Il diritto al comizio
Da Fedez a Ghali, la Rai lascia parlare tutti, anche a Sanremo garantito il diritto alla grossolanità
Vi prego, basta con questa lagna della censura, che peraltro sarebbe sempre a danno di chi, a naso, di certe questioni sa quanto io ne so di cabrate di allunaggio, quindi se stesse zitto e si limitasse a cantare (cosa che fa benissimo) saremmo tutti più contenti.
La Rai in questi anni ha lasciato straparlare Fedez dal palco del Concertone del 1° maggio, ora Ghali da Sanremo, e non solo. Non può essere minimamente accusata di censura, premesso che avendo Rai la responsabilità giuridica di ciò che mette in onda, ne risponde, e dunque avrebbe tutto il diritto di cassare i testi di quanto andrà in onda. Che è cosa assai diversa dalla censura. Ma nell’Italietta dei mitomani in cui ormai non si conosce nemmeno il significato etimologico di ciò che si lagna, è chiaro che i confini tra concetti diversi si perdano.
Dire ‘Stop al genocidio’ come ha fatto Ghali dal palco di Sanremo, alludendo al fatto che Israele ne stia consumando uno ai danni dei palestinesi è una bestemmia (oltre la dimostrazione del fatto che egli non sappia il significato di genocidio). Perché il popolo ebraico ha patito davvero un genocidio sulla propria pelle. Non entro nemmeno nel merito della vicenda, che vorrebbe che qualcuno, tra una canzone e l’altra, si ricordasse che le risposta militare di Israele a Gaza, per cui nessuno di noi esulta, si è resa necessaria per una serie di attentati consumati da parte palestinese (l’organizzazione terroristica di Hamas), che ha trucidato donne e bambini israeliani solo perché ebrei, e che dunque omettere questa considerazione solo perché quelle vittime sono ebree puzza di antisemitismo. In Italia si può dire tutto, cazzate colossali comprese, e ogni egotico chiacchierone luogocomunista ha un’occasione per mettersi in mostra, provocando. È anche a Sanremo, la Rai ha garantito questo diritto alla grossolanità, intesa come estensione del diritto di parola.
Ma qui siamo oltre: si invoca il diritto al comizio di un cantante che è esperto di note musicali, non di politica estera, e che la sua l’ha detta eccome. Che altro si deve consentirgli? Di pontificare sine die? L’altro ieri sera, per farvi capire il fanatismo, Ghali si è occasionalmente imbattuto a Milano, in pizzeria, nel capo della Comunità Ebraica di Milano, persona amabile, che gli ha fatto presente con pacatezza curiale come gli dispiacesse l’uscita del cantante, di cui è fan. E il nostro eroe ha prima proposto di fare un video in cui dicessero insieme ‘Stop ai bombardamenti’, poi -pare sobillato dal suo manager e da mammà, quanta personalità eh- ha iniziato a lagnare di sentirsi minacciato. Da un settantenne che gli aveva semplicemente raccontato in parole gentili il suo dispiacere personale.
C’è questa malcelata, ridicola ambizione di qualche artista a darsi un tono da intellettuale, cosa che nessuno gli richiede, che non ho mai capito. Essere artisti concede giustamente il diritto di provocare, essere corrosivi, gettare un elemento di riflessione non consentito al cittadino comune. Ma non il diritto a essere palloni gonfiati che pontificano luoghi comuni in maniera ignorante.
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