Lunedì 18 gennaio sera vediamo Prodi e Parisi a cena, a casa della commercialista di Gabrielli. Una casa piena di cani (quadri, ninnoli, sedie, poltrone, disegni, etc…) e con le pareti di legno verde. Prodi interloquisce all’inizio, poi si addormenta. Parisi ho l’impressione che abbia come unico obiettivo quello di fare la guerra ai suoi amici di sempre, i democristiani Mastella, Cossiga, Mattarella, etc… D’Alema cerca di convincere Prodi a non presentarsi alle elezioni, pure in presenza della lista da lui promossa con Di Pietro e i sindaci. La serata è moscia, si ravviva solo nel finale quando torna l’accusa a D’Alema di aver complottato contro Prodi. Lui risponde che in quei giorni stava pensando a Linda ed al suo tumore. Parisi e Prodi accusano il colpo sul momento, poi con il tipico cinismo di queste occasioni la discussione riprende come se nulla fosse.

Panorama sta preparando uno speciale sui cento giorni di D’Alema. Noi risponderemo con il dossier che sta preparando Rondolino lunedì 25. Dunque: si fa martedì 19 la riunione dell’Ulivo. Niente lista unica, simboletto dell’Ulivo sotto i vari partiti, Prodi non scioglie le ambiguità sulla sua presenza nella lista. Cossiga dà i numeri, si dimette, noi nella mattinata di mercoledì mettiamo i puntini sulle i a proposito del carattere della maggioranza. Prodi ha chiesto a Romiti di appoggiarlo nella sua battaglia contro di noi. Romiti lo dice a D’Alema. Weber ci porta dati preoccupanti: Prodi, Di Pietro e i sindaci starebbero al 15%, ed anche il Pds. Che fare? Bisogna togliere l’acqua a Prodi, ci vuole una reazione, ma innanzitutto da parte del Pds, che invece cincischia. Mettere spalle al muro Prodi, chiedendogli di chiarire subito se si candida o no. Mettere alle strette i sindaci, creandogli difficoltà nei consigli comunali.

Nel pomeriggio vedo Carra e Scotti, uomini di Cossiga. D’Alema mi dice, tornando in macchina da Roccaraso, che vuole rompere con Cossiga se non sta dentro i termini esposti da lui nelle dichiarazioni programmatiche. Ora, sono le 21 e 30, siamo a Palazzo Chigi io e Nicola in attesa che lui torni ed inizi la riunione con i ministri dell’Udr. In giornata ho tenuto abbastanza in mano la situazione, ho impedito vertici, ho dato buoni consigli a Minniti, D’Alema, Folena, Cuperlo, con cui ho fatto pace. Sta collaborando con me sui numeri, mentre quello che dovrebbe occuparsene qui si rifiuta di lavorare. Crisi risolta, con qualche ammaccatura di immagine. Nel frattempo, praticamente, Prodi si candida in diretta da Lerner. Bisogna, dico a D’Alema la sera, portare a cena il vertice Pds e Cossiga. Venerdì dovremmo riuscire a varare l’Agenzia (Bianchi, Borgomeo, Savona, D’Antonio, Callieri), ma Cossiga impedisce a Savona di entrare perché non ci si può far dirigere da uno di Nomisma. Cerco di prima mattina i suoi due nuovi emissari (Scotti e Carra) ma senza risultati. Ricominciamo da capo?

I problemi del governo: efficacia e velocità dell’azione; garanzia di stabilità (a questo fine nulla nuoce più di Cossiga, che dà modo all’antipolitica di agitarsi proprio perché determina nervosismo, confusione, senso di profonda instabilità). I problemi del partito: fare la guerra a Prodi in modo efficace, combattivo, intelligente. I problemi di D’Alema: non esaltare troppo i partiti come sono, metterci un po’ di cuore. Ok la mattinata di venerdì. Si fa Sviluppo Italia con i nomi decisi, metto in cantiere incontri con Veltroni, Cossiga, costruisco un “caminetto”, parlo con Calabrese, progetto interviste di Barbieri sull’Agenzia, chiamo il nuovo consigliere diplomatico… sono iperattivo… Martedì e mercoledì mattina siamo a Milano. Va molto bene tutto (incontro con la finanza su Internet, Borsa, Albertini) tranne la conferenza-stampa finale, in cui D’Alema fa grandi numeri di varietà con i giornalisti. Simpatica la colazione con Montanelli, De Bortoli, Di Rosa, Verdelli. D’Alema è in vena di show.

