Ora che Piercamillo Davigo non è più consigliere del Csm che cosa succederà a Palazzo dei Marescialli? Come cambieranno gli equilibri e i rapporti fra le correnti della magistratura? L’inaspettata – per Marco Travaglio – decadenza dell’ex pm di Mani pulite sta determinando in queste ore un “contro ribaltone” al Csm. Il primo ribaltone, quello originale, si era avuto lo scorso anno con le dimissioni “spintanee” dei cinque consiglieri che avevano partecipato all’incontro notturno dell’hotel Champagne, organizzato dall’ex zar delle nomine Luca Palamara, con i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti. La corrente di Davigo, Autonomia&indipendenza, che aveva perso l’anno prima le elezioni, per un meccanismo elettorale incredibile, era diventata la prima forza a piazza Indipendenza.

La legge elettorale del Csm prevede, infatti, che subentri al dimissionario il primo dei non eletti in ognuna delle tre categorie: pm, giudici di merito e giudici di legittimità. In questo modo può subentrare, come avvenuto, anche chi non faccia parte del gruppo associativo a cui appartiene il magistrato che ha abbandonato il Csm. I davighiani, grazie a questo sistema che non tiene minimamente conto della volontà degli elettori, avevano quasi triplicato la loro presenza al Csm, passando da due a cinque consiglieri. La presa di distanza di Nino Di Matteo da Davigo, con il voto contrario alla sua permanenza al Csm, e anche la fredda difesa dell’ex pm di Mani pulite da parte dell’altro davighiano, il pm antimafia Sebastiano Ardita, sono segnali che mettono in forse l’attuale alleanza di A&i con la sinistra giudiziaria di Area. L’ex procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini, capo delegazione di Area al Csm, proprio per questo motivi si era speso tantissimo per evitare l’uscita di Davigo. Il posto di Davigo verrà preso, già da questa settimana, dal giudice di Cassazione Carmelo Celentano, magistrato di Unicost e un tempo legato a Palamara. I numeri sono sul filo. Soprattutto se dovesse subentrare anche il giudice genovese Pasquale Grasso, esponente di Magistratura indipendente, la destra giudiziaria.

Grasso, si ricorderà, ha il dente avvelenato con le toghe di sinistra. Presidente dell’Anm da pochi mesi, esploso il Palamaragate lo scorso anno, venne sfiduciato in una assemblea infuocata in Cassazione dove mancò poco per l’intervento dei carabinieri. Il Csm lo tiene a bagnomaria da oltre un mese. Sulla carta deve subentrare al giudice di Unicost Marco Mancinetti, dimessosi per essere finito nelle micidiali chat di Palamara. Palazzo dei Marescialli sta studiando cosa fare, non escludendo anche nuove elezioni suppletive, le terze. Un record assoluto. Il Quirinale, già intervenuto nel caso Davigo, potrebbe comunque sbloccare l’impasse con una moral suasion pro Grasso ed evitare una nuova tornata elettorale. Sul fronte Anm, all’inizio della prossima settimana è previsto l’insediamento della nuova giunta. Le correnti stanno affilando i coltelli.