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Dalle chiacchiere alla sostanza: a Napoli entra Spalletti e sta per uscire (finalmente) de Magistris
«Calciatore forte, mente forte». Sia pure indirettamente, le parole più sagge su Napoli-Verona, per di più le uniche finora, le ha pronunciate l’ultimo arrivato in casa partenopea, Luciano Spalletti. Fingendo con maestria di non parlarne, il nuovo allenatore ha indicato con chiarezza nella mancanza di personalità il vero limite della squadra, che «è forte, ma ne è consapevole?» e che in allenamento troverà le casacche griffate con il coro culto della curva B, «Sarò con te…e tu non devi mollare». Più chiaro il tecnico toscano non poteva essere, in una stagione che si annuncia complessa, con un pubblico da riconquistare e un mercato assai incerto.
Gli Europei ci restituiscono un capitano più maturo e consacrato a livello internazionale, ma il dubbio sulla sua permanenza è più che lecito, almeno a dar credito alle allusioni del presidente Aurelio De Laurentiis sulla voglia di Lorenzo Insigne di viaggiare per l’Europa. I tifosi, e anche Spalletti, sperano nel rinnovo a vita, ma per tutti è innanzitutto una questione di soldi, seppur travestita d’amore e di buoni sentimenti. Intanto, dopo lo straordinario gol al Belgio e l’assist vellutato contro gli spagnoli, Insigne, insieme a Giovanni Di Lorenzo e Alex Meret, si giocherà l’Europeo a Wembley, in una finale contro i padroni di casa che potrebbe regalare al Napoli tre titolari campioni d’Europa.
Un motivo in più per tifare Italia, da Trieste in giù come cantava la mitica Raffaella Carrà, regina della tv nazional popolare, anche perché l’Inghilterra non è l’Argentina e i napoletani sono certamente più affezionati alla mano de D10S che alla regina Elisabetta. Maradona avrebbe fatto lo stesso, e tanto basta per i napoletani, persino per quelli che mantengono ancora seri conti in sospeso con l’unità incompiuta tra Nord e Sud del Paese. La città continua a omaggiarlo, da ultimo con lo spettacolo teatrale di Daniel Pennac e la mostra fotografica di Sergio Siano, perché Maradona è il simbolo più carismatico dell’iconografia partenopea, tatuato sulla pelle o affrescato sulle facciate e le saracinesche cittadine: come Geronimo, eroe eponimo dell’ultima grande tribù d’Europa, secondo l’amorevole definizione di Pier Paolo Pasolini.
Chi invece passerà alla storia per aver difeso la città solo a chiacchiere, è il “sindaco a distanza” Luigi de Magistris, la cui ultima prodezza è stata farsi scippare la biblioteca del grande storico napoletano Giuseppe Galasso, destinata all’Accademia dei Lincei. Prendono così la strada di Roma gli oltre 45mila volumi dell’autore della Storia del Regno di Napoli, che pure Galasso avrebbe voluto donare alla Società napoletana di storia patria. Ma l’amministrazione arancione ha confermato, ove ve ne fosse il bisogno, perché de Magistris sia il 104esimo in classifica tra tutti i sindaci italiani: in questo caso i penultimi non saranno i primi. Fortunatamente, invece, della casa a San Giovanniello di Enrico Caruso il Comune non si è mai occupato, e così la dimora del grande tenore, occupata per decenni da inquilini e proprietari inconsapevoli, come le dolci anziane gemelle degne di una commedia di Plauto è finalmente destinata a diventare museo.
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