Come arrivare preparati a Los Angeles 2028?
Da tutta colpa dei videogame a Italia paese di sportivi outsider: la narrazione tossica del calcio e la magia delle Olimpiadi
L’Italia non eccelle negli sport di squadra, le poche vittorie nel corso degli anni ne sono testimoni. Mentre siamo campioni da “outsider”: vinciamo quando nessuno se l’aspetta. L’eccesso di interesse non giova alle performance, siamo forse i peggiori rivali di noi stessi?
A Olimpiadi finite si fanno conti e buoni propositi che alla fine si sintetizzano così: “quanto è bello lo sport in tutte le sue forme, mi riprometto che dalla prossima stagione seguirò più discipline con attenzione, per arrivare preparato all’edizione di Los Angeles 2028”. Dal prossimo fine settimana, tranquilli, torneremo dentro alla nostra bolla calcistica, venerdì comincia la Serie A, e i tecnici da bar torneranno al loro sport preferito: parlare di torti arbitrali e complotti ai danni della propria squadra. Ma prima di tornare alla routine, vale la pena mettere in fila alcune valutazioni generali sullo stato di salute dello sport italiano.
Nel 2021 andammo a Tokyo da campioni d’Europa del calcio, con Matteo Berrettini finalista di Wimbledon a sfilare con onore sul pullman scoperto dei campioni allenati da Roberto Mancini. Ottenemmo il miglior risultato di sempre in termini di medaglie totali (40, di cui 12 ori, 13 argenti e 15 bronzi). Questa volta ci siamo ripetuti e migliorati: stesso numero di medaglie, ma di metalli più pregiati perché in Giappone i bronzi furono 20 e gli ori 2 in meno. Lo abbiamo fatto dopo un mese in cui – in seguito al 2-0 della Svizzera contro l’Italia di Luciano Spalletti il 29 giugno scorso, ottavi di Euro 2024 – lo sport nazionale era stato piuttosto quello di analizzare la crisi del calcio nostrano e quindi, per estensione, non solo di tutto lo sport ma anche dell’attività fisica degli italiani dalla culla alla bara.
Da tutta colpa dei videogame a paese di sportivi
Dopo un’estate in cui abbiamo sentito dire che i bambini non fanno attività fisica, stanno troppo attaccati ai videogiochi (a differenza di Spagna, Germania, Francia e Gran Bretagna dove come noto la tecnologia ancora non è arrivata) e non respirano più aria buona (per fugare ogni dubbio il comune di Roncadelle, provincia di Brescia, ha vinto 3 ori quanti ne ha vinti, per dire, il Brasile, che al suo interno contiene l’Amazzonia), al punto di metterne in discussione le facoltà motorie di base dei nostri giovani eredi, ci siamo risvegliati in un paese di sportivi, che si conferma potenza europea, terza dietro a Francia e Gran Bretagna per numero di medaglie, medagliata e multi sportiva come non lo era mai stata grazie alle 19 diverse discipline in cui è stata premiata, ben 10 delle quali con la medaglia d’oro (record nazionale storico, alle Olimpiadi).
Tutti gli ori e i numeri da record
Ricordiamoli, gli ori da record: nuoto (Nicolò Martinenghi, Thomas Ceccon), scherma (fioretto femminile a squadre), canoa (Giovanni De Gennaro), judo (Alice Bellandi), vela (Marta Maggetti, Ruggero Tita e Caterina Banti), tennis (Sara Errani e Jasmine Paolini), ginnastica artistica (Alice D’Amato), tiro a volo (Gabriele Rossetti e Diana Bacosi), ciclismo su pista (Chiara Consonni, Vittoria Guazzini), volley (Italia femminile). E poi aggiungiamoci pure questo: Italia prima al mondo per le medaglie di legno (i quarti posti, 25 in totale) che bruciano tanto quando le ottieni (o subisci), ma danno tanto il senso dello spirito decoubertiniano e diventano un tema rilevante quando fai un’analisi a tavolino. Ma anche una curiosa coincidenza: andiamo a medaglia da 36 giorni olimpici consecutivi, secondi solo alla Cina (45) e meglio degli Stati Uniti (che per una strana congiuntura astrale non vinsero medaglie al primo giorno di Tokyo).
La narrazione tossica del calcio
Insomma, nella cartina geografica dello sport d’élite ci siamo anche noi, con tutti i nostri difetti che in genere non amiamo ci vengano rinfacciati. Questo a meno che a farlo non sia una persona, Julio Velasco da Mar del Plata, il divo Julio allenatore della nazionale femminile di pallavolo, laurea in filosofia come biglietto da visita, che ci ha regalato il primo storico oro dopo averci detto il giorno prima della finale che lui non è Baggio, ossessionato dal rigore sbagliato contro il Brasile, ma uno che si gode il qui e ora. Ecco, se c’è una cosa su cui riflettere semmai è questa: siamo un paese di individualisti, e infatti il divo Julio ce lo ha detto: “il gruppo è zero, conta la squadra – ovvero la somma delle volontà individuali – per vincere non serve andare a cena insieme”. E allora magari ragioniamo sul fatto che la pallavolo ha vinto l’oro in uno sport di squadra, cosa che ci mancava da Atene 2004 (pallanuoto femminile), e che nella storia dei giochi abbiamo vinto solo in tre sport collettivi (pallanuoto, pallavolo e calcio, nel 1936). Vien quasi da pensare che il disinteresse sia un valore mentre l’eccesso di interesse (pensiamo soprattutto al calcio) nella nostra cultura crei una narrazione tossica e opprimente.
Spesso i nostri peggiori rivali siamo noi stessi
Ecco, magari ripensiamoci al prossimo flop calcistico. Aggiungiamo a questo il fatto che abbiamo vinto soprattutto quando ci siamo presentati da outsider e arriviamo a una conclusione: spesso i nostri peggiori rivali siamo noi stessi. È stata, infi ne, un’edizione in cui non ci siamo fatti mancare nulla: tante medaglie ma anche tante polemiche politiche e non solo. Parità di genere, politica internazionale, diritti e molto altro. E naturalmente l’inclusività e l’integrazione, ça va sans dire. A proposito di questo: iniziamo a pensare al fatto che a Los Angeles 2028 si giocherà pure a cricket, potrebbe aiutarci a guardare con occhi diversi i campi improvvisati nei parchi. Molti hanno detto che è stata una brutta “Olimpiade politica” perché spesso lo sport è stato fagocitato e quindi la chiusura lascia una domanda più sul mondo tout court che su quello sportivo nello specifico. Gli anni che stiamo vivendo, sono quelli di un ritorno in auge di vecchi fantasmi? O sono piuttosto gli anni dell’ultimo vagito di una civiltà in via d’estinzione che stiamo superando in nome di nuovi e più alti valori? Una realtà superata, che si presenta aggressiva e minacciosa, perché datata e dotata delle ultime forze residue, prima che il contrappasso generazionale la spazzi via del tutto? Ai giovani l’ardua sentenza. In fondo appellarsi ai giovani a prescindere dal perché, dopo un’Olimpiade, fa tanto Barone De Coubertin
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