Per essere chiari fino in fondo, il sottoscritto – come del resto il vostro giornale – non è tra quelli che ritiene che la variopinta e contraddittoria coalizione di centrodestra (che ha vinto le elezioni anche per l’assenza della controparte, visto che il centrosinistra non è stato in grado di presentare la coalizione alternativa richiesta dal sistema elettorale) è portatrice di derive autoritarie che rischierebbero addirittura di sfociare nel fascismo.

Fortunatamente, a nostro avviso, le cose sono più normali. Piuttosto erano e sono visibili pericoli ed errori assai più prosaici quali la gestione della sanità, a partire dal fatto che a suo tempo alcune delle forze che oggi compongono il centrodestra (Fratelli d’Italia e Lega) – in connessione con i grillini – hanno fatto la follia di buttare dalla finestra i 37 miliardi del Mes sanitario. Ciò premesso, però, a nostro avviso Giorgia Meloni ha superato parte degli handicap iniziali facendo una scelta assai netta, resa ancora più credibile dall’averla realizzata fin dai tempi dell’opposizione: il pieno sostegno alla Ucraina, d’intesa con l’Unione europea, con gli Usa e con la Nato.

A testimonianza del fatto che si tratta del sostegno alla resistenza di un popolo e non di una guerra per procura, quando Putin mise in atto l’operazione militare speciale Zelensky rifiutò l’offerta americana di un aereo che lo avrebbe portato in esilio in Polonia. Invece chiese armi e strumenti per resistere. Su questo terreno anzi, non avendo capito comunque molto del personaggio con cui bisognava fare i conti, a suo tempo Macron (e all’inizio anche Biden) si preoccupò del fatto che non si dovesse umiliare Putin: non c’era certamente questo rischio perché si tratta di un dittatore di destra espresso dal KGB diventato FSP; paradossalmente il PCUS era altra cosa perché comunque aveva un’anima ideologica e politica e dopo Stalin una gestione collegiale.

In seguito a questa iniziale preoccupazione occidentale, però, gli ucraini sono stati fatti combattere con una mano sola. Nel medio periodo ciò è stato un enorme vantaggio per Putin che – dopo lo smacco iniziale – ha ripreso l’iniziativa con la distruzione di una parte dell’Ucraina, migliaia di rapimenti di bambini e comunque in una situazione in cui tutto si svolgeva sul terreno della nazione aggredita. Anche sotto la sollecitazione ucraina, fortunatamente, da un certo momento in poi l’Occidente ha capito che l’iniziativa politica e militare doveva essere a 360 gradi per colpire Putin in modo tale da costringerlo ad arrivare alla trattativa e quindi alla pace. Di conseguenza – previo rilevanti rifornimenti militari – la loro difesa diventava il contrattacco anche sul terreno russo, non per conquistarne dei pezzi ma per costringere Putin alla difensiva e per migliorare i rapporti contrattuali.

Su questo punto si sono ritrovati l’Unione europea, la Nato e gli Usa. Mentre il governo italiano è entrato in crisi non sul versante Salvini (da sempre un sostanziale filo-putinista) ma sul versante inaspettato, quello del ministro della Difesa. Crosetto è arrivato a dire che “nessun paese deve invadere un altro paese”, mettendo sullo stesso piano l’aggressione russa e il contrattacco ucraino. Il ministro ha anche dichiarato che l’iniziativa ucraina “allontanerà sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco”. La presa di posizione di Crosetto ha provocato la risposta polemica di un personaggio solitamente assai cauto e misurato quale Paolo Mieli. Con simili zig zag del suo titolare della Difesa, il governo Meloni rischia di perdere quello che finora era stato il suo merito principale: una linea coerente in politica estera, specie sul nodo decisivo dell’Ucraina da cui derivano tante altre questioni.

Per mettere una pezza su questa autentica falla, il ministro Crosetto ieri ha inviato una risentita lettera al Corriere della Sera. Nella prima parte ha trattato Mieli dall’alto al basso, quasi che si tratti di un dilettante allo sbaraglio che ignora gli aspetti fondamentali della questione e comunque che non conosce gli “arcana imperii”. Comunque poi il titolare della Difesa ha affermato anche cose significative e importanti che rovesciano le precedenti valutazioni: “L’attacco ucraino non è una invasione ma una tattica difensiva, un modo per allentare la tensione sull’Ucraina, costringere i russi a spostare propri uomini in Russia con l’obiettivo di ottenere un maggiore equilibrio sul campo, di trovarsi più forti davanti a un futuro di auspicabile tavolo di pace”.

Bene: il Crosetto numero 2 ci convince molto di più del Crosetto numero 1, ragion per cui forse la polemica di Paolo Mieli non è stata del tutto inutile. Ciò detto, però, è evidente che nel governo una questione è aperta e solo nel futuro sapremo qual è la sua linea reale. Nel frattempo, per essere equanimi, bisogna rilevare che su questo tema entrambe le coalizioni sono attraversate da posizioni diverse: sull’altro versante il Pd in quanto tale, e ancor di più il campo largo a geometria variabile, sono spaccati sul tema come una mela colpita nel bel mezzo da un dardo di Guglielmo Tell.