L'attacco in tv di Di Matteo
Da mesi chiediamo le dimissioni di Bonafede, oggi no
Nessuno tocchi Bonafede. Perché noi non cambiamo idea a seconda delle stagioni o delle convenienze politiche. Perché per noi la separazione dei poteri è un principio irrinunciabile ed è intollerabile un processo in piazza da parte di un magistrato, membro del Csm, nei confronti di un politico, qualsiasi maglietta indossi. Perché noi siamo seri e questa faccenda l’abbiamo affrontata cinque mesi fa al Senato con l’intervento di Matteo Renzi. Zitto Bonafede, zitti tutti.
Da mesi chiediamo le dimissioni del ministro della giustizia ma oggi no. Oggi che il destino ridicolo si è abbattuto su chi si è servito dei processi in piazza per poi rimanervi vittima, no. E lo facciamo perché in gioco c’è qualcosa di più importante della poltrona di via Arenula, della nostra visione garantista che è alternativa a quella dei cinque stelle. C’è in gioco la democrazia. E secondo me anche il buon gusto.
Domenica sera da Giletti non è andato in onda un botta e risposta tra due amici, cresciuti a pane e giustizialismo, è andata in scena la politica a libertà vigilata, il governo agli arresti domiciliari, una democrazia in cui regna il vuoto politico. Craxi del vuoto e della debolezza della politica provava orrore, Bonafede è oggi vittima, ieri è stato artefice.
Di questo dobbiamo parlare, di una deriva populista che investe tutti i poteri dello Stato. Perché non è serio quello che è successo domenica sera. E se fossi stato al posto di Bonafede, paragonato a uno Zagaria qualunque, avrei scelto il silenzio e avrei chiesto immediatamente un chiarimento al ministero e non in un talk show. Ma Bonafede è Bonafede, quel vuoto politico che consente a chiunque di poter aspirare ai pieni poteri.
Nessuno tocchi Bonafede, ma da domani o la politica ha il coraggio, la forza e l’autorevolezza di affermare quei principi di libertà che risiedono, per dirla alla Montesquieu, nella separazione dei poteri o l’Italia, culla del diritto, confondendo la politica con la giustizia penale, rischierà di diventarne la tomba. Così scrisse Giovanni Falcone.
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