La parabola è un delle curve più conosciute e studiate in geometria analitica e in algebra. La sua forma particolare, che scende e sale, si presta moltissimo a essere esempio plastico delle fasi della vita e delle traiettorie che essa assume per ciascuno di noi. La possiamo definire come l’insieme di tutti i punti del piano che sono equidistanti da un punto fisso chiamato fuoco e da una retta fissa chiamata direttrice.

Questa curva ha molte proprietà interessanti che l’hanno resa un oggetto matematico di primissimo piano. Una proprietà è che essa è simmetrica rispetto all’asse verticale che passa per il fuoco e la direttrice. Questo significa che, se prendiamo due punti qualsiasi sulla parabola e tracciamo la retta che passa per essi e per il fuoco, questa retta sarà perpendicolare alla direttrice. Un’altra proprietà della parabola è che essa è il punto geometrico dei punti del piano che soddisfano un’equazione di secondo grado nella forma y=ax^2+bx+c. Questa equazione è detta equazione canonica della parabola e permette di determinarne facilmente i punti, conoscendo i coefficienti a, b e c.

La parabola di Conte

La carriera di Giuseppe Conte, più di altre carriere di politici, sembra proprio somigliare a una parabola. In fondo ha un andamento simmetrico costante, una volta individuato il fuoco e la direttrice. Giuseppe Conte. La sua carriera politica è cominciata da un punto che apparentemente era elevatissimo: direttamente presidente del Consiglio. In realtà era un semisconosciuto avvocato, proposto dal Movimento 5 stelle come figura di rappresentanza e di interposizione tra i due capi dei partiti che – inopinatamente – formarono quell’alleanza e quel governo strano. Luigi Di Maio per i pentastellati e Matteo Salvini per la Lega. L’avvocato, che si autodefinì del popolo, avrebbe dovuto sostanzialmente fornire un volto e un nome che impedisse il netto prevalere dell’uno sull’altro. Da allora la curva parabolica di Conte prese quella fase ascendente che lo portò poi a essere indispensabile nella creazione di un secondo governo con alleanze ribaltate, del quale facevano parte, insieme al Movimento 5 stelle, anche il Pd, il nuovo partito di Matteo Renzi e la sinistra.

La leadership del Movimento 5 Stelle

Il secondo governo Conte si trovò ad affrontare la pandemia e il presidente del Consiglio acquisì forza e autorevolezza proprie, fino a essere definito dall’allora segretario del Pd Nicola Zingaretti come un punto di riferimento di tutti i progressisti. Fu Matteo Renzi – nel punto più alto della parabola – a innescare la fase discendente, decretando la fine di quel governo e spingendo Mattarella a chiamare in servizio Mario Draghi. Conte, però, riuscì a prendersi la leadership dei 5 Stelle sbaragliando la concorrenza di Di Maio, Di Battista, Fico e di fatto dello stesso fondatore Grillo. Perché? La mia impressione è che fin dall’inizio Grillo abbia dato al Movimento un tratto costituente molto particolare. La forma dell’acqua. Come è noto dal punto di vista chimico, l’acqua è una molecola composta da due atomi di idrogeno e una di ossigeno. La sua struttura molecolare è caratterizzata da un legame covalente tra idrogeno e ossigeno, che conferisce alla molecola una struttura angolare.

Della proprietà dell’acqua, che è un elemento essenziale per la vita, sappiamo tutto, ovviamente. Sappiamo che in forma standard è un liquido, ma può diventare ghiaccio o evaporare. Ha un elevato calore specifico, in grado di assorbire notevoli quantità di calore senza rilasciare grandi variazioni di temperature. Sappiamo che è il miglior solvente esistente, in grado di sciogliere molte sostanze grazie alla sua polarità. Sappiamo che è incolore e insapore, eppure ci dissetiamo realmente solo con l’acqua, che compone gran parte di ogni organismo vivente.

5 Stelle come l’acqua

Ecco. I 5 stelle hanno tentato in questi anni di essere come l’acqua. Dare forma alle cose senza assumerne una propria. Diventare essenziali senza idee proprie, grazie al consenso popolare fondato sulla protesta e sulla stanchezza. E tra tutti gli esponenti del Movimento, Conte era il più adatto a riassumere queste proprietà in se stesso. Di destra, ora di sinistra, domani chissà. Abbastanza misurato e neutro da stare bene a molti e candidarsi a un ruolo centrale nello scacchiere politico. La fase discendente della parabola però ora sembra essere inarrestabile, forse proprio perché – avendo Conte individuato nel terreno della sinistra radicale il suo migliore spazio elettorale – ha finito per assumere posizioni troppo nette che contrastano con la natura stessa dei 5 Stelle. La mia impressione è che la parabola tocca il fondo e l’acqua evapora.