L'impennata di contagi
Covid in cella, non c’è pace per i reclusi del reparto Nilo
Dal reparto Nilo al reparto Danubio è un po’ come passare dalla padella alla brace. Dicono che il Danubio sia uno dei reparti strutturalmente messi peggio, che lì faccia più freddo che altrove. E sono ormai più di sessanta i detenuti trasferiti dal Nilo al Danubio perché positivi al Covid. Carcere di Santa Maria Capua Vetere: i sindacati della polizia penitenziaria tornano a insistere sulla necessità di rendere obbligatorio il vaccino per la popolazione detenuta, e i garanti tornano a sensibilizzare governo e istituzioni sul dramma che si sta consumando dietro le sbarre, evidenziando carenze e problemi irrisolti.
Insomma, i riflettori restano puntati sul carcere sammaritano. E appare come una triste coincidenza il fatto che il focolaio Covid si sia sviluppato proprio nel reparto Nilo, cioè proprio nel padiglione dove il 6 aprile 2020 avvenne la “terribile mattanza” con il pestaggio dei detenuti ad opera di squadre di agenti della polizia penitenziaria. Domani avrà inizio l’udienza preliminare per i 108 fra agenti e funzionari finiti sotto accusa per quella violenta spedizione punitiva all’interno del reparto Nilo, e intanto nelle celle si prova a fronteggiare la nuova emergenza, quella dei detenuti contagiati. Senza dimenticare che quello di Santa Maria è il carcere dove ancora non è stata completata la rete idrica in grado di fornire acqua potabile e calda.
«Questo virus è insidioso per noi che siamo liberi, figuriamoci per i reclusi. Abbiamo ascoltato belle frasi dal governo, dalla ministra della Giustizia Cartabia, ma credo sia giunto il momento di mettere in campo ristori per i detenuti. Propongo di assicurare un giorno di libertà per ogni giorno di positività al Covid per ciascuno dei detenuti. E propongo un risarcimento anche per gli agenti penitenziari che svolgono un lavoro a rischio”, afferma il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello. «Ritengo paradossale – aggiunge, replicando alle richieste die sindacati di polizia penitenziaria – che in queste ore alcune associazioni facciano appelli a me e in generale a tutti i garanti per introdurre un obbligo vaccinale per i detenuti. Mi sembra eccessivo. Quando dicemmo che dopo le Rsa e le Rems bisognava portare il vaccino nelle carceri ci fu una levata di scudi da parte di un cospicuo numero di esponenti politici».
Quello delle vaccinazioni resta tuttavia uno dei problemi da affrontare. Secondo la garante di Caserta, Emanuela Belcuore, la situazione peggiora di giorno in giorno e tra i detenuti positivi al Covid c’è anche un detenuto con l’Hiv. «Mi chiedo – sottolinea la garante – cosa si sta aspettando ad adottare misure per sfollare il carcere?». Inoltre, un detenuto su tre non sarebbe vaccinato e ci sarebbe carenza di operatori sanitari per somministrare i vaccini ai detenuti. «Bisognerebbe organizzare una giornata con il camper dell’Asl – propone Belcuore – per proseguire con il piano vaccinale all’interno del carcere. Sono molto pochi i detenuti che non vogliono vaccinarsi».
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