«La c.d. Riforma Cartabia poco o nulla ha voluto fare per porre serio rimedio al nominificio correntizio; del resto, essendo stata concepita in seno all’apparato burocratico ministeriale – zeppo, come è noto, di magistrati fedeli al Sistema delle correnti – ben poco vi era, quindi, da aspettarsi». Così risponde, come con una schioppettata, alla prima delle domande che PQM gli ha rivolto, il dott. Andrea Mirenda, anomalo componente del CSM in quanto non appartenente a nessuna corrente (ma chi non lo ama fa di solito perfidamente notare che la sua altro non è che una nuova “corrente delle non correnti”).
L’occupazione militare del Ministero di Giustizia dei pm fuori ruolo
Comunque lo si voglia giudicare, questo singolare magistrato coglie un punto che va ben al di là, e ben prima, della pur delicatissima questione sulla quale il CSM da tempo sta discutendo. Sono infatti in dirittura di arrivo i decreti attuativi della riforma dei criteri di nomina degli uffici direttivi, nodo cruciale del potere dell’organo di autogoverno delle toghe, e dunque, ormai, vero e proprio “ubi consistam” delle correnti della magistratura, e dello scontro tra di esse. Ebbene, Mirenda ci ricorda che l’occupazione militare del Ministero di Giustizia da parte di un esercito di magistrati fuori ruolo è la materiale vanificazione della separazione dei poteri dello Stato. Il potere giudiziario, in ragione di questa sciagurata prassi italiota, letteralmente unica al mondo, controlla e condiziona la politica della giustizia nel nostro Paese.
Le cose stanno così, e fino a quando non si metterà mano a questo scempio democratico, sarà impossibile riconquistare l’indispensabile equilibrio tra poteri dello Stato. Noi avvocati lo gridiamo al vento da decenni, la Politica, tremebonda, finge di non capire, oggi sentiamo dirlo da un magistrato: quale riforma dei criteri di nomina degli uffici direttivi, e dunque del vituperato sistema delle correnti, potrebbe mai essere possibile se a licenziarne i princìpi di delega è un Ministero governato dalle correnti?
Nomine Csm, le due idee contrapposte
Tuttavia, la questione è a maggior ragione di grande interesse, e perciò PQM ha voluto metterci il naso, dando spazio a tutte le posizioni che si stanno strenuamente confrontando sulla attuazione di questa riforma. Il risultato del nostro approfondimento lo giudicherà il lettore, ma è semplicemente impossibile ignorare la geometria degli schieramenti che si sono formati intorno a due idee contrapposte. Da una parte, le correnti di minoranza (MD, Unicost, oltre agli indipendenti Mirenda e Fontana), che spingono per una predeterminazione di criteri oggettivi (grazie a punteggi ed algoritmi vari) che possano in qualche modo riprodurre gerarchie di merito capaci di condizionare le procedure di nomina. Dall’altra, le due correnti maggioritarie (Area ed Unicost), cioè quelle che hanno i numeri per decidere e per concordare tra di loro gli equilibri di potere, che invece rivendicano – con argomenti certo a loro volta non banali – il “primato della politica” in quelle scelte cruciali.
Il confronto è interessante e merita attenzione, perché la questione ha una sua obiettiva complessità che noi riconosciamo e rispettiamo, consapevoli che il correntismo è certamente degenerato in un ormai devastante scontro di puro potere, ma le correnti hanno avuto un senso ed un peso importante nella storia della magistratura italiana, e a noi non piace appiccare fuochi tanto per farlo. E tuttavia, quella geometria la dice lunga, e mi sembra sintetizzabile così: per i criteri di merito le correnti di minoranza, per le mani libere le correnti che hanno i numeri. Mi sbaglio? Perché, se non mi sbaglio, allora vedo bene il gattopardo sorridere beffardo. Buona lettura.