Davanti al Covid, la Campania e il resto d’Italia non hanno saputo fare altro che chiudere. Lockdown generalizzati, zone rosse e limitazioni dei servizi dimostrano come i pubblici amministratori di casa nostra abbiano preferito subire il virus anziché tentare di conviverci. Questa scelta ha un prezzo enorme, non solo in termini di ricchezza e occupazione ma anche per quanto riguarda il futuro dei ragazzi.

Per molti si tratta di una questione trascurabile, ma il danno provocato ai giovani dalla didattica a distanza e dallo stop alle lezioni in presenza è difficilmente quantificabile. Di sicuro rischia di avere conseguenze più devastanti in Campania. E questo per almeno tre motivi.

Il primo? La nostra è la regione col più alto livello di abbandono scolastico. Secondo dati Istat elaborati da Openpolis, nel 2017 addirittura il 19% degli iscritti ha rinunciato agli studi. Si tratta del terzo dato più alto in Italia dopo quelli fatti segnare da Sardegna e Sicilia. Il quadro diventa ancora più a tinte fosche se si pensa che la media nazionale è scesa dal 19 al 14% e che, nell’area metropolitana di Napoli, il 22% dei giovani tra 18 e 24 anni è in possesso della sola licenza media. Tanto basterebbe a comprendere quanto la chiusura a oltranza delle scuole rischi di aggravare il livello di abbandono scolastico e di povertà educativa con tutte le conseguenze in termini di occupazione, produzione di ricchezza e tenuta sociale.

Seconda motivazione: come la scrittrice Viola Ardone ha opportunamente sottolineato in un’intervista rilasciata al Mattino, la Campania è la regione che da più tempo nega la scuola ai ragazzi. Certo, c’è una pandemia in atto e la concentrazione di persone in ambienti spesso angusti rischia di far schizzare la curva del contagio. Ma il risultato è che molti, troppi giovani si riversano in strada o continuano a vivere in una bolla fatta di videogiochi e telefonini.

Terza motivazione: la rapina ai danni del rider Gianni Lanciato, messa a segno da una banda della quale facevano parte alcuni minorenni, sottolinea la necessità di offrire ai ragazzi prospettive diverse da quelle della vita di strada.

In questo contesto, continuare ad arretrare davanti al Covid tenendo chiuse le scuole e nascondendosi dietro la didattica a distanza, significa pregiudicare il percorso di crescita di bambini e adolescenti. Ragion per cui occorre una strategia alternativa. In Puglia, il governatore Emiliano ha di fatto lasciato alle famiglie la possibilità di chiedere ai dirigenti scolastici l’ok per la didattica in presenza.

Si parla di didattica integrata, può essere un punto di partenza. Certo è che l’anno scolastico è ormai andato ed è ora che Governo e Regione si attivino per consentire ai ragazzi di recuperare almeno una parte del tempo perduto e di tornare in aula a settembre in maniera sicura e senza continui stop. Il che significa organizzare doppi turni di lezioni e rimodulare il sistema del trasporto locale permettendo ai vettori privati, attualmente fermi a causa del blocco del turismo, di affiancare le società pubbliche. Oppure prevedere campi estivi in cui i ragazzi possano riprendere il proprio percorso formativo in modo diverso, magari visitando siti culturali o seguendo le lezioni all’aperto. Insomma, serve un cambio di strategia per evitare che il virus uccida pure il futuro della comunità.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.