioranza?
«Il decreto incide su passaggi marginali. Su profili burocratici. Ci saremmo aspettati francamente molto di più. Anche il Campo largo della sinistra si è opposto, ma questo schieramento è del tutto incoerente. Mai garantisti durante il procedimento. Mai garantisti con chi è in custodia cautelare. Sensibili solo dopo la condanna definitiva. Invece occorre essere lineari con i principi della presunzione di innocenza, della finalità rieducativa della pena, della certezza della pena che è cosa diversa dalla certezza del carcere. Penso che questo decreto non risolverà il sovraffollamento delle carceri. La maggioranza pensa di essere rigorosa perché non fa uscire nessuno dal carcere. È un errore. Lo Stato rigoroso deve lavorare perché chi commette un reato non ricada nella recidiva: quella sarebbe un risultato da Paese civile».

Il suo ordine del giorno sui «colletti bianchi» ha fatto molto discutere.
«Non è affatto sui colletti bianchi! Recupera la mia pdl del 2022, parte dal principio che l’esigenza cautelare della reiterazione del reato è prognostica e molto soggettiva, nella sua valutazione e favorisce gli abusi. Penso vadano messi dei paletti normativi. Come si fa a pronosticare – su un soggetto incensurato, che non ha mai commesso reati – che ripeta una condotta per cui è presunto innocente?».

Chiaro. E quindi come interverrebbe?
«Si devono poter applicare misure cautelari diverse per i reati di minor allarme sociale. Deve esserci un bilanciamento. C’è già stato un referendum su questo tema, che purtroppo non ha raggiunto il quorum. Abbiamo un gigantesco abuso della custodia cautelare che rappresenta il 25% delle detenzioni nel nostro Paese. Io ho posto questa questione con un ordine del giorno. Mi stupisce che una parte dell’opposizione non lo abbia votato, forse perché più attenta a cavalcare le scorciatoie giudiziarie che i principi garantisti: parlano di applicazione al caso Toti, ma io avevo presentato la pdl due anni fa».

L’Abuso d’ufficio che fine ha fatto? Anche Crosetto ha rilanciato il tweet in cui lo chiedeva. Mattarella sarebbe restio a firmare?
«Nessuno ha fatto critiche o osservazioni. Mi sono posto la stessa domanda che fa lei. In occasione di un provvedimento che fa rientrare dalla finestra un pezzo dell’abuso d’ufficio, sono andato a contare i giorni che sono trascorsi dalla sua votazione in Parlamento. Erano 28 ieri. Se arriverà la promulgazione a questo punto magari arriverà dopo la conversione del decreto».

Sulla riforma della giustizia a settembre riprende l’esame della separazione delle carriere?
«Sì, riprende a settembre. Prima di novembre non passa alla Camera, se va bene. Poi deve andare in Senato, in primavera 2025. Poi torna alla Camera, autunno 2025. Poi deve tornare al Senato, inizio 2026. Sempre se va tutto bene e non cambia neanche una virgola… Tra la data di approvazione definitiva di un provvedimento e il referendum, si arriva al 2027. Quand’anche il referendum avesse esito favorevole, è previsto un anno per l’adeguamento normativo. Il prossimo Csm sarà identico a quello attuale. Non vedremo per molto tempo nascere i due Csm distinti come prevede la riforma».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.