Kamala Harris e Nancy Pelosi. Ma anche Jill Biden, Michelle Obama, Hillary Clinton. La nuova America possibile segue una linea rosa, ma rosa carico come si conviene a donne che rispetto ai politici (e ai mariti) si sono dimostrate più risolute e incisive. Lo hanno fatto con passo felpato, ma con il piglio di chi ha un obiettivo e non una velleità. Così – mentre Joe Biden sembrava aver preso la questione come un fatto personale – la sua vice Harris manteneva un profilo defilato, senza trame o scorrettezze, ma sempre più nitido. E se Barack Obama ascoltava tutti ai bordi del campo, sua moglie Michelle era già in pista per dire “no” alla sua candidatura e quindi “sì” alla Harris.

Nancy Pelosi, intanto, si muoveva assiduamente sui finanziamenti, stringendo ogni giorno di più il sentiero di Biden. Hillary, insieme al suo consorte, operava per sgombrare il campo alla nuova candidata, e infatti il sostegno dei Clinton è arrivato un minuto dopo la rinuncia di Biden. E Jill affiancava il marito nel momento più difficile. “Sceglierà lui”, diceva in giro, come tutte le donne quando hanno già scelto al posto di un “lui” che non sa capire le cose in tempo. Un vero leader non si ritira solo quando è costretto. Non si lascia il mondo in sospeso aspettando che siano i sondaggi, il partito e il Covid a decidere per te. Questo esito inglorioso Jill non ha certo potuto evitarlo. Ma certamente, anche grazie a lei, ora Biden può sperare che di lui ci si occuperà per le non poche luci della sua presidenza più che per l’enorme ombra della sua ostinazione.

Donne di battaglia senza il rombo delle armi. Non è quindi un caso se oggi sono i loro volti ad essere decisivi di una stagione politica inedita, segnata da un cambio di cavallo in corsa e da un traguardo che è anch’esso una prima volta: disegnare il ruolo americano in un mondo ormai fuori dagli schemi dello scorso secolo. I democratici hanno attraversato una fase lunghissima di capitomboli e di paralisi, in cui la carica di candidato presidente sembrava appannaggio di salotti e telefonate private. Ora hanno tre mesi di tempo per trasformare una stagione piena di incognite in una ennesima nuova frontiera. Non sappiamo se, come scrive Walter Veltroni con veltroniano entusiasmo, “ora cambia tutto”. Kamala Harris dovrà vincere le molte riserve e i molti pregiudizi che pesano su di lei. È una donna ed è nera, e questo è già un passo nel progresso. Ma non basta, non basta più.

Non è lei il giocatore di basket figlio di un immigrato del Kenya che fu Barack Obama. Non è lei la first lady avvocatessa e femminista che fu Hillary Clinton. Deve giocarsi il trofeo partendo da zero. Però oggi può provare davvero a invertire il precipizio. Ed è partita a razzo, confermando il cambio di marcia: 100 leader dem, parlamentari e sindacalisti sentiti in poche ore, e l’appoggio diffuso anche di governatori che potevano essere suoi concorrenti. Con lei, anche un’altra donna-simbolo come Alexandria Ocasio Cortez. Nella sua corsa Kamala deve tantissimo alle compagne di viaggio. In particolare all’ex speaker della Camera Nancy Pelosi. La più lucida, abile, tenace. Non per caso può vantarsi della medaglia trumpiana: “Harris è pazza. Non come Pelosi ma comunque pazza”. Nervosismo significativo di qualcosa che somiglia all’inquietudine.

Il giornalista Jeffrey Goldberg considera Nancy Pelosi infallibile: “Quando dice che sei morto, sei morto”. E in varie occasioni, ultimo il recente vertice Nato, è stata efficace e sottile nel far intravedere il cambio di candidato dietro le apparenti granitiche conferme del presidente in carica. Sa dirti se sei morto ma, nonostante le 84 primavere, si è rivelata formidabile anche nell’assistere i vivi. Prima nel rastrellare finanziamenti e tenere in carreggiata le scelte politiche. Poi nel difendere Biden fino al momento in cui è diventato necessario porgli un durissimo aut aut: o ti ritiri o rendiamo pubblici i sondaggi in cui anche gli Stati amici sono irrimediabilmente persi. Solo a quel punto, di fronte alla paura di una valanga, Biden cede. E persino Wall Street dice la sua, con i future che risalgono di botto. Così le elezioni Usa 2024 tornano a essere un momento della Storia. In campo ora ci sono le donne. La ragazzina nera della California, la figlia di immigrati signora delle “prime volte” (prima donna procuratore distrettuale di San Francisco, prima donna procuratore generale della California, prima senatrice afroamericana dello Stato), ieri aveva “solo” un curriculum da sogno americano. Oggi infrange il più alto dei tetti di cristallo. Nel team virtuale che con ruoli diversi l’ha innalzata fin lì, c’è Michelle Obama, la stessa che disse alle sue figlie “sono qui per darvi un mondo migliore, dove avrete le opportunità che le nostre mamme e le nostre nonne hanno solo sognato”.

Sergio Talamo

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