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Dall’individuo all’individualismo asociale (e ritorno), così saremo più liberi e felici?
È con la modernità che si afferma l’idea secondo cui l’umanità non è costituita da insiemi sociali complessi, ma da singoli individui autonomi e autosufficienti che, con il trionfo del neoliberalismo, vengono ripensati secondo il modello dell’impresa
La nascita dell’individuo quale soggetto libero da imperativi sociali, autonomo nelle proprie scelte e mosso dalla volontà di affermare sé stesso segna, (non solo) dal punto di vista politico, il momento in cui inizia a consumarsi il definitivo tramonto del mondo premoderno. Con la modernità si afferma infatti l’idea secondo cui l’umanità non è costituita da insiemi sociali più o meno complessi, ma da singoli individui autonomi e relativamente autosufficienti. La figura dell’individuo libero e capace di autodeterminazione si radica in un orizzonte intellettuale alternativo a quello del rapporto olistico uno-tutto. L’olismo fa riferimento alla necessità di considerare l’intero come una totalità organizzata e non come la semplice somma delle sue parti discrete. L’individuo è invece un’unità singolare (indivisibile e irriducibile) che dispone di sfere di libera scelta e di piena sovranità personale. Ciò presuppone una costante volontà di emancipazione da ogni forma di subordinazione al tutto organico della comunità. Fra i diversi valori etici che da allora competono per l’egemonia, ce n’è uno che più di altri finisce per caratterizzare gli ordinamenti istituzionali della modernità: la libertà, intesa come autonomia dell’individuo.
Non a caso, il bene della libertà individuale diviene un valore sacrificabile quando i regimi totalitari ripropongono il paradigma olistico per combattere l’idea stessa di individuo libero, capace di perseguire un proprio progetto esistenziale in modo da decidere sulla forma da dare alla propria vita. I totalitarismi del XX secolo (di destra e di sinistra) non lasciano spazio alcuno alla rivendicazione dei diritti dell’individuo contro il Tutto, che di volta in volta assume le sembianze dello Stato, della Nazione o della Classe. La società totalitaria sta insieme solo finché gli individui che la compongono si pensano come componenti funzionali di un Tutto a cui risultano subordinati, ed è destinata a dissolversi quando ciascuno rivendica autonomia in vista della propria (singola) autoaffermazione. È anche per reazione a questa visione organicistica della società che si afferma, nel secondo dopoguerra, la piena riscoperta filosofica e politica dell’individuo, che negli Stati Uniti aveva tuttavia continuato a svilupparsi incontrastata, e che in Europa si compie sostanzialmente nel corso degli anni Settanta.
L’individualismo asociale, preparato intellettualmente dalla Scuola economica austriaca (Menger, von Mises, von Hayek) in nome dell’“individualismo metodologico”, e dalla sistematica polemica sviluppata da Popper nei confronti dell’olismo, del quale viene evidenziata la correlazione logica e storica con il totalitarismo, finisce per imporsi come il paradigma dominante della società democratica liberale. Si afferma così un sistema di egoismo ben regolato, che offre a ogni persona il diritto di modellare la sua vita secondo le proprie preferenze e convinzioni, di scoprire la propria “originalità” e di realizzarla nella sua biografia. Tuttavia, con il trionfo del neoliberalismo, l’individuo viene ripensato secondo il modello dell’impresa per farne il prototipo dei rapporti sociali e dell’esistenza stessa. Deve così trasformarsi in un atomo di capitale umano pronto ad assoggettarsi alle forze impersonali del mercato, alla legge anonima della domanda e dell’offerta, alla logica oggettiva dell’investimento e del deprezzamento.
Il processo che trasforma l’individuo in un’“impresa individuale” è il punto di arrivo di un modello di assoggettamento che, facendo della persona un “capitale”, ne impone una valutazione e una misura a partire dagli imperativi funzionali del mercato, e quindi dalla esigenza di una valorizzazione economica di sé sempre più spinta. Il neoliberalismo ridefinisce l’idea di libertà e tutte le logiche riguardanti i rapporti tra individuo e società, promuovendo l’esaltazione dell’individuo egoista, isolato e autosufficiente, mosso da un freddo self-interest all’acquisizione e alla creazione della ricchezza, che strumentalizza l’altro al fine di soddisfare i propri interessi. Viene promosso così un modello di governo volto a ridurre al minimo necessario i significati collettivamente condivisi e a favorire la penetrazione della tecnica in tutte le diverse sfere dell’esistenza personale e collettiva. Il risultato è un processo di spoliticizzazione e di indebolimento delle mediazioni politiche e dei meccanismi di integrazione sociale.
Con il tempo è diventato sempre più evidente che un sistema di egoismo, giuridicamente regolato, non è mai in grado di riprodursi da solo, poiché l’esaltazione di diritti orientati unicamente al successo crea un deficit di solidarietà che aggrava la sindrome di spoliticizzazione che minaccia oggi la società. L’apatia politica che colpisce le nostre democrazie si deve anche al mito dell’individuo acquisitivo ed egoista coltivato dal neoliberalismo; al quale andrebbe però ricordato che solo gli individui socializzati possono sviluppare e coltivare la loro identità, ovvero quando danno vita a un tessuto di rapporti di reciproco riconoscimento. È solo mediante la socializzazione e il graduale ingresso in un universo di pratiche e significati intersoggettivamente condivisi che le persone possono svilupparsi come veri individui. L’individuo può prendere coscienza di “chi” egli è e vuole essere solo attraverso il libero confronto pubblico con altri individui, appartenenti alle stesse tradizioni e alla stessa sfera pubblica.
Solo così può scoprire la propria “originalità” e realizzarla nella sua biografia sia per opporsi criticamente alle norme sia, nello stesso tempo, per adoperarsi politicamente a favore di nuove relazioni politiche e sociali. L’idea liberale di un individuo che intende ritagliarsi una dimensione di esistenza e resistenza rispetto ai diversi poteri di ordine statale, economico, giuridico, sta di fatto scomparendo dal nostro orizzonte: nell’epoca del digitale, dei nuovi codici di comunicazione e di interazione politicamente accettabili, di un’economia diffusa e regolata in tutti i suoi aspetti, non sembra esserci più spazio per una forma di soggettività sociale basata su legami condivisi e capace di promuovere una dimensione di libera autodeterminazione individuale. Il sistema che stiamo creando sarà sommamente efficace, saremo sempre più in grado di calcolare e di valutare la convenienza del nostro agire. Chissà, però, se un mondo così fatto ci renderà solo più o meno felici, più o meno liberi, o se evaporerà in modo definitivo quella dimensione di senso grazie alla quale ciascuno è o diventa sé stesso e senza la quale l’esperienza individuale si consuma nell’individualismo asociale.
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