L'intervista all'autrice
Cristina Dell’Acqua e ‘La formula di Socrate’: “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”
Docente, scrittrice, classicista. Cristina Dell’Acqua nel suo ultimo saggio La formula di Socrate, conosci te stesso e diventa chi sei, conduce in un viaggio nel mondo greco per imparare a sentire le cose della vita socratica-mente
Cristina Dell’Acqua è una docente, una scrittrice, una classicista. Una studiosa che attraverso il mondo classico riesce a darci una chiave di lettura alle difficoltà del vivere moderno così frenetico e diverso ma non per questo irrecuperabile. Nel suo ultimo saggio “La formula di Socrate, conosci te stesso e diventa chi sei” ci conduce in un viaggio nel mondo greco per imparare come dice lei a sentire le cose della vita socratica-mente. Grazie al pensiero di Socrate riscopriamo noi stessi.
Come può aiutarci il pensiero socratico?
Socrate è un maestro anche se lui non si definiva tale, il maestro osserva ma non giudica e non ti prevarica. La sua arte chiamata maieutica non è altro che arte dell’ostetricia. Si racconta che sua mamma fosse un’ostetrica e così come lei aiutava le donne a fare nascere i bambini lui aiutava le persone a far nascere sé stesse.
Non è così facile.
Certo che no, ma dobbiamo essere consapevoli che ognuno di noi ha dentro di sé il daimon di cui parla Platone, nasciamo con il daimon ma al momento della nascita lo dimentichiamo, questa è per il mondo classico la scommessa delle nostre vite, lavorare in modo da ritrovarlo.
In che modo?
Prima di tutto attraverso gli altri, sperimentando e sbagliando e un po’ anche per sottrazione, avendo le idee chiare su cosa non siamo è più facile capire la nostra vera natura.
Poi c’è l’altro aspetto meraviglioso e necessario: l’amore in tutte le sue forme, quello terreno e quello spirituale.
Pensare come Socrate vuol dire vivere nella ricerca, lui sa di non sapere, per lui una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta, la curiosità è alla base di tutto, anche del rispetto per l’altro.
Sia Socrate che Platone riflettono molto sull’amore, perché questo sentimento è sempre così al centro del pensiero umano?
Riflettere sull’amore è importantissimo per conoscerci. Nel Simposio Platone fa raccontare a Socrate la nascita di Eros, che nasce dall’unione tra povertà ed espediente, da qui deriva la sua complessità, perché essendo figlio di povertà ha dentro di sé questo senso di tensione, di desiderio ma l’altro genitore è l’espediente, da qui il coraggio che ti trasmette l’amore, il coraggio di lottare per ottenere ciò che desideri.
Poi c’è il tema del mondo femminile, nel mondo classico ci sono tante figure di donne che rompono gli stereotipi del tempo e non solo.
Il mondo classico guarda alla donna con l’occhio dell’uomo e ne affronta a mio avviso tutte le varie sfaccettature. Penso ad Omero e alle donne dell’Odissea, ognuna a suo modo è funzionale al viaggio di Ulisse. Donne come Nausica, Circe, Calipso e Penelope, sono donne che scelgono, non sono donne reali ma non lo sono in assoluto. Colpisce come l’occhio omerico colga in ognuna un aspetto del femminile, le definirei un’enciclopedia del femminile ancora oggi valida, in ognuna colgo un aspetto moderno. Nausica è la donna giovane ancora sognatrice, Calipso la donna manipolatrice, Circe è la maga che contribuisce molto alla libertà grazie alla quale Ulisse torna ad Itaca e poi Penelope, che riletta con gli occhi della maturità è sicuramente una figlia del suo tempo ma con un’autonomia, una forza e un’intelligenza strategica che non la rende in alcun modo seconda a Ulisse. Diversi aspetti del femminile con cui come donne prima di tutto dovremmo far pace, con la consapevolezza che funzioniamo quando non ne nascondiamo nessuno, quando non cerchiamo di assomigliare agli uomini soprattutto in ruoli di potere.
Un aspetto non scontato.
