Il caso
Dal ritorno in libertà al suicidio, il giallo della morte in carcere di Erasmo

Erasmo aveva 47 anni. Lo hanno trovato morto in cella. Impiccato, con un lenzuolo intorno al collo. Eppure, appena quarantotto ore prima aveva ricevuto la notizia di essere stato ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali. Un provvedimento che gli avrebbe consentito di lasciare il carcere, avere la possibilità di un lavoro e con esso una prospettiva di futuro diversa da quella da recluso, dietro le sbarre. Perché ha deciso di farla finita? Come è potuto accadere che nessuno sia riuscito a intervenire in tempo?
Si tinge di mistero la morte di Erasmo, trovato senza vita in una cella del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Nuove ombre si allungano sul mondo penitenziario. Morire in carcere di carcere: succede ancora. Su questo caso è stata aperta un’inchiesta. Il garante regionale Samuele Ciambriello mostra di avere dubbi sulle circostanze di questo decesso. Sicuramente ci sono interrogativi a cui bisognerà dare risposta. «Il detenuto – afferma il garante – si sarebbe impiccato con un lenzuolo a poche ore dalla notizia di aver ottenuto l’affidamento in prova che gli avrebbe consentito di riprendere a lavorare. La sua morte è chiaramente avvolta da numerose ombre. Troppi interrogativi che necessitano di risposte immediate che restituiscano verità e giustizia». Così, in una nota, il garante campano delle persone sottoposte a misura restrittiva della libertà personale interviene sul suicidio del detenuto 47enne nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Si tratta, prosegue il garante, di una «morte inaspettata che lascia sgomento dentro e fuori il carcere» e sulla quale «ci sarebbero delle incongruenze».
Per questo la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l’autopsia sul corpo del detenuto, l’esame si terrà oggi pomeriggio e servirà ad avere qualche dato in più su circostanze e cause del decesso. Impossibile archiviare frettolosamente il caso come suicidio. «La sua morte è stata classificata come suicidio, ma dietro al folle gesto si celano dubbi – aggiunge Ciambriello – : il detenuto, con problemi di tossicodipendenza, nella giornata di venerdì, avrebbe ricevuto dalla compagna la notizia di aver ottenuto un provvedimento di misura alternativa al carcere, quella dell’affidamento in prova ai servizi sociali, tanto che avrebbe ricominciato a lavorare presso una cooperativa di Caserta. A quarantott’ore da quella notizia, però, si è tolto la vita», riepiloga il garante. Solo quarantotto ore prima Erasmo era al telefono con la compagna e si mostrava felice di poter finalmente uscire dal carcere. «Invece da quella cella è sì uscito, ma senza vita», tuona Ciambriello.
«Non si può rimanere inermi davanti a storie come queste. Non si può continuare a morire di carcere. In Campania nel 2022, c’è stato un suicidio nel carcere di Salerno, altre morti sono ancora sospette e ci sono in corso indagini della magistratura, e un detenuto è morto per Covid – aggiunge – . Restare insensibili davanti al suicidio di un detenuto significa non ammettere che il sistema carcere ha fallito. La politica, a vari livelli, si preoccupa di trovare soluzioni che evitino queste morti? Come si previene? Penso che l’indifferenza sui temi del carcere sia una concausa a». Nell’ultima relazione sullo stato delle carceri in Campania è emerso il dato allarmante sugli eventi critici all’interno degli istituti di pena e in particolare, in quello di Santa Maria Capua Vetere, un aumento delle infrazioni disciplinari (622 casi nel 2021, quasi il doppio di quelle costatate nell’anno precedente) e un preoccupante aumento degli atti di autolesionismo (196 casi in un anno), oltre a un suicidio. Il caso di Erasmo, dunque, è il secondo suicidio nel carcere samaritano nell’arco di un breve periodo di tempo, e il terzo nella regione se si considera che un mese fa un altro detenuto, nel carcere di Salerno, è stato colto da malore ed è morto in circostanza da chiarire. Di carcere si muore ma sembra non importi quasi a nessuno.
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