Il retroscenismo fa parte della cultura profonda e viscerale degli italiani. Lo aveva capito Francesco De Sanctis già nel 1869: “In Italia ogni atto della vita pubblica ha due lati, uno apparente ed un altro nascosto: vi è la scena e la controscena, perché le tradizioni della tirannide secolare ci hanno abituati alla cospirazione. Onde non sappiamo pensare a qualche cosa che dovrebbe per sé stessa prodursi alla luce del giorno senza apparecchiarla colla cospirazione” (“Sopra Niccolò Machiavelli”).

Caso Boccia-Sangiuliano trasformato in spy story

È così potuto accadere che un pruriginoso episodio di cronaca rosa tra una (sveglia) influencer e un (ingenuo) ministro sia diventato una spy story, che ha eccitato quel voyeurismo nazionale, da sempre una vera e propria benedizione per giornali e talk show televisivi. Dal canto suo, Massimo Introvigne – tra i più acuti studiosi delle società segrete e delle religioni minori – ha definito “metafisici” i complotti le cui finalità sono talmente astruse e vaghe da sfuggire a qualunque comprensione, talvolta perfino a quella degli stessi complottisti (“Gli Illuminati e il Priorato di Sion”, Piemme, 2005). Ciò significa che laddove la ragione fa cilecca, ci si affida a una volontà imponderabile come i fatti che essa intende determinare.

Tutti i complotti metafisici del governo

La cronaca italiana di queste settimane presenta un vasto campionario di complotti metafisici. Dall’allarme lanciato da Giorgia Meloni sull’oscuro mazziere che “vuole dare le carte” al governo alla cospirazione contro la sorella “svelato” dal quotidiano di Alessandro Sallusti, dai dossieraggi sui politici al sospetto che uomini dei Servizi segreti agiscano per conto di non si sa chi, fino – da ultimo – all’affaire Salvini, il paese sembra sull’orlo di una crisi di nervi.

Il trionfo di cospirazionismo e complottismo

Dietro al successo del cospirazionismo e del complottismo, per non parlare del consenso di cui godono le più strampalate teorie scientifiche, si cela la tendenza ad alienare una libertà di pensiero considerata troppo pesante e generatrice di angoscia. Ci si aggrappa perciò a idee irrazionali, che consentono di attribuire la responsabilità di ciò che accade a potenze misteriose. Da qui quel malessere che un tempo solo le élite culturali conoscevano, e che oggi è un fenomeno di massa. In un libro pubblicato per la prima volta in Francia nel 2003 e ristampato in italiano da Dedalo (“Storia del mal di vivere. Dalla malinconia alla depressione“), lo storico francese Georges Minois si chiedeva se non fossimo di fronte “a una sorta di bivio […] fra l’idiozia e la depressione, fra un avvenire di imbecilli felici o di intellettuali depressi”. In Italia, vent’anni dopo, quel dilemma non è stato ancora sciolto.