No, oggi ci sono donne di grande successo, non solo per quote rosa ma per il loro valore. Donne che riescono a mettere in luce la fatica di unire il ruolo di donna nella famiglia e nella società con quello di potere acquisito con il lavoro. Una donna di successo è prima una donna, poi ricopre il suo ruolo, un uomo spesso è prima il suo ruolo e poi uomo di famiglia. Come donne dobbiamo rispettare ciò che siamo, consapevoli che il femminile porti il suo modo di essere e la sua visione anche nelle posizioni di potere. Mi ha colpito Giorgia Meloni capace di rivendicare il suo ruolo di madre unito a quello di Presidente del Consiglio portando spesso con sé sua figlia o ricordando di dover tornare a casa da lei perché mamma. Ecco nessuna dovrebbe dimenticare che si tratta di un valore aggiunto, non di una marcia in meno.
La conflittualità tra uomini e donne è sempre esistita? Ha radici antiche?
I conflitti sono sempre esistiti certo e i greci li hanno anche affrontati a teatro, ovviamente all’interno di una società diversa da quella di oggi. Esistono nel mondo classico molti esempi di donne coraggiose, donne che combattono per coronare dei sogni che non appartengono a quelli per cui magari sono nate secondo gli stereotipi dell’antichità. Euripide nel suo teatro mette in scena molti aspetti di queste donne. Una su tutte: Alcesti, che decide di sacrificare la sua vita per concedere l’immortalità a suo marito Admeto. Prima di morire dopo essersi congedata dai suoi figli e dalla sua casa affronta il suo uomo che le dice “non farmi così male perché io amo il tuo amore”. In questa frase per me c’è tutto, la leggo spesso a scuola ai ragazzi, l’amore di Admeto non è per la moglie ma per come lei lo ama. Questo è un tema assolutamente moderno, l’incapacità di dare e la necessità di ricevere. La mancanza di reciprocità, del rispetto e del valore dell’altro, l’idea per cui conta quello che l’altro prova per te non quello che tu vuoi dare all’altro.
Qualcosa che si riflette sulle tragedie di oggi.
Certo, penso a Giulia Cecchettin, che prima di morire in un vocale esprimeva la sua preoccupazione per Filippo, aveva paura che lui si facesse del male, poi lui l’ha fatta a pezzi. È come se Euripide con quella frase ci chiedesse: “ma per te cos’è l’amore? Essere amati o reciprocità?”.
Domande che forse non ci poniamo più.
Dovremmo riprendere l’attitudine alla riflessione, i greci guardavano il tramonto ma non per fotografarlo, noi oggi facciamo qualunque cosa solo per fotografarla, questo atteggiamento speculativo se vuoi gratuito della riflessione per la riflessione del pensiero andrebbe ripescato, per sviluppare un pensiero critico che aiuta a vedere la realtà non complicata ma complessa, che aiuta a porsi delle domande, aiuta ad argomentare le nostre scelte insomma aguzza i pensieri, soprattutto dei giovani.
Che insegnando conosci bene.
Sono 32 anni che insegno.
Come sono questi ragazzi?
Hanno bisogno di noi adulti e di essere nutriti, sono curiosi e acuti, il loro sguardo però deve essere indirizzato da noi grandi che molto spesso purtroppo siamo degli adolescenti cresciuti e in questo modo non possiamo aiutarli. Abbiamo nodi irrisolti e li soffochiamo con le nostre ansie e aspettative. Mi ha colpito molto l’inserimento di una nuova parola nel dizionario italiano: “atelofobia” che vuole dire rifiuto, paura del limite.
Lo riscontri nei ragazzi?
Purtroppo sì, paura del futuro e di non essere mai abbastanza.
Se potessi cambiare qualcosa della scuola cosa cambieresti?
La alleggerirei dalla burocrazia, che serve sicuramente ma quando sovrasta le persone diventa un freno.
Se ti dico amore cosa ti viene in mente? Vita. Amicizia: Consolazione. Passione: Energia. L’ultimo libro che hai letto? Il mago del Cremlino, di Giuliano da Empoli, bellissimo. L’ultimo film che hai visto? C’è ancora domani di Paola Cortellesi, due volte, ci ho portato anche i ragazzi, tutti dovrebbero vederlo è di una bellezza struggente. L’ultimo viaggio che hai fatto? Sono stata in Umbria con la mia famiglia. Se avessi solo un desiderio quale sarebbe? I miei desideri sono solo per i miei figli, vorrei vederli crescere sereni.
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