Mentre la riforma del premierato arriva oggi in Aula al Senato, Matteo Renzi si tira fuori e parla di “schifezzellum”. Pd e M5s annunciano barricate e Fratelli d’Italia tira dritto. Senza temere l’ipotesi di un referendum. La Lega cede sull’Autonomia, che dovrebbe essere approvata alla Camera dopo le europee e continua a tacere sull’elezione diretta del premier. Circostanza, quest’ultima, che alimenta i sospetti di FdI nei confronti del Carroccio in caso di un voto segreto di Palazzo Madama su parti del testo sul premierato. I meloniani respingono le ipotesi trattativiste, pure coltivate sottotraccia da alcuni alleati, in particolare da Forza Italia. Fratelli d’Italia si muove in batteria, con l’obiettivo di serrare i ranghi in vista dell’approdo in Aula di quella che, per Giorgia Meloni, è la madre di tutte le riforme. Interviene il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. Quindi si fa sentire Ignazio La Russa, presidente del Senato. Pressing coronato nel pomeriggio da alcune dichiarazioni di “fonti di Palazzo Chigi”.
Meloni non parla, ma ci mette la firma. Il dialogo sul premierato sarà “basato sul presupposto che la Costituzione non riguarda solo gli addetti ai lavori. Ma soprattutto sulla certezza che la Costituzione è di tutti”, fanno sapere dalla presidenza del Consiglio. In attesa delle dichiarazioni di Meloni, previste per oggi alla Camera, a chiusura di un convegno sul premierato organizzato dalle fondazioni Alcide De Gasperi e Bettino Craxi, guidate rispettivamente da Angelino Alfano e da Margherita Boniver, in passato vicinissima all’ex leader socialista, già al governo con Giuliano Amato e Silvio Berlusconi.
Un’anticipazione delle parole della premier arriva sempre dai virgolettati di Chigi: “Poiché l’instabilità dei governi indebolisce una Nazione nelle relazioni internazionali e in economia, l’intento è sottolineare che le riforme istituzionali, premierato incluso, non sono conflittuali rispetto ai poteri istituzionali, ai principi fondanti e agli obiettivi della nostra Costituzione”. Quindi la sintesi: “In una effettiva democrazia è necessario che al mandato degli elettori corrisponda una legislatura stabile”. E ancora, a confermare l’estraneità di ‘Giorgia’ ai conciliaboli tra costituzionalisti: “Non sarà un convegno specialistico tra addetti ai lavori, bensì un confronto con i cittadini”. Oltre alla premier, sono previsti gli interventi della ministra delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati e del presidente della Camera Lorenzo Fontana, della Lega.
Ma non mancheranno sportivi, manager e imprenditori come il produttore cinematografico tunisino Tarek Ben Ammar. E poi personaggi dello spettacolo come Iva Zanicchi e Claudia Gerini. Ci sarà anche l’ex presidente della Camera Luciano Violante, ora presidente onorario della Fondazione Italia Decide. Rinviata al dibattito sulla nuova legge elettorale, che partirà dopo l’approvazione del testo sul premierato, l’ipotesi lanciata da un gruppo di costituzionalisti e politici, tra cui Ivan Scalfarotto, di Italia Viva, e Stefano Ceccanti. La proposta principale è l’introduzione di un sistema a doppio turno, con il ballottaggio tra i due candidati premier più votati nel caso non si raggiungesse la maggioranza assoluta in entrambe le Camere.
“Sono questioni rinviate alla legge elettorale, è azzardato dire oggi che ci sarà il ballottaggio”, risponde Ciriani in un’intervista a La Stampa. Poi blinda il testo approvato in Commissione Affari Costituzionali al Senato: “Non ci saranno modifiche sostanziali. Il testo uscito dalla Commissione è molto migliore di quello uscito dal Consiglio dei ministri”. A La Russa spetta il compito di mostrare i muscoli sul referendum. A una domanda se ci saranno contraccolpi negativi in caso di sconfitta al referendum, a Ping pong su Rai Radio1, La Russa non risponde: “Non prendo in considerazione questa ipotesi”.
Poi mette le mani avanti: “La risposta al referendum non è pro o contro Meloni”. La realtà è che la premier teme la prova del referendum e nutre dubbi sulla compattezza degli alleati, soprattutto della Lega. In Aula al Senato, in caso di voti segreti, in FdI c’è preoccupazione per possibili franchi tiratori in quota Carroccio. Il presidente del Senato ha anche precisato che il calendario d’Aula non prevede ancora una data per il voto finale, che comunque dovrebbe esserci prima delle europee. L’ipotesi del voto popolare è suffragata dallo smarcamento di Iv.
“Questa riforma voluta dalla Casellati non è una riforma è una schifezza. La chiamiamo ‘schifezzellum’”, fa vibrare la stoccata Renzi. Enrico Borghi, capogruppo di Iv al Senato, in Aula esprime perplessità sulla modifica del calendario dei lavori: “È come se fossimo di fronte all’approvazione di un decreto legge, e che l’Aula del Senato debba sostanzialmente ratificare l’operato della commissione”. Per Francesco Boccia, presidente dei senatori Pd, la riforma è “uno scempio”. “Inaccettabile l’iter su un testo che demolisce la Costituzione” dice la senatrice Alessandra Maiorino del M5s.