L’emergenza immigrazione rischia di mandare in tilt l’intero sistema Paese. A pesare sulla situazione che si sta creando in Italia è il combinato disposto tra nodi interni e ostacoli dall’estero che complicano ulteriormente un quadro già di per sé intricato. Le sfumature tra i partiti di maggioranza, i dubbi sull’efficacia dei provvedimenti adottati, i bastoni tra le ruote da parte di Francia e Germania, il tergiversare dell’Unione europea. Il risultato? Un caos generale che rende via via più fitta la nebbia.

Il Consiglio dei ministri che si è riunito lunedì ha approvato alcune modifiche al decreto legge per il rafforzamento economico del Mezzogiorno, prevedendo anche diverse integrazioni riguardo le norme relative al contrasto all’immigrazione illegale. Tra le novità principali spicca l’innalzamento a 18 mesi del limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio degli stranieri non richiedenti asilo.

Tuttavia, restando in attesa del reale impatto, sorge spontanea una domanda: in tal modo si riuscirà ad aumentare il numero dei rimpatri o si avrà un effetto intasamento del sistema? L’interrogativo è lecito al di là del credo politico, visto che non vi è alcun automatismo tra il prolungamento del «trattenimento» e l’aumento dei rimpatri.

Comunque su questo punto Matteo Piantedosi ha affermato che la norma sui Cpr «è contenuta all’interno di una cornice europea che prevede la possibilità del trattenimento fino a 18 mesi».

L’esecutivo di centrodestra ha previsto pure un piano per la costruzione – da parte del Genio militare, probabilmente pronto nel giro di un paio di mesi – di ulteriori Centri per il rimpatrio da realizzare «in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili». Una mossa che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe contribuire a rafforzare la capacità dello Stato nell’espulsione.

«È una cosa che ci chiede l’Europa. È fortemente previsto dalle normative ed è stata sempre una delle raccomandazioni che l’Europa ha fatto all’Italia», ha affermato Piantedosi. Si tratta però di un fronte su cui si registra il gelo di alcuni sindaci e governatori di Regioni. Ad avanzare dubbi è Stefano Bonaccini, che ha imputato al governo la colpa di non avere un piano sulla gestione dei migranti. Dura la presa di posizione di Eugenio Giani, il quale ha fatto sapere che non darà l’ok a nessun Centro di detenzione permanente in Toscana.

E il blocco navale? Per Piantedosi potrebbe rientrare nell’agenda se si completasse la missione Sophia che – ha rimarcato il titolare del Viminale – «fermandosi a degli step intermedi fece da pull factor, ebbe solo l’esito di portare qui 44mila migranti in più raccolti dalle nostre navi militari». La terza fase riguardava la possibilità di dispositivi congiunti per la restituzione delle persone che partono e questo, per il ministro dell’Interno, «sarebbe la piena realizzazione del blocco navale».

A tutto ciò si aggiungono le grane dall’estero. Dalla Francia arrivano voci non ufficiali, ancora tutte da confermare, tra maggiori controlli della gendarmeria e vigilanza incrementata sui treni. E addirittura nella mattinata di ieri l’Ansa ha dato conto della presenza di un elicottero francese che avrebbe sorvolato la zona compresa tra il confine di Ponte San Ludovico e quello a monte, di San Luigi, a Ventimiglia. Il monitoraggio dall’alto era finalizzato al controllo di eventuali spostamenti di migranti o aveva altri scopi? Restano però incise le parole pronunciate da Gérald Darmanin: il ministro dell’Interno francese ha annunciato che Parigi non accoglierà parte dei migranti arrivati recentemente a Lampedusa. E la Germania? Darà seguito alle procedure di accoglienza o ricorrerà allo stop?