La triangolazione Roma, Berlino e Parigi
Da Merkel a Scholz, l’asse con Draghi non si incrina: il patto di stabilità resta flessibile

Il nodo centrale dell’incontro di ieri tra Olaf Scholz, il nuovo cancelliere tedesco che succede ad Angela Merkel, e Mario Draghi, il premier italiano che Politico considera lo statista più influente oggi in Europa, è stato certamente la riforma del Patto di stabilità. Da tempo l’Italia e la Francia fanno pressing per ottenere un ammorbidimento delle regole. Viceversa, la Germania ha svolto il ruolo del poliziotto cattivo: resistendo sia sull’ampliamento degli investimenti che sull’allentamento delle maglie del debito dei singoli paesi europei. Finora Scholz ha mostrato prudenza, ricordando che il Patto è già sufficientemente “flessibile”. In questo senso, la fresca nomina di Joachim Nagel alla presidenza della Bundesbank sembra una conferma delle posizioni rigoriste di Berlino.
Tuttavia, non mancano segnali di apertura. In primo luogo, per via della stessa composizione della neonata coalizione semaforo. I Verdi – che sono il principale alleato di Scholz – sono a favore di un approccio più morbido sui conti pubblici europei. In più, il contratto di coalizione contiene l’obiettivo di una riforma delle regole fiscali Ue in favore di maggiori investimenti: e se sta scritto lì vuol dire che ha superato lo scrutinio severo del nuovo ministro delle finanze, il liberale Christian Lindner, considerato un ‘falco’ ossessionato dalla solidità dei bilanci. Come ha anticipato la stampa tedesca, il nuovo “piano d’azione comune” tra Italia e Germania, oltre alla collaborazione sulle questioni politiche e strategiche, indica una disponibilità a mettere sul tavolo il tema senza precondizioni, favorendo una triangolazione virtuosa tra Berlino, Parigi e Roma. Un percorso che viene da lontano e che annovera il Trattato del Quirinale, firmato a fine novembre da Draghi e Macron, e i trattati precedenti (Eliseo e Aquisgrana) conclusi tra Germania e Francia negli anni scorsi.
Rispetto alle diffidenze degli anni passati – con Italia e Francia in sofferenza per l’egemonia tedesca e la Germania critica verso il lassismo dei conti pubblici italiani – il rapporto tra questi paesi sembra vivere una sorta di luna di miele ispirata al ritorno in auge dell’economia sociale di mercato. Dopo anni di austerità fiscale e scarsi investimenti, l’impatto della crisi pandemica sembra aver rilanciato una nuova filosofia di governo che potrebbe diventare il nuovo tratto comune dell’Ue. Come spiega, infatti, Martin Sandbu, editorialista del Financial Times, «l’imperativo di un intervento statale intelligente, necessario per gestire la crisi sanitaria e sostenere i mezzi di sussistenza durante i lockdown, consente all’Europa di abbracciare nuovamente l’economia sociale di mercato».
Non è un caso poi che la Commissione europea abbia rilanciato questo mese un piano di azione per i soggetti che svolgono attività economiche senza scopo di lucro (dalle imprese sociali alle mutue e agli enti di beneficenza) e che abbia pubblicato proposte per consolidare e chiarire i diritti dei lavoratori a contratto e una direttiva sui salari minimi adeguati. «La svolta sociale globale causata dalla pandemia consente all’Europa di riappropriarsi del proprio dna», assicura Sandbu. E aggiunge: «L’ex cancelliera tedesca Angela Merkel diceva che l’Europa ha il 7% della popolazione mondiale, il 25% della sua economia, ma il 50% della sua spesa sociale. Voleva segnalare un problema. Pare sempre più un esempio da emulare». Se si guarda all’enorme budget che l’amministrazione Biden vuole dedicare alle tutele sociali sembra proprio così.
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