Il leghista Fontana nuovo presidente della Camera
Crisi tra Meloni e Berlusconi, ne approfitta Salvini: un fedelissimo e il pieno di ministeri
Il centrodestra che giovedì sembrava scricchiolare su La Russa ha ritrovato ieri su Lorenzo Fontana, il leghista ultracattolico neoeletto presidente della Camera, la sua unità. La tensione è salita alle stelle, con la protesta delle opposizioni, allarmate soprattutto per le acuminate posizioni di Fontana – paladino della “famiglia tradizionale” – sui temi dei diritti civili e per i toni concilianti su Putin: la Lega aveva fatto balenare i nomi di Calderoli e di Molinari, pare che sia stata la stessa Giorgia Meloni a esprimere il suo favore verso l’ex ministro della Famiglia del governo gialloverde.
In aula è comparso uno striscione che contestava al neopresidente di Montecitorio i tratti omofobici e irrispettosi delle diversità. Prima volta nella storia che a Montecitorio si respira, al primo giorno ‘di scuola’, un’aria tanto tesa. Tanto che quando è arrivato il momento del rituale brindisi inaugurale, con Fontana che stappa la bottiglia, i gruppi del Pd e del M5s si sono ritirati in un improvvisato Aventino, non partecipando al rito. Fratelli d’Italia e Lega blindano così una intesa a due, un asse d’acciaio che mette Forza Italia un passo indietro. «Possiamo anche dire che quello di ieri è stato un inciampo sul primo gradino, ma in realtà anche dire che era frutto di un assestamento che il giorno dopo è andato a posto. Tutto bene ciò che finisce bene. Il fine settimana porterà consiglio e calma», ha sentenziato per FdI, Guido Crosetto.
Sul piede di guerra le opposizioni: come risposta all’elezione del leghista Fontana sullo scranno più alto di Montecitorio, nel Pd spunta l’ipotesi di schierare alla vicepresidenza un profilo diametralmente contrapposto a quello dell’ultraconservatore veneto: Alessandro Zan, deputato Pd autore della tentata legge, che potrebbe essere messo dal Nazareno sul collo di Fontana come suo vice. Zan era partito in mattinata con l’elmetto di Twitter calato: «La destra vuole eleggere un Presidente della Camera amico di Putin, contro i diritti delle donne, omofobo. Lo scivolamento verso Orban inizia affidando il Parlamento a due figure divisive e reazionarie. L’ossessione della destra contro i diritti emerge già nei primi due giorni».
Quanto al Senato, dove uno dei vicepresidenti potrebbe diventare Dario Franceschini, l’ex ministro della Cultura ricorre alla celebre aria di Gioacchino Rossini del barbiere di Siviglia, “la calunnia è un venticello” per rispondere indirettamente a Matteo Renzi che lo ha accusato di essere il regista dell’operazione che in Senato ha dirottato almeno 17 voti delle opposizioni su La Russa. Renzi guarda oltre, in una giornata che lo ha visto co-protagonista a Roma, insieme a Carlo Calenda, del congresso del Partito Democratico Europeo, associazione politica tra i pilastri del gruppo di Renew Europe al Parlamento Europeo. «Daremo vita a un percorso che porterà Azione e Italia Viva a lavorare insieme per la nascita di un partito riformista, con l’obiettivo di farne il primo partito italiano», hanno detto all’unisono i due leader.
Sandro Gozi è ottimista: «Siamo noi la vera alternativa democratica, repubblicana, europeista all’estrema destra e ad una sinistra sempre più populista. Sono convinto che alle elezioni europee del 2024 raddoppieremo i consensi conquistati quest’anno». Gli sguardi degli osservatori sono tutti dedicati alla squadra del futuro governo. Occhio però al calendario: oggi è 15, in Parlamento tutti i nuovi incarichi devono essere definiti entro mercoledì. Solo giovedì 20 il Presidente della Repubblica potrà convocare Giorgia Meloni per affidarle l’incarico, avviando le consultazioni il 21. Tutti i nomi che vengono fatti anzitempo rischiano di essere bruciati, e per qualcuno si fanno circolare di proposito bozze artefatte.
Di certo, mentre Berlusconi e La Russa cercano di chiarire la natura dell’imbarazzante appunto del Cavaliere su Meloni “arrogante e presuntuosa”, dal Totoministri esce definitivamente il nome di Licia Ronzulli mentre si rafforza il peso leghista: al ministero dell’Economia tappeto rosso per il numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti. Salvini avrebbe Infrastrutture e Trasporti, Centinaio il Turismo o l’Agricoltura, Calderoli le Riforme, la Famiglia andrebbe a Simona Baldassarre. Per gli azzurri, agli Esteri andrebbe Tajani, all’Istruzione la Bernini, alla Giustizia l’ex presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati. E alla Cultura, il giornalista Alberto Barachini. Fdi terrebbe la Difesa con Adolfo Urso, con Crosetto al Mise. I tecnici per ora arruolati, ma da confermare, vanno da Bertolaso (alla Sanità) al prefetto Piantedosi (agli Interni), da Marina Calderone (al Lavoro) a Letizia Moratti (all’Università).
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