Nascondere che il gruppo Stellantis stia attraversando un periodo di profonda crisi è solo un esercizio di fantasia. I numeri sono implacabili e restituiscono in tutta la drammaticità il declino dell’ex Fiat.
Basti pensare che nel 2024, secondo quanto emerge da un rapporto Fim Cisl, il gruppo produrrà 300mila auto e quasi 500mila veicoli commerciali. Un taglio netto di produzione degli stabilimenti italiani pari al 31,7 per cento solo nei primi nove mesi dell’anno. Per capire bene di cosa parliamo, bisogna ricordare che nel 2023 sono state realizzate nel Belpaese 751mila automobili.
Secondo molti analisti, poi, l’obiettivo di produrre un milione di auto in Italia entro il 2030 si allontana sempre di più.

Stabilimenti, una debacle senza precedenti

La mappa degli stabilimenti italiani di Stellantis rispecchia la situazione in maniera ancora più cristallina.
A Torino si registra un meno 68,4 per cento di auto prodotte. Il numero che impressiona di più sono le 220 Maserati prodotte a Modena in nove mesi, senza contare Melfi dove la crisi è ancora più evidente con un meno 61,9 per cento. Non cambia la musica a Cassino: meno 47,6 per cento.
Nel rapporto Cisl, infine, emerge come nei primi sei mesi dell’anno in corso si registrano già 45 giornate di stop produttivo.
Una debacle senza precedenti. Forse bisogna tornare all’inizio degli anni Novanta per trovare numeri non simili ma che certificano un andamento cosi drammatico.

Crisi, oggi la Fiat vende molto meno

Cercare di capire da dove derivi la crisi di Stellantis non è facile. Anche perché con Sergio Marchionne, anche se si parla di un’era economica totalmente diversa, il gruppo era diventato tra i più grandi al mondo e capace di salvare l’americana Chrysler dal fallimento.
Ora la musica è diversa. Anche perché il musicista è cambiato. Con l’avvento di Carlos Tavares, dopo la fusione tra Fca Auto e Peugeot, le priorità del gruppo sono totalmente diverse e l’Italia non è più il centro della vita di quella che fu la principale industria locale. Sono lontani i tempi in cui Fiat sosteneva la crescita del Paese con l’apertura di stabilimenti ovunque e con la capacità di vendere grazie al design e alle motorizzazioni economiche e affidabili.
Oggi Fiat non vende. O vende molto meno. Il mercato italiano è crollato di quasi il 34 per cento e il gruppo ha fermato la produzione della 500 elettrica. Ciò ha mandato in fibrillazione la Borsa tanto che lunedi 30 settembre, l’ex gruppo torinese ha lasciato sul terreno il 14,7 per cento.

La situazione: i motivi della crisi

Eppure non è lontano il 2020 quando Stellantis registrava ancora un netto dominio nel mercato italiano immatricolando quasi il 39 per cento di auto vendute. Dopo appena quattro anni la percentuale è scesa a circa il 30 per cento: nove punti in meno. I motivi della crisi sono diversi. Anzitutto quando parliamo di Stellantis ci riferiamo ad una galassia di marchi che va da Fiat a Jeep; da Citroen a Ds e Abarth. Molti di questi marchi non hanno migliorato o implementato la propria gamma. Dopo la pandemia da Covid, i prezzi delle auto sono saliti vertiginosamente per tantissimi motivi, fino a arrivare ad un più 35 per cento.
La clientela italiana si è sempre più rivolta a segmenti economici. E in questo segmento Fiat conta solo sulla Panda e la Tipo. Poca scelta che non sempre trova il gradimento dei consumatori. Ancora, la fine del Diesel sulle utilitarie ha reso meno attraente e più costoso il listino di Stellantis. Il mercato, si sa, non accetta vuoti. Ecco dunque che marchi più economici si sono inseriti in Italia e hanno trovato il successo.

La strategia è abbandonare Italia?

C’è poi il padre di tutti i motivi. Nonostante Tavares predichi ottimismo, il gruppo di John Elkan ancora non ha agganciato la svolta dell’elettrico. Mancano modelli full electric e, allo stesso tempo, quelli ibridi non vengono scelti dagli automobilisti i quali puntano sui modelli giapponesi e cinesi. La speranza di Fiat è Leap Motor, industria cinese di auto elettriche a basso costo. Toccherà a questo marchio rilanciare Stellantis. Sempre che Tavares, o il suo successore, riusciranno a convincere gli italiani: tra i più scettici rispetto alla svolta green e in attesa di modelli economici che siano anche più efficienti. Per ora non ci resta che registrare le parole pronunciate ieri da Tavares: “Un momento di crisi non mette in discussione la strategia”. Forse la strategia è abbandonare definitivamente l’Italia?

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