Dall’unità politica dei cattolici sotto il segno della Democrazia Cristiana alla polverizzazione della Terza Repubblica. All’epoca del melonismo sembra più che mai lontano il ricordo di un monolite cristiano, che riuniva tutte le sue correnti nella grande pancia della Balena bianca. Ora c’è tutto e il contrario di tutto. Come forse non era mai accaduto nella lunga storia politica dei cattolici italiani. Il senso dello smarrimento è ben reso da un editoriale di Giovanni Diamanti, pubblicato su Il Messaggero il 1 giugno scorso. Si cita una recente ricerca dell’Istituto Piepoli, secondo cui “solo il 3% degli italiani afferma che il proprio credo religioso incida ‘molto’ sulle proprie opinioni politiche”. Il 25% dice che incide “abbastanza”. Da qui la conclusione: “Nel ‘partito dei cattolici’ solo un elettore su tre è condizionato dalla religione”. La fede e la politica hanno divorziato e i “tempi della Dc sono ormai lontani”. E dunque “i valori e i simboli del cattolicesimo sono sempre meno determinanti per orientare le scelte politiche”.

La CEI contro Meloni

Ma cosa c’è dietro il vuoto? La frammentazione, appunto. Le cronache di questa campagna elettorale per le elezioni europee ci restituiscono l’immagine di una Babele. Inevitabile partire dalla notizia che ha fatto più discutere. Ovvero l’attacco della Conferenza Episcopale Italiana contro le riforme del governo di Giorgia Meloni. Fendenti che sono arrivati dalla Cei guidata da Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, considerato espressione dell’anima “progressista” della Chiesa. Quindi prima la bocciatura del premierato, la madre di tutte le riforme per Meloni. Zuppi ha dato conto di “preoccupazioni” dei Vescovi sull’elezione diretta del premier. Poi ha chiarito: “Personalmente penso che gli equilibri istituzionali vadano toccati con molta attenzione: se togli qualche pezzo devi essere molto equilibrato”. Frasi che hanno provocato una dura reazione da parte di Meloni: “Non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare”.

Zuppi ha poi smorzato i toni, ma senza fare passi indietro. Anzi. Martedì monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, provincia di Cosenza, vicepresidente per il Sud della Cei, ha rilanciato: “Sul premierato non possiamo tacere”. Quindi ha ribadito le preoccupazioni dei vescovi italiani anche per la riforma dell’autonomia differenziata. Timori espressi dieci giorni prima da una nota della Cei in cui l’autonomia veniva bollata come un provvedimento che “rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni”. Due entrate a gamba tesa nel dibattito politico. Sulle due riforme architrave del progetto di legislatura del destra-centro di Meloni.

Il ritorno di Comunione e Liberazione

Un attacco da “sinistra”, che potrebbe essere controbilanciato dal ritorno in campo di Comunione e Liberazione. Cl, dopo gli anni d’oro del berlusconismo, appariva defilata, ma con l’avvento del centrodestra a Palazzo Chigi sembra vivere una fase di dinamismo politico. Molti giovani ciellini si sono avvicinati a Fratelli d’Italia e siedono in Parlamento. Uno di loro è Lorenzo Malagola, primo firmatario del discusso emendamento al decreto legge sul Pnrr che mira ad aumentare la possibilità per le Regioni di avvalersi nei consultori anche di “soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.

In sintesi: l’emendamento per far entrare i pro-Vita e gli anti abortisti nei consultori. Davide Prosperi, presidente di Cl da novembre 2021, in un recente manifesto, consultabile sul sito della Fondazione, ha tracciato, seppure cripticamente, il perimetro del nuovo corso degli “allievi” di Don Luigi Giussani. Prosperi parla di “una bellezza (la Fede ndr)” che “è sempre in un certo senso anche ‘armata’ “. Parole che segnano un cambio di passo rispetto alla “bellezza disarmata” evocata dal suo predecessore, il teologo spagnolo Julian Carròn, durante la cui presidenza si era registrato un allontanamento di Cl dall’agone politico.

Sant’Egidio con Tarquinio

Dove è in prima linea la Comunità di S. Egidio che, con il suo braccio politico Demos, sta sostenendo fortemente la candidatura alle europee del pacifista Marco Tarquinio, in corsa con il Pd, contrario agli aiuti militari all’Ucraina. Posizione simile a quella del leader del M5s Giuseppe Conte. Un altro personaggio seguito con attenzione da ambienti cattolici “progressisti”. Dall’altro lato ci sono i tradizionalisti. Molti di loro sono impegnati per il Generale della Lega Roberto Vannacci. Il “partito dei cattolici” non esiste più.