"L'Italia della svolta 2011-2021"
Dal governo Monti a quello Draghi: 10 anni di svolta politica italiana raccontata da D’Alimonte e Mammarella
Questo agile testo di D’Alimonte e Mammarella, uno scienziato della politica e uno storico, copre gli ultimi dieci anni della nostra vita politica con due punti di partenza e arrivo segnati entrambi da governi tecnici, Monti e Draghi. Due le tesi di fondo.
La prima, chiara sin da subito (p. 12) segnala che mentre la vita degli esecutivi nazionali è stata breve e stentata, invece quella degli esecutivi comunali e regionali, inquadrati da regole coerenti tra sistemi elettorali e forme di governo, hanno mantenuto la premessa di stabilità e di efficienza. Il sistema dei partiti è sostanzialmente lo stesso, eppure le regole hanno fatto differenza, al netto delle innegabili differenze di complessità e di dimensione di scala. Da qui, di fatto, anche una possibile proposta: non varrà forse la pena di ispirarsi a regole analoghe, non necessariamente identiche, per affrontare le difficoltà sperimentate a livello nazionale? A cominciare evidentemente dalla soppressione del doppio rapporto fiduciario con Camera e Senato, che, almeno fino all’ultima legge elettorale, era abbinato persino a leggi elettorali diverse e fino alla recente riforma costituzionale aveva anche una base elettorale diversa (p. 14). Si tratta quindi di abbandonare quel complesso del tiranno che ha contribuito a mantenere deboli le nostre istituzioni nazionali (p. 11).
La seconda tesi è che accanto al rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo (integrato peraltro dal ruolo presidenziale) si è venuto a creare, soprattutto dopo l’avvento dell’Euro, un rapporto di interdipendenza tra i governi dell’Eurozona che rende impossibile governare contro gli altri. Cosa di cui fece amaramente le spese il governo Berlusconi nel 2011 a cui Bossi impedì la riforma del sistema pensionistico (p. 23), la cui mancanza danneggiava anche gli altri Paesi. Più che di vincolo esterno (p. 27) bisognerebbe forse parlare di vincolo reciproco, ma non ci sono complotti né cose inspiegabili, è tutto alquanto chiaro e trasparente. Come del resto si vide poi col rifiuto da parte del presidente Mattarella di nominare al Ministero dell’Economia Paolo Savona, sostenitore di un’uscita surrettizia dall’Euro (p. 146).
I governi tecnici, almeno quello di Monti, appaiono quindi agli Autori come un passaggio necessario quando questo legame europeo si rompe, ma di per sé, anche per la loro durata fatalmente breve, non fanno miracoli, specie quando sono spinti a fare riforme con taglio di risorse (p. 42). D’Alimonte e Mammarella ripercorrono quindi gli anni intermedi tra i due governi tecnici e in particolare valorizzano il tentativo fallito della riforma costituzionale ed elettorale Renzi che sta a metà del periodo. Il suo fallimento col referendum 2016, seguito a catena dalla consequenziale sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale, in un clima di timore delle classi dirigenti per un possibile successo elettorale del Movimento 5 Stelle in un ballottaggio nazionale (p. 113) spinge di nuovo verso un Governo tecnico di derivazione presidenziale. Un sistema con tutte e due le variabili deboli, sia i partiti sia le istituzioni, finisce per trovare nel pilastro presidenziale il suo sostegno fondamentale.
Gli Autori spiegano bene la debolezza del sistema dei partiti. Se le tradizionali alleanze pre-elettorali avevano problemi a reggere per l’intera legislatura (come accaduto col fallimento di Berlusconi nel 2011 dopo l’ampia legittimazione popolare del 2008), il quadro con le alleanze post-elettorali in caso di esito non chiaro del voto è ancora più incomprensibile. Il primo Governo della legislatura 2018 è un esecutivo politico, ma il cui presidente, Giuseppe Conte, non si era candidato alle elezioni e non era il leader del primo partito della coalizione (a differenza della regolarità delle democrazie parlamentari europee), il programma appare una somma di rivendicazioni divergenti e come tale già dall’inizio poco credibile per garantire la durata della legislatura (a differenza degli analoghi patti fuori dall’Italia) e così via in un seguito di varie anomalie (p. 168). Davvero si pensa, ci dicono gli Autori, neanche troppo tra le righe, che un passaggio ad un sistema di tipo proporzionale senza più incentivi verso alleanze pre-elettorali, dopo la prova provata di questa legislatura, ci darebbe maggiore stabilità ed efficienza?
Si arriva infine al Governo Draghi, esperienza ancora in corso, che a differenza di Monti può dar vita a riforme in un quadro non di tagli, ma di importanti fondi europei. Un vantaggio non da poco. Una formula mista, tecnica e politica, ma coi tecnici obiettivamente nei ruoli guida (p. 190). Tuttavia anche questo governo tecnico può affrontare bene molte questioni, ma neanche esso sarà una panacea se esso non creerà il clima per dar vita a “nuove istituzioni”(p. 218) capaci di garantire standard analoghi a quelli sperimentati in Comuni e Regioni. Le conclusioni, in una sorta di circolo, ci riportano quindi alla prima tesi iniziale.
R. D’Alimonte – G. Mammarella L’Italia della svolta 2011-2021, Il Mulino, Bologna
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