Quota 161 sembrava la vetta dell’Everest, ma ora anche la semplice maggioranza numerica potrebbe essere un miraggio. Dopo tre giorni di trattative l’Udc si sfila e fa traballare l’operazione Responsabili, mandando in crisi chi, tra palazzo Chigi e dintorni, si sentiva ragionevolmente certo di averla vinta in Senato.

“Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel Centrodestra”, tuona di buon mattino una nota dei centristi, “i nostri valori non sono in vendita”. Non basta: l’operazione Maie-Italia23 non dà i frutti sperati, il pontiere Clemente Mastella viene sbugiardato su Twitter da Carlo Calenda che racconta di esser stato contattato e di aver respinto l’offerta. Ne viene fuori un disastro, una zuffa social al termine della quale il sindaco di Benevento si chiama fuori: “io tentavo di mettere mattoni, altri di toglierli, e quindi se la vedessero loro. Vedrete che sarà un Conte ter con un rimpasto e un rientro di Italia Viva”.

I renziani si fregano le mani: le sirene del Pd non spaccano il gruppo e a lasciare per rientrare in casa Dem è solo il deputato Vito De Filippo. “Al Senato i 18 senatori saranno decisivi visto che la maggioranza al momento e tra 150 e 152. Non rispondiamo alle provocazioni e lavoriamo sui contenuti”, esorta il senatore fiorentino parlando ai suoi: torneranno a riunirsi domani per decidere cosa fare perché a questo punto, sogghigna qualcuno, l’astensione in aula è solo una delle opzioni in campo. E’ una giornata fatta più delle altre di tattiche e messaggi sottobanco.

Matteo Renzi per la prima volta da giorni non pubblica nulla sui social né interviene sui media, Giuseppe Conte è barricato nel suo ufficio a palazzo Chigi a lavorare al suo discorso alle Camere, che proverà a lanciare un patto di legislatura, un programma con un timing preciso da offrire a chi voglia supportare il governo di qui al 2023.

Del leader di Italia Viva non vuole sentire parlare, troppe le offese nei suoi confronti nella conferenza stampa di mercoledì – le ha appuntate tutte, come spesso fa quando ascolta un interlocutore, e a qualcuna risponderà direttamente in aula – ma con il traballare dell’operazione costruttori gli alleati gli chiedono di non escludere questa ipotesi. “Assoluta compattezza del Movimento 5 Stelle attorno al presidente Conte”, trapela dall’assemblea pentastellata che esclude qualunque riavvicinamento con Iv.

Ma con LaPresse si sfoga un parlamentare pentastellato di alto rango: “Basta con questi presunti ‘Responsabili’, che non esistono”, “la via maestra è una: trovare un modo per ricurire lo strappo con Italia Viva, serve un vero governo politico con più carattere. Non si può andare avanti a queste condizioni”, aggiunge, sottolineando di non essere il solo a pensarla così nel movimento. In ogni caso, viene fatto notare, Renzi non tornerà mai al tavolo senza le dimissioni del premier che aprirebbero ufficialmente la crisi e la strada per un Conte ter.

Ma a questo punto, è il ragionamento a palazzo Chigi, come ci si può fidare che poi il leader di Iv con un nuovo cambio di rotta non tenti di sostituire il premier? Tra le ipotesi c’è anche quella che l’avvocato salga al Colle per dimettersi dopo il discorso alla Camera e prima del voto di fiducia: ma anche questa opzione ‘rischiatutto’ è praticabile solo con una sicurezza sui numeri che ora non c’è. Nel mezzo sta il Pd, che continua a fare la parte del vecchio saggio: “Con l’apertura della crisi da parte di Italia Viva si stanno determinando condizioni sempre più difficili per garantire un governo adeguato al Paese in una situazione di emergenza, rischiando di aprire scenari imprevedibili”, accusa invitando ad andare nelle sedi parlamentari “dove tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità per salvaguardare gli interessi del Paese”. E il capogruppo a palazzo Madama Andrea Marcucci tira le somme: “Quali sono le opzioni in campo? Gli racconto la mia: una maggioranza politica coesa da un programma definito e magari allargata con il voto di singole personalità. Il Pd non ha smesso di chiedere con forza un patto di legislatura”. (Lapresse)

 

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