Verso il voto del 25 settembre
Dal killeraggio di Richetti alla Germania che tifa Letta: che brutta campagna elettorale

Il colpo più basso, quando mancano cinque giorni al voto, è probabilmente la campagna di fango contro il senatore di Azione-Terzo Polo Matteo Richetti. Senza nessuna verifica, distorcendo fatti già noti, il senatore è stato accusato di abusi quando invece ha denunciato, quasi un anno fa, di essere vittima di molestie. Prendendo qua e là pezzi di una storia, sono partite lancia in resta femministe più o meno note chiedendo, a prescindere, la testa del senatore. Sull’identità della manina si possono fare solo illazioni e quindi ci fermiamo qua.
Dispiace che tal Francesco Petrazzuolo ieri se ne sia uscito con un tweet e una foto del segretario dem Enrico Letta che sta “con la vittima”. “Da un lato prepotenza, criminalizzazione della vittima, attacco al libero giornalismo; dall’altro la tutela di chi subisce e della libertà di espressione. Il baratro morale o la civiltà. Scegli” scrive Petrazzuolo. Il segretario dem probabilmente non ne sa nulla. Il Fatto Quotidiano, che subito dopo Fanpage ha indagato e scritto della storia, ieri ha spiegato di “aver avuto segnalazioni anonime, dopo chiarimenti e una richiesta d’incontro la ragazza (che non ha mai fatto denuncia, ndr) ha cancellato l’account”. Risultato: un processo in contumacia e la pronuncia di condanna per un cittadino che è anche senatore. Guarda caso di un Terzo Polo che sta dando noia a tutti, a destra e sinistra e ai 5 Stelle.
Ma questo, appunto, è solo l’ultimo colpo basso di una campagna elettorale brutta come non mai. Dove tutti sono contro tutti – e fin qui ci sta – ma tutti sono contro tutti anche all’interno delle coalizioni. Quelle che poi, una o l’altra, dovrebbero assumere la guida politica del paese in un momento molto difficile. Dove servono leader competenti e non certo vittorie “conquistate” grazie a veleni e regolamenti di conti e promesse che sanno di voto di scambio. Gli elettori alla fine sapranno essere superiori rispetto a queste basse e decadenti dinamiche. Attacchi personali: è la strada scelta anche da Giuseppe Conte. Sabato ha provocato Matteo Renzi, “prova a venire qui al sud a dire che vuoi cancellare il reddito di cittadinanza. Tu che prendi gettoni per far conferenze dai tuoi amici sauditi…”. Nessuno riferimento, ovviamente, al fatto che la misura del reddito è stata concepita male e scritta peggio (29 mila denunciati per truffa da gennaio 2021 ad agosto ’22, dati GdiF). Il problema è che domenica il leader di Italia viva aveva un evento elettorale proprio a Palermo dove è dovuto andare, previa segnalazione al ministero dell’Interno, con una scorta raddoppiata in considerazione del numero di minacce arrivate via social dopo l’istigazione di Conte.
La ministra Lamorgese è stata chiamata in causa anche da Giorgia Meloni che sempre nel fine settimana a Caserta ha trovato una protesta da parte della comunità Lgbt in difesa dei diritti degli omosessuali. “Giù le mani da Peppa Pig (colpevole, la protagonista di 4 anni del cartone inglese, di avere un’amica con due mamme, ndr)” dicevano i cartelli delle manifestanti subito cacciate dalla manifestazione mentre la leader di Fratelli d’Italia gridava: “Adesso basta, qui c’è qualcuno che cerca l’incidente, ma noi non accetteremo le provocazioni. Ministro Lamorgese dove sei????”.
Ieri invece ha attaccato direttamente il governo reo di consentire “provocazioni contro l’opposizione” questo perché l’Spd tedesca ha dichiarato che sarebbe “importante che vinca Letta e non la postfascista Meloni”.
Se è stato eccessivo, diciamo pure sbagliato, evocare il rischio fascismo e raccontare Meloni come un nuovo Mussolini, di certo non aiuta Salvini che ogni giorno dice “basta sanzioni alla Russia” solleticando la pancia di un paese in seria difficoltà economica. Come se le sanzioni non fossero figlie di un attentato alle democrazie come è stato l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Potremmo farci un libro sugli attacchi personali e strumentali di questa strana campagna elettorale. Ci mettiamo dentro anche la notizia del dossier degli 007 americani sui soldi di Mosca (300 milioni dal 2014 a oggi) per condizionare il voto in circa venti paesi. La faccenda è stata chiusa dal premier Draghi in 48 ore dopo aver contattato direttamente il Dipartimento di Stato Usa: “L’Italia non è nella lista”. Il che non vuol dire che non siano in azione anche da noi “i pupazzi prezzolati” (cit. Draghi) al servizio di Putin e dei sovranisti.
La verità è che il rumore fasullo di questi attacchi nasconde il vuoto della proposta politica in campo. Il destino ha voluto – ma era abbastanza prevedibile – che tutta la campagna elettorale abbia avuto un solo tema: la crisi energetica. Il problema è che le ricette per affrontare e uscire da questo tipo di crisi sono quelle del governo Draghi che 5 Stelle, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia (da sempre all’opposizione) hanno buttato giù in un afoso giovedì di luglio. Il caos dell’offerta politica va così amplificato al cubo. La differenza non è solo tra coalizioni ma all’interno delle stesse. Meloni vuole lo scostamento di bilancio, Salvini vuole togliere la sanzioni. Fratelli d’Italia rivendica il primato del diritto nazionale su quello europeo (“l’Europa fa bene a temere, finalmente ci sarà qualcuno che cura gli interessi degli italiani”) Berlusconi alza il dito e la voce: “Noi sempre nel Ppe, mai con Orban né contro l’Europa”. Forza Italia e Fratelli d’Italia vedono un’Italia dal nord al sud, a Pontida domenica la Lega ha giurato al grido: “autonomia regionale”.
Nel centrosinistra politica estera, politiche ambientali e del lavoro dividono anche le singole teste. Più Stato o meno Stato? La domanda, dalle parti della coalizione del Nazareno è scomodissima. La sanità è scomparsa dalla campagna elettorale perché così, nel silenzio, Lega e Fratelli d’Italia possono continuare a strizzare l’occhio ai no vax che altrimenti se li prende tutti Paragone e Italexit. Conte e i 5 Stelle cavalcano il reddito di cittadinanza. Altro non potrebbero fare visti il bilancio di quattro anni e mezzo al governo. Il Terzo polo ha dalla sua la coerenza di voler proseguire con il metodo e l’agenda Draghi e ai comizi si parla di obiettivi e ricette possibili. Anche Letta lo fa, ci prova, ma poi prevale la tattica di parlare più degli altri che di sé.
Per fortuna domenica si vota.
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