"Ecco a voi il mafioso Casari": assolto
Cpl Concordia, lo scandalo più grande del secolo (che non lo era) della premiata ditta Woodcock & Maresca
Roberto Casari, alla guida di Cpl Concordia dal 1976 al 2014, è da circa sei anni al centro di un corto-circuito giudiziario, mediatico, politico perché coinvolto in varie inchieste che portano la firma, tra gli altri, di Henry Woodcock e Catello Maresca. Il 27 luglio la Corte di Appello di Napoli ha pubblicato le motivazioni con cui lo ha assolto definitivamente dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: dopo l’ennesima assoluzione sceglie di parlare con il Riformista, perché più pesante era l’accusa, più feroce è stato il processo mediatico; crocifisso sulle prime pagine durante le indagini e la carcerazione, dimenticato quando assolto. Il contesto in cui si sono svolti i fatti è quello della modenese Cpl Concordia, colosso industriale dell’energia con un fatturato di 310 milioni, una delle maggiori cooperative aderenti a Legacoop. Negli anni Ottanta Casari decise di interessarsi al Mezzogiorno e al suo bisogno di infrastrutture. Arriviamo nel 2014 quando, da alcune intercettazioni dell’inchiesta su Alfonso Papa – ex magistrato ed ex deputato Pdl prosciolto per prescrizione nell’inchiesta sulla P4 – i pm Woodcock, Carrano e Loreto, con il supporto del capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, puntano i riflettori su Casari, facendo emergere a loro dire uno dei più grandi scandali corruttivi d’Italia: tangenti e favori per la metanizzazione di Ischia.
Il dem Giosi Ferrandino, primo cittadino dell’isola, viene arrestato per corruzione. A corromperlo sarebbe stato proprio Casari, che viene arrestato e trascorre 36 giorni a Poggioreale e poi altri 20 nel carcere di Modena, prima di andare ai domiciliari in Trentino. Mentre il presunto corrotto è stato assolto, dopo essersi fatto anche 22 giorni di carcere, la posizione di Casari è da definire. Il processo è stato spostato a Modena, come deciso dal Tribunale del Riesame di Napoli: in primo grado condannato per corruzione e reati fiscali, e assolto per l’accusa di associazione per delinquere. Invece è giunta l’archiviazione per lo stesso fatto ma riguardante la metanizzazione dell’isola di Procida. L’inchiesta ha sfiorato da lontano, non da indagato, anche Massimo D’Alema: Casari era amministratore unico della società immobiliare della Concordia, che gestiva tra l’altro un albergo con ristorante, per cui si acquistano circa 20mila bottiglie all’anno e in varie cantine, con prevalenza di Lambrusco, ma in quei giorni sembrava ci fosse solo il vino di D’Alema. In altri procedimenti, è stato assolto dall’accusa di corruzione di un agente dei servizi segreti e un procedimento per truffa è stato archiviato.
Poi il pool di Catello Maresca e Maurizio Giordano accusa Casari di concorso esterno in associazione mafiosa per aver stretto rapporti con i casalesi nel periodo in cui si procedette alla metanizzazione dell’agro aversano. Le accuse arrivano dal pentito Antonio Iovine. “Un plotone di giornalisti non ha esitato a evidenziare i fatti gravi di cui si sarebbe resa responsabile la cosiddetta cooperativa rossa – racconta Casari al Riformista – dimostrando grande interesse per settimane, con notizie riprese poi da tutti i giornali nazionali. Io intanto ero in carcere e pensavo che le indagini avrebbero subito accertato che avevamo agito con correttezza, senza mai scendere a patti con la camorra, tanto più che la metanizzazione dell’agro-aversano ci era stata sollecitata dal segretario della Commissione Parlamentare Antimafia, Diana”.
Casari si fa altri 17 giorni nel carcere di Trento e poi ancora domiciliari in Trentino, fino a che la Cassazione annulla la misura cautelare e il Tribunale del riesame la revoca definitivamente.
In questa inchiesta furono pubblicate dal Fatto Quotidiano anche le intercettazioni di nessuna rilevanza penale tra Matteo Renzi e il comandante della Guardia di Finanza Matteo Adinolfi, in cui l’attuale leader di IV esprimeva giudizi poco piacevoli su Enrico Letta. Ciò era stato possibile perché era stata depositata una informativa Noe non omissata, a differenza di quanto accaduto nel procedimento di Ischia. Adinolfi, accusato di corruzione per uno scambio di persona, fu comunque intercettato per diverso tempo e poi la sua posizione archiviata.
Ora sia il Tribunale di Napoli Nord sia la Corte di Appello di Napoli hanno dato ragione a Casari e ai suoi avvocati, Luigi Chiappero e Luigi Sena, in quanto hanno rilevato la completa estraneità di Cpl Concordia a rapporti con la criminalità organizzata dei casalesi. Stessa sentenza per altri due della Cpl: il direttore generale Giuseppe Cinquanta e l’ingegnere Giulio Lancia. Per una doppia conforme di assoluzione la Procura ha deciso di non ricorrere in Cassazione.
Ma intanto per anni Casari è stato additato come uomo vicino ai mafiosi e contro di lui hanno puntato il dito diverse realtà antimafia: “Libera e la Commissione antimafia della Bindi sposarono immediatamente le tesi dell’accusa fondate principalmente sulle parole di un camorrista che si diceva pentito: lui reduce già da diversi ergastoli, io persona incensurata, alla guida di una società centenaria con milioni di euro di fatturato e 1800 famiglie che si sentivano appellate come camorriste nel loro lavorare quotidiano. Questa è una colpa del nostro sistema giudiziario che non posso digerire”. Per l’avvocato Luigi Sena “questi processi non colpiscono solo le persone ma anche le aziende provocando pesanti conseguenze di cui poi non ci si ricorda quando arriva l’assoluzione. Per la semplice contestazione del reato associativo a Casari, Cpl Concordia è stata esclusa dalla white-list, ossia quell’elenco di aziende virtuose che possono contrattare con la pubblica amministrazione. Purtroppo non si attende l’esito dei processi, spesso troppo lunghi.
A ciò si lega anche lo stigma sociale: più grave è l’accusa più grande è il giudizio popolare senza che nessuno conosca gli atti. Questo è il vero problema della spettacolarizzazione della giustizia in Italia”. Di tutto questo tempo nelle aule di tribunale ma anche in carcere a Casari rimane “la consapevolezza che anche in un contesto come quello carcerario esistono forme di rispetto e solidarietà che non conoscevo e a volte penso, come diceva Amadeo Peter Giannini, che se tra i banchieri ci fosse il dieci per cento di solidarietà che esiste tra i carcerati e le prostitute il mondo sarebbe migliore”.
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