Giovedì vado a trovare Bernabei. Parliamoci chiaro, sarà anche invecchiato, ma tra ripetizioni, dimenticanze, errori si trovano sempre spunti interessanti nelle cose che dice. La tesi di fondo è quella di sempre: la massoneria inglese, che organizzò la famosa crociera del Britannia in cui si decisero le privatizzazioni, ha nelle mani il processo di globalizzazione, che vuole rafforzare dal punto di vista finanziario, essendo la borsa di Londra la più importante del mondo. L’obiettivo è ricreare l’impero britannico. In questo disegno c’è Prodi, il quale è finanziato da Ponzellini padre (industriale dei mobili), il cui figlio è vicepresidente della Bei, il cui presidente è un inglese. E così i conti tornano. La Fiat appoggia Prodi? Sì, anche loro sono legati agli inglesi, e sappi pure che Umberto è figlio di Curzio Malaparte, non del padre. Veltroni mi ha rinviato l’appuntamento a lunedì.

In un incontro tra Rossi, Minniti, Bassolino e D’Alema ci si è orientati a fare la Pennacchi presidente dell’Inps. Potrebbe rientrare Barbieri tra i sottosegretari. Stasera D’Alema va dal dentista di famiglia e da Federico, dove incontra il capo serbo Milutinovic per convincerlo a stare buono prima che sia troppo tardi. Cresce la preoccupazione per la lista Prodi. Sabato vado con D’Alema alla conferenza dei lavoratori del Pds, lui interviene bene, io resto impressionato dal clima che c’è tra i dirigenti di Botteghe Oscure. In particolare Burlando mi sembra poco lucido. Il punto sono i sondaggi difformi. C’è Weber che dà Prodi al 19%. Non so se ha ragione, ma certo è il caso di preoccuparsi. E soprattutto di reagire. Veltroni ha una linea morbida, ed anche D’Alema tende a stare calmo. Per un verso è giusto così, dato che, dopo, Prodi dovrà stare in maggioranza. Ma bisogna alzare delle difese. Tra un’ora dovrei vedere Veltroni. Gli dirò: 1) da anni non faccio né dico alcunché contro di te, mentre tu vai dicendo in giro che Velardi parla con i giornali, etc… ; 2) sono a disposizione. Poi non so, vediamo come va il colloquio, quale è il grado di verità che lui vorrà metterci.

Ho visto Veltroni. Niente di straordinario. L’uomo sfugge. Gli ho ribadito che non faccio niente contro di lui da anni, lui ha nicchiato, comunque ci sentiremo in caso di necessità. Nei giorni seguenti molte chiacchiere su Prodi e la sua lista, nel frattempo D’Alema mette giù una linea sufficientemente chiara sia su questo – insieme a Veltroni, bisogna dire – sia sul resto: riforma elettorale, referendum e quant’altro. Ho la sensazione (è lunedì 8) che Prodi stia già venendo meno. Bastano poche ore e le contraddizioni diventano evidenti. Prodi vota con i cattolici sulla fecondazione assistita, Cacciari si dice contro le primarie. Da molti giorni (è giovedì 11) si lavora, anche bene. Si fanno cose, si progettano viaggi, ieri sera siamo stati a cena con Cossiga (divertente!), domani dovrebbe andare in Cdm la riforma elettorale. Ma è come stessimo in un vuoto pneumatico. Prodi in sostanza ci fa paura. Weber continua a dire che va forte. C’è un nervosismo sotterraneo da cui solo D’Alema sembra immune. Avrà ancora una volta ragione lui?

La questione Prodi è (parzialmente) indipendente dal suo risultato elettorale o dalle iniziative politiche che possono metterlo in difficoltà. Il problema è di natura psicologica. Lui oggi è forte nelle sue argomentazioni metapolitiche (il paese va indietro, volevano riprendersi il potere, anche Veltroni esagera, basta con i giochetti dei mass-media, è cosa assolutamente diseducativa, grazie a Babbo Natale per campagna contro di me) e crea una difficoltà a D’Alema, che è il cattivo, il colpevole, quello che ha fatto fuori Prodi, etc… D’Alema sta tenendo la conferenza-stampa dopo il Cdm di venerdì 12, nel quale ha dato il via alla riforma elettorale, e a tutto il resto. È in gran forma, e naturalmente la sua mossa, la sua accelerazione è geniale. Al momento perlomeno così appare. Vedremo in seguito.

Fine settimana sulla neve. D’Alema non viene perché è malato. La reazione sulla proposta di legge elettorale è contraddittoria e altalenante, anche sui giornali. Non so come l’opinione pubblica l’abbia presa. Lunedì scoppia la polemica sulla partecipazione alla trasmissione di Gianni Morandi. Alle 19 Cascella mi dice che anche Biagi sta per fare l’ennesima trasmissione contro D’Alema. Parlo con Celli. Il risultato è abbastanza buono, nel senso che malgrado le intenzioni malevoli di Biagi, le risposte dei direttori dei giornali non sono cattive. Tranne, naturalmente, quelle di Ezio Mauro. La Repubblica è la mia spina nel fianco. È contro di noi, sta con Prodi del tutto chiaramente. Oggi, martedì, monta il caso La Forgia, che è andato con Prodi, con commenti di Maltese, e così via.

Sullo sfondo, sul piano nostro, c’è il caso Rondolino. È palesemente fuori dal nostro lavoro, non è attivo, non partecipa. Lo fa per scelta, immagino. Ma nello stesso tempo è al centro degli attacchi di tutti, anche per questo libro che ha fatto, con il famigerato capitolo “pornografico” sbandierato in tutte le recensioni e gli articoli che sono usciti sui giornali. Lui un po’ ci marcia. Devo risolvere il problema, ma come? Problema risolto. Sono le 2 di venerdì 19 e Rondolino sta scrivendo la sua lettera di dimissioni. Ho fatto pressing stamattina, dopo un’ultima infornata di interviste sue e di Simona su giornali e periodici, e lui ha capito. Ora resta da fare la seconda parte del lavoro. Come si copre il settore? La situazione non è brillante. La sensazione è che D’Alema, come in tanti altri momenti, sia solo. Non è sostenuto nel mondo politico, nel mondo economico, nei giornali. Combatte da solo, dovendo progressivamente abbassare il tono delle sue battaglie di innovazione, con il risultato che si smarriscono per strada.

Esempio quello di Telecom. Ha coraggiosamente scelto Colaninno e compagnia. Di fronte alla reazione di Fiat e sindacati, ora arretra… è la solita storia. Intanto, per il briefing che ci sarà tra mezz’ora, dovrà affrontare tre questioni con intelligenza: Telecom, Prodi, legge elettorale. Su Telecom deve dire che lui salvaguarda gli interessi nazionali, e che spera in un’intesa per difendere i lavoratori. Su Prodi non dobbiamo più subire, per ora è lui che detta i tempi. Sulla legge elettorale e le riforme… nella conferenza-stampa ha detto quello che voleva lui. Niente di drammatico, ma ha cominciato dal Kosovo. Poi, a colazione, abbiamo un po’ parlato dei problemi reali. Weber ci dà al 17% contro il 16 di Prodi. Che fare? Lui ha tirato fuori la faccenda del Quirinale, che da qualche giorno mi ronza nelle orecchie. Perché riesca bisogna tacerne. Ha anche detto di temere per il dopo-voto un asse Prodi-Veltroni. Vedremo gli sviluppi.

(4. continua)